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Sinner, Alcaraz e le nuove frontiere dell’atletismo tennistico: oggi i tennisti sono i migliori sportivi del mondo?

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Cinque ore e ventinove minuti. Questo il tempo che Carlos Alcaraz e Jannik Sinner hanno impiegato per scolpire sul rosso del Philippe-Chatrier una delle finali più memorabili della storia recente del Roland Garros. Un match che ha racchiuso nei 1.433 colpi giocati, praticamente tutto: dramma, ribaltamenti, tennis di altissima qualità. Ma c’è un aspetto che più di ogni altro ha lasciato attoniti addetti ai lavori e spettatori: la straordinaria tenuta fisica e mentale dei due protagonisti. Mats Wilander – ex n. 1 mondiale e plurivincitore al Roland Garros, ora commentatore per Eurosport – subito dopo il match non ha avuto dubbi nel dichiarare: «ogni partita che giocano è fisicamente brutale. Il tennis che stanno esprimendo è incredibile e il fatto che riescano ad andare avanti per cinque ore e mezza su un campo di terra battuta a questo livello – perché il livello alla fine era assolutamente assurdo – è impressionante. Questi ragazzi stanno portando il nostro sport a un livello che non avrei mai creduto di vedere dopo i Big Three».

Come è possibile essere stati in grado di esprimere quel livello di intensità per oltre cinque ore, su una delle superfici più esigenti del circuito? La risposta è complessa, ma passa da un’evoluzione del tennista moderno che, come suggerisce Andy Roddick, è oggi il miglior atleta in assoluto.

«I migliori atleti del mondo»: parola di Roddick

Nel suo podcast Served un altro ex n.1 del mondo, Andy Roddick, ha lanciato una riflessione che ha fatto discutere:

I tennisti sono i migliori atleti del mondo, più li guardo e più ne sono convinto.

Nessun altro sport richiede lo stesso mix di resistenza, esplosività, mobilità, agilità e prontezza mentale per ore, senza limiti di tempo, senza pause vere. Roddick ha evidenziato un punto cruciale: nel tennis non ci sono timeout, sostituzioni, o cronometri che dettano la fine della fatica. Ogni match è una maratona ad alta intensità, dove un atleta può trovarsi a dover mantenere lucidità e brillantezza atletica anche a distanza di tre, quattro, cinque ore dal primo scambio.

Il tennis è una sintesi brutale di sport multipli: devi avere la resistenza di un mezzofondista, la reattività di un velocista, la coordinazione di un ginnasta, la concentrazione di un tiratore scelto. E poi, la forza mentale di chi sa convivere con la tensione, la frustrazione e l’incertezza.

Alcaraz e Sinner: la scienza dell’atletismo applicata al tennis

Un articolo pubblicato su The Athletic (“How Carlos Alcaraz and Jannik Sinner had the energy for five and a half hours of tennis cinema”) ha analizzato nel dettaglio come sia possibile un tale livello di prestazione grazie al contributo di esperti nel settore come Mark Ellison e Jamil Qureshi. La risposta non è solo genetica o motivazionale: è scientifica.

«La preparazione per la finale inizia appena finisce la semifinale» – ha dichiarato Mark Ellison, nutrizionista sportivo co-fondatore di Haute Performance, azienda specializzata nell’alimentazione di atleti d’élite, ex consulente di Andy Murray tra il 2012 e il 2013 e del Manchester United (“Mark Ellison’s five tips and advice on nutrition”).

La preparazione parte da un principio chiave: il recupero è già parte della prestazione. Dopo ogni match, i giocatori e i loro team lavorano per reintegrare i liquidi e ricostruire le riserve energetiche esaurite. Per Ellison, la formula è chiara: reidratazione pari a 1,5 volte il liquido perso nella partita precedente, seguita da massicce dosi di carboidrati – da 1 a 1,5 grammi per chilo di peso corporeo ogni ora fino al pasto “normale”.

Andy Murray, ad esempio, arrivava a mangiare 40 pezzi di sushi post match per rintegrare le sue riserve di carboidrati. Alcaraz, invece, ha dichiarato sulla pagina ATP “MY MATCH DAY – Scopri di più sulle abitudini dei giocatori fuori dal campo” di prediligere un pasto a base di pasta mista (con e senza glutine) 90 minuti prima del match, seguito da una crema energetica Ambrosia con olio d’oliva e datteri. Appena prima di scendere in campo, consuma una barretta con datteri, albume e guaranà.

Sinner adotta un approccio più semplice ma efficace: pollo e riso o un panino prosciutto e formaggio, in base all’orario del match. Entrambi però assumono carboidrati anche durante il gioco: tra 30 e 60 grammi l’ora, sotto forma di gel, banane, barrette o “carb shots”.

