US Open, Sinner: “Ero troppo prevedibile, ora devo cambiare”
Carlos Alcaraz vince a New York, conquista lo US Open, torna numero 1 al mondo e lo fa nel modo più convincente possibile, in quella che è stata la terza finale Slam della stagione tra lui e Sinner. Stavolta non c’è stato spazio per il colpo di teatro o per il quinto set che resta inciso nella memoria. Carlos Alcaraz ha messo in campo la sua versione migliore, lasciando poco margine a Jannik Sinner, che ha provato fino all’ultimo a restare aggrappato alla partita ma ha dovuto piegarsi alla maggiore brillantezza dello spagnolo. Per Sinner resta il rammarico, ma anche la lucidità di chi sa che una sconfitta, per quanto pesante, può trasformarsi in occasione per crescere e migliorarsi.
L’altoatesino, al termine della finale, non ha fatto sconti alla sua analisi: niente frasi di circostanza, niente alibi. Ha guardato dritto nei propri limiti e li ha messi sul tavolo con la stessa naturalezza con cui di solito colpisce un rovescio lungolinea. “Oggi ero troppo prevedibile – ha spiegato –. Non ho variato abbastanza. Quello che avevo fatto bene a Londra, lui lo ha fatto meglio qui. È semplice: bisogna accettarlo e andare avanti”.
Il nodo del servizio e le variazioni mancanti
Il primo appunto riguarda il colpo che avrebbe dovuto dargli respiro nei momenti di difficoltà: “Quando servi sotto il 50% di prime sei sempre sotto pressione, soprattutto contro giocatori come Carlos o Novak che rispondono benissimo. In risposta ho fatto troppo poco, soprattutto sulla seconda. È stata una combinazione delle due cose, e il risultato si è visto”.
Nel terzo set, quando il match sembrava ancora aperto, tre errori consecutivi hanno dato la spallata definitiva: “Tre dritti clamorosi sbagliati? Non sono una macchina, posso sbagliare anch’io. Stavolta è andata così”.
Se Sinner si rimprovera la prevedibilità, è perché dall’altra parte ha trovato un avversario capace di cambiare registro con una naturalezza disarmante. “Carlos è il migliore in questo: varia spesso, gioca la smorzata, il back, va a rete. Io non diventerò mai come lui, resterò sempre me stesso, ma per crescere devo uscire dalla mia comfort zone. È l’unico modo per diventare più completo. Quando poi torni alla tua zona di sicurezza, lo fai con nuove armi, con più consapevolezza. La partita contro Felix è stata buona per me, perché ti mette alla prova anche emotivamente, ma non credo che sia solo questione di essere testati o meno. Conta anche lo stile di gioco con cui arrivi a quel punto. Io sono molto solido da fondo, colpisco forte, sono un buon giocatore (ride). A volte basta aggiungere qualcosa, e quello può fare la differenza. Dal mio punto di vista, è questo che mi farà diventare un giocatore migliore. Cambierò alcune cose nel servizio, anche piccole, ma che possono fare grandi differenze. Una novità è che non sono più numero 1. Questo cambia un po’: ora devo inseguire. È diverso”.
Una rivalità che segnerà un’epoca
Ogni incontro tra Sinner e Alcaraz accende un’energia particolare, con la sensazione che si stia scrivendo il futuro del tennis. “Con Carlos abbiamo più storia, più precedenti, partite su superfici diverse. È quello che rende questa rivalità speciale. Lui non ha punti deboli, mentre con altri giocatori puoi cercare di colpirne uno tatticamente. Con lui no, devi alzare il livello”.
È qui che Sinner individua la sfida più grande: accettare il cambiamento, la pazienza del lavoro quotidiano e la possibilità di qualche sconfitta in più lungo il cammino, ma la direzione è tracciata: “Ci vuole tempo. Non è che da un giorno all’altro divento mancino – ha sorriso –, ma passo dopo passo posso crescere. E non vedo l’ora di giocare ancora partite così”.