A noi due (Cocchi). Immancabile (L. Ercoli). Sinner il predestinato. Oggi l’Oscar del tennis (Piccardi). Wimbledon, è il giorno di Sinner-Alcaraz (Calandri). Sinner all’assalto del tempio di Wimbledon (Brusorio). La resa dei conti (Semeraro). Sinner e Alcaraz, in palio la storia (Martucci). Iga è spietata, Amanda un pianto: 6-0 6-0 (Strocchi)
A noi due (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)
[…] Numero 1 contro numero 2. Da gennaio 2024 sono stati solo loro due a vincere Slam, sei per chi ama la contabilità, con Jannik campione e dominatore su cemento in Australia e Stati Uniti e Carlos a portarsi via terra e erba, in Europa. La finale dolorosa del Roland Garros è quasi sbiadita nella mente di Sinner («Se fosse un chiodo fisso non sarei qui a giocarmene un’altra»), e la voglia di cancellarla definitivamente con una pennellata di verde ha spinto il numero 1 al mondo fino a questa prima volta così speciale. Ha indossato un’armatura, la manica compressiva al braccio destro dolente, e ha preso a sciabolate tutti gli avversari. L’ultimo, Novak Djokovic sette volte dominatore a Church Road, fermato dalla sua versione più evoluta e, soprattutto, più giovane, consapevole che questi due adesso si sono presi la scena e, salvo intoppi, non la lasceranno per un decennio. Sarà una battaglia di colpi, di stili, di personalità diverse. Ma soprattutto sarà il definitivo suggello di una nuova esaltante era tennistica. Che per ora non ha ancora un “titolo” e non sarà certo Jannik a darglielo, neanche sotto precisa richiesta: «Nessun nome per ora perché non si può paragonare ciò che i Big Three hanno fatto per più di 15 anni – ha detto quando gli hanno chiesto di battezzare la rivalità di oggi e domani -. Sei Slam equivalgono a un anno e mezzo, non è ancora qualcosa di così grande. Questo è il secondo Slam consecutivo in cui siamo in finale uno contro l’altro e per me è fantastico. Credo sia positivo per lo sport. Più rivalità ci saranno d’ora in avanti, meglio sarà, perché alle persone piace vedere i giovani sfidarsi». Atmosfera Jannik aveva segnato in rosso sul calendario la data del 13 luglio, per essere sicuro di non prendere impegni. La finale di Wimbledon, sogno di bambino e obiettivo da numero 1 al mondo che vuole ampliare il suo dominio anche sui prati inglesi. Lui, come il suo team molto riservato quando si tratta di dichiarare traguardi da tagliare, non aveva mai negato che questo fosse al primo posto nella lista dei desideri. E lo è ancora di più oggi, contro il suo amico-rivale con cui ieri si è allenato a distanza ma in contemporanea, scambiandosi sorrisi e pacche sulle spalle. C’è qualcosa di grande tra di loro, c’è talento e gioia. Rivederli nella finale più prestigiosa a poche settimane di distanza da quella del Roland Garros accende come l’atmosfera di ogni match. Quattro anni fa, quando Matteo Berrettini si giocava il titolo dei Championships contro Djokovic, l’Italia viveva una giornata irripetibile, con la prima finale di un italiano a Wimbledon e quella (poi vinta) degli Europei pochi chilometri più in là. Oggi ci sarà solo Jannik a farci rientrare prima dalla spiaggia, a posticipare l’aperitivo, la cena. Alle 17 tutti davanti alla televisione, allo smartphone, ai tablet a tutte le diavolerie che ci consentiranno di seguire un match che profuma di storia e di rivincita. Sinner con il suo volto impassibile sotto la visiera del cappellino, Alcaraz con il suo sorriso da giocherellone. Il classico bambino che quando è fuori in giardino non vuole mai rientrare a casa. Jannik ha già fatto i compiti, però, scenderà in campo dopo una lezione imparata una mese fa a Parigi e quindi preparatissimo, perché Sinner il secchione non vuole farsi prendere in castagna due volte di fila: «Dopo il Roland Garros mi sono allenato molto duramente per migliorare come giocatore, e questo indipendentemente da come andrà con Carlos. Che vinca o perda prenderò un po’ di pausa e poi mi rimetterò a lavorare ancora più duramente». Carlos il ragazzino scalpita, vuole uscire a giocare. Il giardino è li che lo guarda, e lui su quell’erba corre e si esalta: «Arriveremo al limite, sul filo. Sarà una grande giornata, una grande finale. Spero solo di non stare di nuovo in campo per cinque ore e mezza… » . Ragazzi, tutti fuori, il giardino vi aspetta.
