Wimbledon, occhio di falco sbaglia ancora: Fritz vs Khachanov interrotta per un “out” fantasma
In un torneo che da sempre fa dell’eleganza e della precisione il proprio tratto distintivo, l’ultima cosa che ci si aspetta è che sia proprio la tecnologia a tradire. Eppure, nel giorno dei quarti di finale maschili, il sistema elettronico di chiamata automatica di Wimbledon ha vissuto un (altro) momento di forte imbarazzo: nel match tra Taylor Fritz e Karen Khachanov, un malfunzionamento ha costretto i giocatori a ripetere un punto. È accaduto nel primo game del quarto set, quando sul punteggio di 15-0 a favore di Fritz l’azione si è interrotta bruscamente: un “out” improvviso ha fermato lo scambio, spiazzando entrambi i giocatori. Un errore talmente evidente da spingere il giudice di sedia, la svedese Louise Azemar-Engzell, a prendere il microfono e spiegare la situazione “Signore e signori, ripeteremo l’ultimo punto a causa di un malfunzionamento“.
La dinamica? Apparentemente banale, ma indicativa di quanto sia sottile il confine tra automazione e caos. Il sistema, infatti, ha rilevato una palla in gioco come se fosse un servizio, giudicandola fuori – non sulla linea di fondo – ma sulla riga di battuta. In soldoni: la macchina non ha capito che lo scambio era già iniziato. La causa? Sarebbe una distrazione di pochi secondi: un raccattapalle stava ancora attraversando la linea visiva del sistema proprio mentre Fritz si preparava a servire. Il software, in pratica, non ha riconosciuto correttamente l’inizio del punto. Da qui, la chiamata “out” fuori contesto.
A quel punto, Taylor Fritz, visibilmente incredulo, si è voltato verso il giudice di sedia e ha allargato le braccia. Poi si è rigiocato. Punto a Khachanov, partita a Fritz: 6-3 6-4 1-6 7-6(4) e semifinale raggiunta. Ma la questione non si è chiusa lì. O meglio, non si era aperta lì. Già, perché due giorni or sono, un’anomalia ancor più grave aveva scosso il Centre Court. Nel match degli ottavi tra Anastasia Pavlyuchenkova e la wild card britannica Sonay Kartal, una palla chiaramente lunga dell’inglese era passata come inspiegabilmente “buona” sotto gli occhi (e i sensori) dell’Occhio di Falco. Nessuna chiamata, nessuna correzione. Silenzio. Il motivo? Clamoroso: il sistema era stato disattivato per un errore umano, secondo quanto ha dichiarato successivamente Sally Bolton, CEO dell’All England Club. Per intenderci, tre punti giocati senza tecnologia. Il pubblico non ne sapeva nulla, i giocatori nemmeno.
E pensare che lo slam britannico, per la prima volta nella sua gloriosa storia, quest’anno ha deciso di abbandonare del tutto i giudici di linea, affidando ogni decisione alle telecamere e agli algoritmi. Una sorta di rivoluzione silenziosa, in linea con quanto già sperimentato in molti altri tornei. Ma a Church Road le aspettative sono diverse, perché qui la perfezione non è solo un obiettivo: è parte del marchio.
Tuttavia, ogni innovazione ha un prezzo. E quello pagato in questi giorni è il prezzo dell’affidabilità percepita. Quando una macchina sbaglia, non c’è una figura da contestare: non un occhio umano, ma un’intelligenza che – per definizione – dovrebbe essere infallibile o quasi. Eppure non lo è. La tecnologia Hawk-Eye, ormai utilizzata in oltre 80 tornei professionistici, ha dimostrato una precisione di circa il 99,2% nelle situazioni standard. Ma quel margine, seppur minimo, è sufficiente a generare dubbi (soprattutto) quando le decisioni contano. Figuriamoci in quel di Wimbledon, dove ogni millimetro d’erba ha il retrogusto dorato della nobiltà.
Va da sé che i due episodi sunnominati sollevino una domanda scomoda ma necessaria: è davvero sensato eliminare completamente il fattore umano dalle chiamate in campo? Il progresso tecnologico non è in discussione, ma la gestione dell’errore – e della trasparenza – sì. I tennisti si fidano della macchina finché questa dimostra di saper vedere meglio di loro. Quando la macchina sbaglia, però, chi risponde? Detto questo, Fritz andrà in semifinale, Pavlyuchenkova pure. Ma tra una volée e una revisione al rallentatore, qualcosa è cambiato: l’infallibilità promessa ha mostrato la sua prima incrinatura. E a Wimbledon, dove persino una goccia d’acqua smuove oceani infiniti, una macchina che sbaglia fa riflettere. Altroché.