Wimbledon, Anisimova: “Non immaginavo così la mia prima finale Slam”
Nessuno vorrebbe il proprio nome scolpito negli annali di Wimbledon per aver perso una finale con un doppio 6-0, ma Amanda Anisimova, ventitreenne americana passata dalle sabbie mobili della vita, con la voce rotta dall’emozione, ci ha messo la faccia, non soltanto per dovere, anche quando sarebbe stato più facile sparire dietro parole vuote, sprofondando nel disincanto. Nel Media Theatre dell’All England Club, un’ora dopo la peggior sconfitta possibile, Amanda ha raccontato con straordinaria onestà cosa significa perdere in quel modo. E perché, alla fine, può persino valerne la pena.
“Non immaginavo finisse così”
“Non è così che avevo immaginato la mia prima finale Slam. Anzi, è l’ultima cosa che mi sarei aspettata”. La voce è fragile, ma Amanda non indietreggia. “All’inizio ero sotto shock, ero come congelata; poi mi sono detta: da qui posso solo tornare più forte. È successo davanti al mondo, ma non è questo che mi definisce. Posso ancora guardare queste due settimane come qualcosa di speciale”.
Due settimane che l’hanno vista battere, tra le altre, la favorita Aryna Sabalenka in una semifinale drammatica e sotto il sole cocente. Una partita che, a sentirla raccontare, ha lasciato strascichi fisici e mentali. “Durante il riscaldamento di stamattina ero sfinita. Dopo ogni scambio dovevo fermarmi a respirare. Non ho nemmeno fatto la rifinitura ieri. Il mio corpo ha chiesto il conto”.
Swiatek perfetta, lei immobile
L’altra metà della verità, però, è che dall’altra parte della rete c’era Iga Swiatek. “Ha giocato in maniera incredibile, tutto il merito va a lei”, ammette Amanda con sincerità. “Io sono rimasta bloccata, paralizzata dai nervi. Forse è stato l’accumulo di emozioni, di fatica, o entrambe le cose, ma lei ha fatto tutto meglio, e ha meritato di vincere”.
“La mia battaglia? Un servizio mediocre e la paura”
Nel cuore del racconto emerge una consapevolezza lucida quanto cruda. “Ho giocato l’intero torneo con un servizio mediocre. Me ne rendo conto. Non so se è per colpa della tensione o di un problema tecnico, ma è un’area in cui devo migliorare. Forse sorprende che io sia arrivata fin qui con una battuta così così, ma significa anche che ho saputo combattere”.
E la spinta emotiva, però, oggi si è esaurita troppo presto. “Fisicamente ero a pezzi. Forse la semifinale con Aryna ha lasciato il segno, ma non voglio trovare scuse. È successo, e basta”.
Il discorso sul Centrale: “Ho cercato di non piangere”
Nonostante il punteggio impietoso, Amanda ha trovato la forza dirompente di un messaggio che ha emozionato tutti. “Volevo solo tenermi insieme. Sapevo che era un momento unico e che non dovevo lasciare che il risultato lo rovinasse. Ho parlato dal cuore. E soprattutto ho voluto ringraziare mia madre: senza di lei non sarei qui”.
Quando nel discorso ha ricordato il sacrificio della madre, la voce si è incrinata: “È la persona più altruista che conosca. Ha dato tutto per me. Non avrei potuto non citarla”.
La consolazione della Principessa
Pochi minuti dopo la fine del match, un incontro inatteso ha riportato un sorriso, seppur velato, sul volto di Amanda. “Non ero sicura che sarebbe venuta, ma la Principessa del Galles era lì. È stata molto gentile con me. Mi ha detto parole che mi hanno fatto commuovere di nuovo. Non voglio svelare tutto, ma è stata una delle poche cose belle di questa giornata difficile”.
“Non sarò perfetta, ma continuerò a lottare”
Le ultime parole, però, sono un messaggio. A se stessa e a chi la guarda, magari da lontano, magari condividendo lo stesso senso di inadeguatezza. “Guardando giocatori come Jannik o Carlos, ti sembra che non sbaglino mai. E io invece sbagliavo, e mi abbattevo. Ma in queste due settimane ho capito che nessuno è perfetto. Non ho giocato il mio miglior tennis, ma ci ho creduto, ho combattuto, e sono arrivata fino alla finale di Wimbledon. È questo che voglio ricordare”.