Il dettaglio che fa la differenza: sudore, sali, e pickle juice

Non si tratta solo di mangiare o bere, ma di sapere esattamente cosa reintegrare. Le squadre dei giocatori misurano sudorazione, temperatura e composizione elettrolitica in ogni condizione, per creare bevande personalizzate. Durante la finale di Parigi, entrambi i giocatori sono stati avvistati con bottigliette di pickle juice – succo di sottaceti, una fonte concentrata di elettroliti, contenente sodio e potassio. Alcuni studi suggeriscono che il succo di cetriolini, grazie al suo sapore intenso, potrebbe stimolare particolari recettori nella bocca capaci di interrompere il segnale nervoso responsabile dei crampi muscolari. Sebbene servano ulteriori conferme scientifiche, questa soluzione sembra particolarmente utile in contesti di caldo estremo o durante sforzi prolungati come una finale di Slam da record.

Quanto si consuma in una finale del genere? Fino a 4.000 calorie

Il dispendio energetico è immenso. Un atleta di 75 kg può bruciare oltre 4.000 calorie in un match come quello tra Alcaraz e Sinner. Il corpo, tra glicogeno muscolare, epatico e zuccheri nel sangue, può immagazzinare al massimo circa 530g di carboidrati. Ma dopo due settimane di match ogni due giorni, le riserve sono già in deficit.

«Il tennis è piuttosto brutale, soprattutto sulla terra battuta», afferma Ellison, «quindi oltre a recuperare dal punto di vista energetico, si cerca anche di gestire i danni muscolari e di ripararli».

Per questo è fondamentale integrare anche con liquidi e snack ad alta densità energetica. Solo così è possibile arrivare alla fine di una battaglia di cinque set con lucidità e forza residua.

La chiave del recupero: due approcci differenti

Sul Philippe-Chatrier, dove ai lati campeggia la scritta “La vittoria appartiene ai più tenaci”, Alcaraz ha mostrato una capacità di reazione fuori dal comune: dopo aver annullato tre match point e rimontato due set di svantaggio, ha dominato il super tie-break finale (10-2) sprigionando proprio in quel momento il suo miglior tennis, segno evidente che fisico e mente hanno viaggiato su livelli altissimi, pur in condizioni altalenanti tra frustrazione, spinta agonistica e infine euforia.

Sinner non è stato da meno: brillante, preciso, potente. E la sua reazione dopo il match — seppure amareggiata – ha confermato che la sua resistenza mentale è altrettanto formidabile.

A pochi giorni dal via di Wimbledon, serve una gestione non solo fisica, ma anche mentale. Jamil Qureshi, preparatore atletico e psicologo che ha collaborato con 22 golfisti tra i primi 50 al mondo – compresi due ex numeri uno – sottolinea come l’elemento decisivo sia la capacità di “reinterpretare” l’esperienza vissuta in finale: “La domanda da porsi è: in che modo possiamo rivedere quanto accaduto per trarne il massimo in termini di crescita e prepararci a ottenere un esito diverso in futuro?”.

Le tempistiche per il recupero mentale, oltre che fisico, dipendono da ciascun individuo, ma Qureshi è sicuro che: “Sinner avrà una buona rete di supporto intorno a sé che lo aiuterà a riconsiderare e a vedere le cose in modo diverso. Il tempo aiuterà in questo, così come riguardare i video e analizzare l’incontro. Se sarà della mentalità giusta, e sono convinto che lo sarà, permetterà a questo di far progredire la sua carriera.”

Sappiamo che i due rivali non si distinguono soltanto per le caratteristiche tecniche e per gli stili di gioco: la loro diversità si riflette anche nella mentalità e nell’approccio complessivo allo sport. Sinner appare estremamente disciplinato, sobrio e con un’attitudine molto metodica e razionale al lavoro. Alcaraz, al contrario, esprime un’energia più istintiva e spontanea: gioca con il sorriso, si nutre dell’entusiasmo del pubblico e mostra un atteggiamento più emotivo e teatrale, senza però perdere di vista i suoi obiettivi che sono chiaramente molto alti: “Voglio diventare uno dei migliori tennisti della storia”, questa affermazione non lascia dubbi riguardo le sue ambizioni.

Sappiamo che Carlos, dopo i festeggiamenti al Restaurant Siena nel cuore di Parigi, ha seguito la tradizione del post‑Roland Garros a Ibiza, dedicandosi al riposo attivo: mare, sole, tempo per “celebrare” ma senza compresso, ora è atteso al Queen’s. Sinner, invece, è passato subito alla modalità “reset”: ritorno a casa e agli affetti più cari, recupero rapido, focus sul prossimo torneo – l’ATP 500 di Halle dove è detentore del titolo – per iniziare la preparazione su erba in vista del prossimo Slam.

Questa divergenza di approccio – festeggiamento controllato vs. turn-over immediato – solleva una domanda: quale sarà più efficace sul green court? A rispondere sarà proprio Wimbledon.

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