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Il tennis in TV: Spagna e Belgio esempi virtuosi? La realtà è un’altra

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Basta con questo odioso abbonamento alle pay tv”. Questo è stato il grido che, dalle colonne di «Libero», il presidente della FITP Angelo Binaghi ha lanciato al Governo. “Si garantisca per legge il diritto degli italiani a vedere in chiaro le semifinali e le finali degli Slam quando c’è un nostro giocatore, come succede in Spagna e in Belgio”. Una gran bella dichiarazione di intenti. Che necessita, tuttavia, di alcune precisazioni di natura legislativa. Perché è giusto, per dovere di cronaca, che gli appassionati di tennis abbiano contezza della situazione al di fuori dei confini nazionali per ciò che riguarda i diritti televisivi in campo tennistico e che non siano fuorviati nel leggere di Paesi come Belgio e Spagna. Perché la realtà è un po’ diversa da come l’ha delineata Binaghi.

La questione dello sport in tv è parte integrante del dibattito pubblico, soprattutto negli ultimi anni, quando, il proliferare di piattaforme e emittenti private, ha portato a una frammentazione dell’offerta. Si pensi al calcio a livello di club – tiranno di ogni discussione sportiva, ma esempio di vizi e virtù – per cui in Italia si necessita di tre abbonamenti differenti per seguirlo nella sua totalità. E anche nel tennis si va verso l’analogia (qui ve ne avevamo parlato).

Nel nostro Paese il tennis ha vissuto un’espansione esponenziale nelle ultime stagioni, grazie ai risultati ottenuti sui più prestigiosi campi del mondo, che hanno dato lustro e visibilità a una disciplina che era divenuta quasi di nicchia. E la sensazione – che è quasi una certezza – è che gli appassionati della racchetta siano destinati a moltiplicarsi ancora. Le imprese di Jannik Sinner trionfano anche in tv, richiamando davanti agli schermi milioni di spettatori, soprattutto – e non potrebbe essere altrimenti – quando sono trasmesse in chiaro.

La finale di Wimbledon è andata in onda su TV8, canale facente parte dell’universo Sky, che detiene i diritti per i Championships e per quasi tutti i tornei di tennis, con veramente pochissime eccezioni. La pay tv ha deliberatamente scelto di trasmettere non a pagamento un avvenimento storico per l’Italia– qualunque fosse stato l’esito. Così come aveva fatto Discovery con l’Australian Open e il Roland Garros.

La domanda che muove anche dalle dichiarazioni del presidente della Federtennis riguarda il servizio pubblico. Esiste un obbligo, a norma di legge, per la trasmissione in chiaro tutti gli eventi sportivi che coinvolgano atleti nazionali? La risposta risiede nella delibera 131/2012 dell’AGCOM, in cui si approva la “lista degli eventi di particolare rilevanza per la società di cui è assicurata la diffusione su palinsesti in chiaro”. Questo elenco è, in attesa delle modifiche annunciate, ancora in vigore e quindi il documento che fa testo. Per ciò che concerne il tennis, non vi è nessuna imposizione vincolante per le fasi salienti degli Slam. Qualcuno si ricorderà che nel 2010 la splendida vittoria del Roland Garros di Francesca Schiavone andò in onda su Rai 2. Ecco la più classica delle eccezioni che confermano la regola. Si tratta di un unicum, in un momento in cui il tennis italiano non viveva i fasti attuali con la continuità cui ci siamo abituati. La delibera dell’AGCOM prevede che alcuni match degli Internazionali d’Italia e della Coppa Davis siano trasmessi in chiaro, proprio in ottemperanza al criterio di “eventi di interesse nazionale”. Negli ultimi anni anche la ATP Finals hanno assunto questo status, sia per il peso specifico del torneo sia perché con sede a Torino. Da notare che al momento la delibera AGCOM richiede la diretta integrale in chiaro solamente per gli incontri ai Mondiali e agli Europei della Nazionale di calcio. Per tutti gli altri eventi, inclusi quelli tennistici, una sintesi in differita al momento è sufficiente per ottemperare agli obblighi di legge.

Rispetto al 2012 molto è cambiato per il movimento tennistico azzurro e forse i tempi sono maturi per rimettere mano alla lista, come caldeggia il Presidente Binaghi e come già si sta facendo. Ma questo è un altro discorso.

