Laver Cup, Agassi: “Ho imparato ad ascoltare più che parlare”. Fritz: “Da quando sono arrivato mi sono sentito meglio”
Terzo sigillo in quattro anni per il Team World che si aggiudica l’edizione 2025 della Laver Cup. Con il punteggio di 15-9, il Team World capitanato da Andre Agassi e da Patrick Rafter (suo vice) hanno ottenuto un successo che per molti sulla carta era poco prevedibile visto l’organico del Team Europe.
D. Congratulazioni al Team World! Una grande prestazione e del tennis incredibile negli ultimi tre giorni. Andre e Pat, avete guidato la vostra squadra al successo nel vostro primo anno. Andre, puoi dirci come ti senti in questo momento?
ANDRE AGASSI: “Sono molto orgoglioso di questi ragazzi. Hanno davvero messo il cuore in campo. Sulla carta molte persone dicevano che non c’era una strada per riuscirci, ma abbiamo sorpreso il mondo e l’abbiamo fatto solo grazie a loro“.
ALEX DE MINAUR: “No, abbiamo sorpreso Team Europe“, scherza simpaticamente l’australiano “correggendo” Agassi.
ANDRE AGASSI: “Giusto, è lo champagne. Qual era la domanda?”
D. Come ti senti in questo momento?
ANDRE AGASSI: “Guardate, tutti hanno avuto un ruolo nel rendere questa una delle settimane più memorabili che io abbia mai trascorso su un campo da tennis. Posso dirlo onestamente e significa molto, perché ho passato tanti anni là fuori, in un modo o nell’altro, con squadre percepite come tali, ma questa era davvero una squadra. Sono così orgoglioso dei ragazzi, Imperturbabili, Non hanno mai smesso di credere”.
PATRICK RAFTER: “Voglio dire una cosa sola, perché non voglio aggiungere altro. Quando Andre mi ha chiesto di venire, avevamo una sorta di visione. Come ha detto lui, sulla carta sembravamo un po’ deboli, i ragazzi sono arrivati e hanno spinto forte. Questo dimostra quanto siano competitivi. Sono stato lontano dal tennis per parecchio tempo e guardarli giocare è stato incredibile. La loro fiducia e la loro convinzione in questa squadra sono state ciò che ha reso tutto possibile, il coinvolgimento che hanno avuto con Andre e con me, sia individualmente che insieme, ha funzionato davvero bene. È stato tutto molto naturale e spero solo che vadano via con la voglia di restare coinvolti anche per il resto dell’anno, ogni volta che vogliono chiamare per fare due chiacchiere o per chiedere come possiamo aiutarli. Vogliamo rendere questo evento uno dei più grandi eventi a squadre che esistano e credo che sia già quasi a quel livello. So che ci vuole tempo per creare una tradizione, ma non siamo lontani. Il modo in cui questo evento è stato organizzato, mi è piaciuto tantissimo. Ho amato questi ragazzi perché hanno dato cuore e anima, ci hanno creduto e hanno fatto sì che anche Andre e io ci credessimo. Andre, ti ringrazio per avermi chiesto di venire, mi godrò il fatto di aver riacceso questo rapporto. In ogni caso, mi sono divertito moltissimo”.
ANDRE AGASSI: “Scusate. Ho io una domanda. Come sta il tuo orecchio?”, riferito a De Minaur.
ALEX DE MINAUR: “Mi hanno tolto la fasciatura e sembra stia andando alla grande“. Il riferimento va naturalmente allo sfortunato infortunio rimediato dall’australiano che si è colpito con la sua stessa racchetta dopo che ha cercato di difendersi.
D. Taylor, volevo chiederti del tuo percorso questa settimana. Sei arrivato qui ovviamente non in perfette condizioni, credo che alcuni si chiedessero persino se saresti riuscito a esserci. Poi invece sei stato incredibile, giocando forse alcune delle partite più memorabili della tua carriera.
TAYLOR FRITZ: “Onestamente quando sono arrivato qui sentivo di essermi ripreso e dopo essere stato male in Coppa Davis mi sono sentito subito meglio. Da quando sono qui mi sento bene, è incredibile giocare per una squadra ed è una bellissima sensazione chiudere la sfida. È stata davvero una chiusura perfetta di una grande settimana“.
D. Un’altra domanda. Hai avuto delle statistiche incredibili a rete nelle ultime due partite: 16 su 20 contro Carlos, 23 su 26 contro Zverev. So che lavori sempre con il tuo coach Michael Russell, ma lavorare con un grande giocatore di volo come Pat e avere le intuizioni di Andre ti ha forse sbloccato qualcosa da quel punto di vista?