Immancabile (Lorenzo Ercoli, Il Corriere dello Sport)
Per Vagnozzi, Sinner-Alcaraz è una sfida da 50-50 .Qualche amante della provocazione potrebbe controbattere che, nell’ultimo anno e mezzo, si sìa trattato di un confronto da 0-5. Un dato anomalo, che stride con l’equilibrio di quanto di meglio il tennis oggi possa offrire, figlio di pochi istanti decisivi che, vuoi per caso o per merito, da Indian Wells 2024 al Roland Garros 2025 sono sempre girati in favore di Carlos Alcaraz. La realtà è ovviamente quella raccontata dal coach marchigiano, una tesi che la controparte Juan Carlos Ferrero firmerebbe senza esitazione. Sarebbe folle sostenere il contrario, soprattutto dopo l’epica finale di Parigi. L’esito drammatico per il n.1 del mondo è soppesato sul lungo periodo da una prestazione che dodici mesi prima, su quello stesso campo, gli era stata impossibile. Un livello di tennis che, oggi, solo lui può proporre contro Alcaraz; così come, al tempo stesso, solo Carlitos è in grado di sovvertire la supremazia di un rivale che, da marzo 2024, ha perso appena 9 partite, 5 delle quali contro di lui. […] Nell’inedito orario delle 17 italiane, pensato per facilitare la visione sulla costa atlantica statunitense, Sinner e Alcaraz si sfideranno per la terza volta in questo 2025 (diretta su Sky Sport e in chiaro su TV8). […]. Nel 2024 si erano affrontati solo tre volte. Oggi, da quando Sinner è tornato in campo, si ritrovano sistematicamente all’ultimo atto di ogni torneo condiviso. Nel giro di un mese hanno fatto l’accoppiata Roland Garros-Wimbledon, che a livello maschile non si vedeva dal triennio 2006-2008, quando Parigi e Londra erano monopolizzate da Nadal e Federer Mentre l’ltalia sognerà con il suo campione, per la prima volta in finale ai Championships e al quarto atto conclusivo consecutivo in un major Alcaraz, sull’erba di Church Road, insegue il terzo titolo di fila e il sesto Slam complessivo. Una vittoria gli permetterebbe di doppiare Sinner e diventare, a soli 22 anni, il secondo più giovane di sempre – dopo Borg – a toccare questo traguardo. Nonostante il pedigree erbivoro di Alcaraz, è qui che Jannik ha vinto l’unico dei quattro precedenti Slam contro lo spagnolo: erano gli ottavi dell’edizione 2022, nel giorno del centenario del Centre Court. In effetti, le caratteristiche dell’azzurro si prestano a neutralizzare il talento esplosivo di Alcaraz su questa superficie, soprattutto se dovesse servire come ha fatto con Shelton e Djokovic. Alcaraz, dal canto suo, ha l’abitudine, l’istinto e quel senso del flow che gli permette di uscire dai binari ed essere sempre imprevedibile. Ma nello scambio da fondo, il suo top spin qui salta meno, e questo lo priva di una delle armi più importanti del suo arsenale, specialmente contro un Sinner che sull’erba si muove con una naturalezza sempre maggiore. Tornando a quel 50-50 iniziale, questa sarà la 54a finale Slam dell’Era Open tra le prime due teste di serie. DI bilancio dice 27-26 per la n.1, a dimostrazione della fragilità e della temporaneità del concetto di ranking, per quanto matematico e insindacabile. Quando ci si ritrova faccia a faccia, non sempre vince chi gioca meglio o chi totalizza più punti. Trionfa chi riesce a trovare la chiave nel momento di massima pressione.[…]
Sinner il predestinato. Oggi l’Oscar del tennis (Gaia Piccardi, Il Corriere della Sera)