Di importante c’è da accennare, senza pretese di esaustività, cosa avviene nelle altre nazioni. Gli appassionati di tennis stranieri hanno privilegi che gli spettatori italiani non hanno?
La risposta è no. Le leggi nazionali degli Stati membri dell’Unione Europea pongono il tennis all’interno delle suddette liste – redatte in conformità con le direttive comunitarie – con variabili che limitano a pochi eventi la trasmissione in chiaro.

Ciò che balza all’occhio immediatamente e con forza virulenta è che il calcio è il calcio. Non esiste nessuna altra disciplina che abbia la medesima forza mediatica. Ogni Paese annovera il pallone nei propri elenchi. Certo, con le dovute specifiche. Ma nessun cittadino europeo può lamentarsi di non poter seguire la propria rappresentativa nazionale. Discorso diverso riguarda le squadre di club – che, guarda caso, sono anche quelle che più fanno girare soldi. Torniamo sulla nostra strada, però. Sullo stesso piano di importanza vi sono le Olimpiadi, forse il più grande evento sportivo di rilevanza sociale.
Al di là dei denominatori comuni, ogni Paese ha poi una vasta e variabile gamma di sport che rendono ogni lista diversa dall’altra, con particolare attenzione alle rassegne che si svolgono su suolo nazionale. È proprio vero, “Paese che vai, usanza che trovi”. Ma in nessuna figura il tennis aprioristicamente.

La Francia, ad esempio, nonostante sia la nazione ospitante, per il Roland Garros richiede la trasmissione in chiaro solamente delle due finali dei singolari, a prescindere dalla nazionalità dei giocatori e delle giocatrici in campo, oltre al penultimo e ultimo atto della Coppa Davis e della Billie Jean King Cup quando vi partecipa la compagine francese.

E la Spagna citata da Binaghi? Ecco, il Governo iberico prevede che semifinali e finali del solo Open di Francia che abbiano protagonista uno spagnolo non siano territorio esclusivo delle pay tv. Quindi il presidente non ha torto in toto, ma non è opportuno dire che i connazionali di Carlos Alcaraz hanno potuto vedere la sua finale a Wimbledon liberamente. L’obbligo riguarda, inoltre, le partite della Nazionale spagnola in Coppa Davis di tennis e Billie Jean King Cup.

Il Belgio, altro esempio riportato come stella polare dal presidente, non si discosta troppo dalla soluzione spagnola, anche se ha un catalogo leggermente più ampio. Per i match dei quarti di finale, le semifinali e la finale del Roland Garros e Wimbledon che coinvolga un tennista o una tennista belga si prevede la trasmissione integrale in diretta, insieme alle fasi conclusive della Coppa Davis e BJK Cup.

L’Italia non è un caso isolato, insomma.

E alcuni telespettatori se la passano anche peggio. Nazioni come Austria, Danimarca, Finlandia, Ungheria e Irlanda non si sono dotate di alcuna regolamentazione per il tennis. Nessun obbligo vigente, dunque, per trasmettere in chiaro competizioni della racchetta, neppure Davis e BJK Cup. Probabilmente le motivazioni risiedono nella cultura sportiva, che predilige altre discipline che maggiori soddisfazioni hanno portato ai suddetti Paesi.
A sorprendere è che al medesimo tavolo siedano anche Polonia e Germania. Soprattutto la seconda ha dato i natali a campioni immortali della racchetta, ma le reti pubbliche ne demandano ancora oggi ai privati il racconto delle imprese sportive.

Per concludere, l’appello del presidente Binaghi volto a garantire che il concessionario del servizio pubblico trasmetta più sfide di tennis ha basi reali. Tuttavia, la situazione all’interno dell’Unione Europea non pone l’Italia in difetto rispetto agli altri Stati in materia di diritti tv. Il mosaico delineato in precedenza denota come il tennis vada in chiaro per legge se le rispettive squadre nazionali avanzano in Coppa Davis e BJK Cup. D’altronde il mito della rappresentanza nazionale non può essere frenato. Avrà sempre quell’aura di sacralità, qualsiasi sport si prenda in considerazione. Anche per il criterio di “eventi di interesse generale per la società”. Per quanto riguarda i tornei importanti, dove figura la bandiera, ma dove, in fin dei conti, i giocatori rappresentano se stessi, le pay tv sono ovunque le regine del mercato, salvo le rare eccezioni richiamate sopra.

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