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Musetti si ferma a Toronto, ma resta in corsa per le Finals: ora serve uno scatto sul cemento

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Un’opportunità potenzialmente preziosa, sfumata troppo presto. Il Masters 1000 di Toronto avrebbe potuto rappresentare per Lorenzo Musetti una buona occasione per fare strada, guadagnare punti pesanti e misurarsi con una concorrenza rimaneggiata. L’assenza di big come Jannik Sinner, Carlos Alcaraz, Novak Djokovic e anche di giocatori in ascesa come Jack Draper, aveva reso il tabellone canadese insolitamente aperto nella parte alta. Eppure, il tennista di Carrara non è riuscito a capitalizzare. Nel terzo turno della prestigiosa kermesse canadese è arrivata una sconfitta in tre set contro Alex Michelsen, classe 2004 e tra i prospetti più interessanti del tennis statunitense.

Il risultato — e il modo in cui è maturato, soprattutto — conferma che Musetti non è ancora tornato al livello che gli ha permesso di entrare in Top 10. Dopo l’infortunio muscolare rimediato al Roland Garros, il recupero fisico è stato lento, e a tratti faticoso. Non sorprende quindi che, al primo test vero su cemento, siano emerse difficoltà sia sul piano della continuità che della tenuta mentale nei momenti chiave. Michelsen ha approfittato di una versione discontinua del numero 10 del mondo, imponendo un ritmo più sostenuto negli scambi e costringendo Musetti a rincorrere. Una prestazione altalenante, che ha lasciato la sensazione di un giocatore ancora alla ricerca del proprio miglior tennis, soprattutto al di fuori della terra battuta.

Sul fronte del ranking, il ko al terzo turno in Ontario rischia ora di costare caro. Con 3195 punti, Musetti occupa attualmente la decima posizione del ranking ATP, ma il margine è sottile. Andrey Rublev lo insegue a quota 3110 punti: al russo basterebbero due vittorie in quel di Toronto per operare il sorpasso. Il paradosso è che a difendere la posizione di Musetti potrebbe essere proprio un altro italiano, Lorenzo Sonego, chiamato oggi ad affrontare Rublev nel primo match di giornata sul Centrale. Una sorta di incrocio a distanza, in cui però Musetti non potrà fare altro che osservare e sperare.

La concorrenza, del resto, non finisce certo con Rublev. A Toronto sono in corsa anche giocatori come Casper Ruud (che dovrebbe arrivare almeno in semifinale per superare l’azzurro), Frances Tiafoe (servirebbe la finale), Karen Khachanov e Jakub Mensik, che potrebbero scalzarlo solo in caso di vittoria del titolo. Scenario difficile ma non impossibile in un torneo senza riferimenti stabili.

Diverso il discorso che concerne la Race. Qui Musetti si trova in una posizione ben più solida: è attualmente sesto con 2660 punti, pienamente in corsa per la qualificazione alle Nitto ATP Finals di Torino, uno degli obiettivi dichiarati di questa seconda parte di stagione. Davanti a lui ci sono soltanto Sinner, Alcaraz, Zverev, Djokovic e Draper — un’elite consolidata. Ma alle sue spalle spingono forte nomi che sul cemento sanno essere pericolosi: Taylor Fritz, Ben Shelton e Alex de Minaur, avversari diretti nella corsa a Torino, tutti nomi decisamente a loro agio su superfici rapide.

Va da sé che per Lorenzo il cemento rappresenti ancora una frontiera da conquistare. Le sue qualità — tocco, sensibilità, variazioni di ritmo — emergono meglio su terra, ma l’evoluzione del suo gioco passa inevitabilmente dalla capacità di competere anche sull’hard court, superficie dominante nel calendario. Lo sa anche il suo team, e il lavoro svolto negli ultimi mesi (compreso un focus sul servizio e sulla risposta aggressiva) va proprio in quella direzione. Tuttavia, il tempo stringe: con Cincinnati e lo US Open alle porte, Musetti avrà bisogno di ritrovare presto fiducia, continuità e gamba.

Il talento, ovviamente, non è in discussione, ma se vuole essere protagonista nella corsa alle Finals e confermarsi nella Top 10 mondiale — sarà fondamentale fare uno scatto anche sul piano della solidità. Toronto poteva essere l’occasione per ripartire, ma il cemento nordamericano concede raramente seconde opportunità. Ad ogni modo, nulla è perduto. “Salta, e costruisci le tue ali mentre cadi.” Avrebbe sentenziato quel geniaccio di Ray Bradbury.

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