LONDRA «Hola Giannik, como estas?». Mezzogiorno a Aorangi Park, sui campi periferici del Tempio, alla vigilia del duello tra giovani pistole più rovente a sud del Tamigi (oggi in Church Road previsti 29°), può riservare squarci di verità. Con gli occhi neri che brillano arriva per l’allenamento di rifinitura Carlos Alcaraz, scarpe in mano, aria scanzonata, barbetta elettrica, cuor contento per natura, dalle serate con gli amici a Ibiza alla terza finale consecutiva di Wimbledon. Va incontro a Jannik Sinner, il predestinato italiano che l’allineamento degli astri – 627 giorni di differenza ma sembrano gemelli diversi – gli ha assegnato in sorte. E viceversa. Jannik è serio, lo è sempre stato, lo era già da bambino: è anche il contrasto di maschere, oltre che di stile, a rendere esplosiva la rivalità di questo momento storico e del prossimo decennio. Però quando vede Carlitos si lascia contagiare. S’illumina, le lentiggini si fanno da parte per far passare un bel sorriso. Appoggia il pugno sul petto del rivale, il gesto d’affetto più clamoroso che questi due talenti costretti a vivere o morire in pubblico un mese dopo le folies di Parigi possono permettersi. Ciao, dice Jannik diretto verso il suo riscaldamento, ci vediamo. Possibilmente non più all’inferno. Qui Wimbledon, il luogo delle fragole e dei sogni più dolci della panna. Tra Sinner e Alcaraz, chi vince la prima finale dal 2018 senza Novak Djokovic, pianta il suo nome nella leggenda. Il messaggio è chiaro: il tennis non è (più) un Paese per vecchi. L’erba seleziona più della terra però per la quarta volta nell’era open all’ultimo atto di Parigi e Londra arrivano gli stessi: l’ultima nel 2008, Federer e Nadal, che dell’esaltazione dei contrasti sono gli zii in pensione. Wimbledon è l’Oscar del tennis, se lo contendono un ragazzo italiano di 23 anni e 318 giorni, il più giovane a centrare quattro finali Slam consecutive (3 vinte su 5 in totale), e un fresco 22enne che dal ritorno del rivale dalla sospensione per le conseguenze del Clostebol ha tratto linfa vitale: 15-4 il bilancio vittorie/sconfitte di Alcaraz nei tre mesi desinnerizzati, 24-0 da quando Jannik è rientrato. Harry Potter ha fatto più magie sull’erba (4 titoli) di quanti match abbia perso in carriera (3) su questa superficie. «Per dare il massimo ho bisogno di sentirmi libero e divertirmi» spiega lo spagnolo, qui portato al quinto set solo dall’immenso talento vintage di Fognini, avanzato tra set persi per strada (5) e partite a golf per distrarsi, mentre Sinner camminava sull’orlo del burrone con Dimitrov e si faceva largo con il gomito destro fasciato, aggrappandosi al ricordo di sé su questi prati. A proposito: l’ultimo confronto diretto sul verde dice Italia, però è datato. Ottavi di Wimbledon 2022. Alcaraz spazza via con una manata qualsiasi tentazione di credere al passato: «Sono trascorsi tre anni, siamo tennisti completamente diversi. La grande difficoltà su questa superficie sono i movimenti, e io vedo Jannik scivolare sull’erba, con entrambe le gambe, come se fosse terra. Incredibile». «Felice di dividere ancora il campo con lui – è la risposta dell’azzurro -. Se pensassi ancora a Parigi, non sarei arrivato in finale a Wimbledon. Dopo il Roland Garros ho lavorato ancora più duro per migliorarmi». Il padre Hanspeter e il fratello Mark sono già a Londra. Oggi arriva mamma Siglinde, che sulla rive droite ha lasciato lacrime e patimenti. […] Alcaraz conduce i confronti diretti (8-4), le sfide a livello Slam (3-1) e in finale (3-1), inclusa Roma, dove Jannik rientrava nel circuito Atp e Carlitos riprendeva slancio. «Ha la consapevolezza per resettare e giocarsela da zero – sostiene Darren Cahill, coach australiano del n.1-. Se io avessi mancato tre match point al Roland Garros, avrei il cuore a pezzi. Invece Jannik ha saputo rimbalzare in piedi e costruirsi la strada verso questa finale». «Dal primo game con Fognini Carlos ha alzato il livello– è l’analisi di Juan Carlos Ferrero, ex n.l del ranking, coach dello spagnolo -. L’erba di Wimbledon è diversa da quella del Queen’s e lui aveva bisogno di abituarcisi. Contro Sinner gli diremo di andare in campo con gioia». Poche partite contengono tanti significati altri e collaterali come il match che vale il trofeo più antico del tennis individuale. Ieri, dopo quell’incontro fortuito, Sinner (sempre con il manicotto) ha lavorato sulle risposte e Alcaraz sui servizi da sinistra, il lato del vantaggio, lo snodo di ogni cosa. Se Carlitos sorride, sorride anche Jannik.
(in aggiornamento)