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Laver Cup di tennis: una competizione su piazza da qualche anno, ma ha mai davvero attecchito?

Era il 2017 quando l’idea della Laver Cup emerse dalla mente dell’agenzia di management di Roger Federer, la TEAM8, che si unì con Tennis Australia e l’uomo d’affari brasiliano Jorge Paulo Lemann per creare l’evento basato sulla falsariga della Ryder Cup di golf. Certo, la differenza è sempre rimasta una e fondamentale: la Ryder è Europa-USA, qui è Europa-Resto del Mondo anche se la differenza cromatica (blu-rosso) rimane.

La prima edizione si giocò a Praga, e fu un grandissimo successo anche per via di due fattori: la presenza di Federer e Nadal assieme e l’edizione estremamente combattuta, fino all’ultimo match vinto dallo svizzero su Nick Kyrgios. Due, ma anzi pure tre: Bjorn Borg sulla panchina europea, John McEnroe su quella americana. Una scelta perfetta, come quella di avere tutti i giocatori assieme sulle panchine.

2018 e 2019 hanno seguito lo stesso pattern in termini di successo: del resto, avere Federer e, alternativamente, Nadal o Djokovic in quel momento era sicura garanzia ovunque si andasse, a Chicago come (ovviamente) a Ginevra. Semmai, il vero banco di prova è stato il 2021: un’edizione sempre di notevole successo in termini di pubblico nonostante l’assenza di tutti i Big 4, ma letteralmente dominata dall’Europa che vinse 14-1, già nel doppio della domenica.

Poi venne il 2022 e con esso la O2 Arena di Londra. Una situazione che ebbe dell’incredibile, perché fu l’ultima volta di Federer in campo, in un doppio rimasto storico con Nadal. Djokovic e Murray furono con lui come Ruud e Tsitsipas, poi entrarono Berrettini e Norrie da alternate. Ma, per quanto il Team World abbia iniziato a invertire da lì la rotta di edizioni che lo vedevano sempre perdente, Londra avrà sempre quel tipo di ricordo. E fu un’edizione ancora di successo, se non altro perché dalle parti del Tamigi ricordavano bene le ATP Finals giocate in quell’impianto.

L’avventura senza Federer ha continuato a vedere Borg e McEnroe sulle due panchine, e nel 2023 anche un 13-2 da parte del Team World sul Team Europe prima del brivido con 13-11 da parte degli europei, per la prima volta con Carlos Alcaraz in campo, nel 2024. In questo periodo, però, si è ritrovata una competitività da parte del team mondiale, generata soprattutto dall’ormai comprovata solidità di Taylor Fritz e dell’ottima generazione americana.

Se bisogna chiedersi, anche al netto del fatto che adesso sono cambiati i due capitani, divenuti Yannick Noah e Andre Agassi, se la Laver Cup ha avuto successo, si può certamente dire di sì. I primi anni hanno visto le arene sempre piene, e questo effetto non si è esaurito nel tempo. In più, l’evento ha una sua riconoscibilità e si è creato un posto piuttosto legittimo in calendario. E può pensare di restarci ancora per molto tempo, potendo girare diverse arene del pianeta (anche se l’anno prossimo per la prima volta ci sarà un ritorno, quello ala O2 Arena di Londra).

La formula dei punti che vanno in progressione da 1 a 2 a 3 giorno per giorno garantisce competitività, ai giocatori piace giocare quest’evento e, in generale, il sentimento è più positivo rispetto a numerose altre esibizioni nate e morte nel giro di poco tempo (con alcune rare eccezioni). Certo, come tutte le cose, c’è qualcosa che si può potenzialmente sistemare: il rischio di non avere, di fatto, l’ultimo giorno, ma anche il fatto stesso che la Laver Cup sia inclusa nei precedenti dell’ATP, data la sua natura sui generis. Sono però aspetti che, nel complesso, non bastano a parlare negativamente di una manifestazione che è ormai chiaramente identificabile.

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