TAYLOR FRITZ: “Penso ancora che venire a rete faccia schifo, a dirla tutta – sorride lo statunitense -. Questa settimana però sono riuscito a farlo funzionare e credo che molto dipenda dall’essere stato un po’ più aggressivo da fondo campo, questo rende le volée un po’ più facili. Non so cosa sia successo su quel match point perché normalmente per me quella sarebbe una volée davvero complicata, ma per qualche ragione ero tranquillo nell’eseguirla. Forse è merito loro, semplicemente per il fatto di essere lì“.
D. Questa domanda è per Fonseca. Sei il più giovane tra tutti i giocatori ed è la tua prima vittoria in Laver Cup. Hai già detto che è stata una grande settimana per imparare dagli altri. Cos’hai imparato esattamente e come pensi di usare questa esperienza nelle prossime settimane nei tornei del circuito?
JOAO FONSECA: “Credo che ognuno abbia i propri punti di forza e i propri difetti e io penso di essere ancora giovane quindi sto ancora crescendo molto. Voglio davvero ringraziare tutta la squadra per avermi aiutato a capire tante cose: durante l’anno siamo avversari, ma questa settimana ci siamo aperti gli uni con gli altri. Abbiamo parlato delle debolezze, abbiamo parlato dei punti di forza. Grazie per esservi aperti con me e grazie per avermi lasciato dare il mio contributo. È stata una grande esperienza“.
D. Taylor, hai battuto Carlos di sabato sera e poi sei tornato a giocare di nuovo la domenica sera. Una situazione del genere può andare in due modi: puoi avere un calo dopo le 24 ore oppure entrare in campo con una nuova sicurezza nel tuo gioco. Penso che sappiamo tutti quale delle due opzioni si sia verificata, ma ti è passato per la testa come evitare il contraccolpo dell’adrenalina della scorsa notte?
TAYLOR FRITZ: “È difficile tornare e giocare come avevo fatto. La cosa divertente è che mentre lasciavo l’hotel ho incontrato Roddick, con cui in passato non ho parlato poi così tanto, e lui mi ha detto scherzando: “Non preoccuparti, giocherai meglio oggi”, scherzando su quanto bene avessi giocato contro Carlos. Alla fine della giornata abbiamo dovuto scegliere la formazione per oggi, ci siamo seduti come squadra e sono stato io a voler occupare quella posizione in cui mi sono messo, dunque giocare. Quindi quando si arriva al dunque devo solo fare la mia parte. È un accoppiamento con cui mi sento relativamente a mio agio. In ogni caso, l’unica cosa che volevo era competere il più duramente possibile per la squadra e fare tutto ciò che potevo“.
D. Andre, congratulazioni a te e alla squadra. Molti dei tuoi giocatori hanno detto quanto hanno imparato da te. Tutti sappiamo che sei stato uno dei più grandi “studenti” che questo sport abbia mai avuto. Quali sono alcune delle cose che tu stesso hai imparato da questa esperienza, da questi ragazzi e dal ruolo di coach?
ANDRE AGASSI: “È una bella domanda. Se comincio da uno poi devo parlare di tutti perché giuro che ho imparato qualcosa da ciascuno di loro. A partire da come elaborano le situazioni, ma credo che il filo conduttore sia stata la fiducia che hanno in ciò che possono fare su un campo da tennis. Ci siamo trovati in un ambiente diverso, campo diverso. Per un paio di giorni non sapevamo esattamente quanto le palle si sarebbero appesantite e poi hanno iniziato a giocare scambi da 25 colpi e quelle palle sono diventate dei “palloni da spiaggia”, il che cambia i colpi e un sacco di altre cose, ma è stato incredibile vedere la loro calma nel mezzo della tempesta. Quello che ho imparato è ciò che continuo a imparare: cercare di ascoltare più che parlare e di stare il più possibile fuori dal loro percorso. Se si accorgono della tua presenza dev’essere solo perché stai aggiungendo qualcosa o per vedere se stanno mantenendo i loro occhi puntati sull’obiettivo e lo fanno tutti molto bene. Non credo che qualcuno sarebbe qui se non fosse capace di farlo ed è proprio per questo che li abbiamo scelti“.
D. Una curiosità per tutti voi che visitavate San Francisco per la prima volta: cosa pensavate del posto prima di venire e dopo aver trascorso una settimana qui quali sono le vostre impressioni adesso che state andando via?
ALEX MICHELSEN: “Qualcuno altro era qui per la prima volta o solo io? Vengo dalla California, è un po’ imbarazzante – ammette ridendo -. In realtà non avevo mai trascorso del tempo qui, ma è stato davvero incredibile. Amo il fatto che sia una città collinare, è un po’ così nel centro, molto in salita, e questo mi ricorda il Portogallo, che è uno dei miei posti preferiti. Vincere aiuta a guardare il posto con occhi migliori. Rende belle anche le cose brutte, giusto? Puoi vincere ovunque e pensare che il posto sia fantastico. Credo che tutti qui sono d’accordo“.