Cinque domande in attesa di risposta: Internazionali d’Italia edition
Prosegue la serie di domande che finora ha caratterizzato tutti i Masters 1000 combined dall’inizio della stagione a oggi. È il turno di Roma e degli Internazionali, uno di quegli appuntamenti che l’aggettivo “storico” accompagna, ma non definisce fino in fondo. Roma e il suo torneo sono quasi una cosa sola per gli appassionati: un momento dell’anno che segna l’ultimo grande appuntamento sulla terra rossa prima dello Slam di Parigi.
A Roma, però, non si respira solo storia: da sempre c’è anche quel sapore di grande evento che vuole smarcarsi dagli altri Masters 1000 perché unico nel suo genere. Vuoi per il contesto — senza dubbio uno dei più affascinanti al mondo — vuoi perché il fascino della Città Eterna ha da sempre un richiamo irresistibile per i giocatori, che qui, più che altrove, si travestono da turisti per visitare un luogo magico che non ha bisogno di ulteriori spiegazioni o concetti. A Roma tutti vogliono esserci, tutti vogliono giocare.
Ed è per questo che, salvo alcune defezioni importanti ma piuttosto attese — come quella di Novak Djokovic, afflitto più da questioni anagrafiche che tecniche — ai nastri di partenza ci sono tutti i più forti giocatori e giocatrici del mondo. Compreso Jannik Sinner, che a Roma ritorna dopo tre mesi di sospensione. Ed è da qui che partiamo, con le nostre consuete cinque domande:
Jannik Sinner, il ritorno del numero uno: in che condizioni è?
Questa, forse, tra tutte è la domanda. Dopo le note vicende e la relativa sospensione, Sinner rientra a Roma e lo fa ancora da numero uno al mondo. Sarà subito in grado di lottare per il titolo? Che Sinner troveremo?
In conferenza stampa ha messo le mani avanti per togliere un po’ di pressione da sé stesso e dall’ambiente, piuttosto carico in vista del ritorno in campo. “Sono qui per vedere il mio livello, vincere il primo turno, poi vediamo… L’obiettivo resta Parigi”. Parole che suonano come la volontà di rimarcare che anche il più forte giocatore di tennis del mondo, dopo un lungo periodo di stop, deve riadattarsi a tante situazioni che, se non sono nuove in senso assoluto, lo sono per il momento particolare.
Ritrovare il ritmo gara, le sensazioni, saper nuovamente gestire quella pressione di cui sopra — che nessuno fa nulla per ridurre, of course — rappresentano sfide nelle sfide. Condivido il suo pensiero: mai come questa volta sarà importante fare un passo alla volta, un punto alla volta, per ritrovare quei meccanismi che appartengono all’essere umano e non a una figura a metà tra uomo e macchina. “Ho capito di essere importante anche non giocando a tennis”: questa frase dà la misura del suo approccio al torneo.
Poi è ovvio che, da agonista vero, abbia voglia di tornare e dimostrare di essere ancora il più forte. Ma non è da questi particolari che si giudica un giocatore. Un giocatore lo vedi dal coraggio… e Sinner ne ha avuto tantissimo in tutta questa storia.
Jasmine Paolini: Roma trampolino di lancio?
Partiamo dagli aspetti positivi: vista la precocissima eliminazione in singolare dello scorso anno, ad opera di Mayar Sherif, Roma è un passaggio fondamentale nella stagione di Jasmine per incamerare punti e fiducia.
Il cammino non è impossibile, anche se Ostapenko agli ottavi sarebbe già un banco di prova molto interessante. Sembra inutile dirlo, ma tutto dipende da lei e da quanta di quella Paolini che conosciamo riuscirà a tirare fuori, superando ostacoli che risiedono prima di tutto nel cassetto della fiducia.
Fisicamente non è sembrata al massimo della forma, ma il lavoro che sta svolgendo con coach Lopez potrebbe già dare i primi frutti al Foro Italico. Da non sottovalutare anche l’impegno nel doppio con Sara Errani, campionesse in carica del torneo: durante la scorsa stagione, il doppio è stato carburante aggiuntivo alla ferrea volontà di andare avanti anche in singolare. Non motivo di stanchezza, ma carburante fresco di energie mentali e positività. Va ritrovato anche quel feeling, per puntare a tornare in alto.
La nuova vita di Tyra Grant: cosa aspettarsi?
I cambiamenti, soprattutto quelli che apparentemente sembrano radicali, portano con sé sempre grandi stravolgimenti sotto molti punti di vista. La domanda, in questo caso, è: lasciare la bandiera a stelle e strisce per il tricolore rappresenta per Tyra un vero cambiamento?
La risposta, dopo averne vivisezionato parole e interviste, è no. Vive e si allena in Italia da tempo ormai: giocare per il nostro Paese è solo la certificazione di qualcosa che nella sostanza c’era già.
Questo, però, comporta inevitabilmente un cambio di prospettiva da parte del mondo del tennis per la neo-azzurra, che fino a qualche giorno fa era un’illustre sconosciuta e che ora è un’illustre promessa. Questo cambia tantissimo, soprattutto a Roma, nell’approccio alle cose.
Passare da 0 a 100 in pochi istanti è uno sforzo fisico e mentale importante: bisogna lasciarle vivere il momento, senza aspettarsi che possa, da un giorno all’altro, far tremare il mondo del tennis. Che non è più esclusivo territorio delle baby fenomeno di 15-16 anni, come qualche decennio fa, ma oggi vede nel processo di maturazione costante un elemento fondamentale. Make Italy Great Ancora.
Alexander Zverev: Roma punto di (ri)partenza?
“Non so cosa succeda, non so perché perdo. Posso solo dire… che perdo. Questo è tutto quello che ho da dire.” Queste le parole di Alexander Zverev dopo la sconfitta a Monte Carlo contro Matteo Berrettini: parole che avevano il gusto della rassegnazione, pronunciate con lo sguardo smarrito di chi si muove nel solito dualismo del vorrei ma non posso.
Ed è proprio quel vorrei che deve tornare a essere voglio — o volli, come scrisse Alfieri — per ritrovare la strada maestra che porta alla difesa del titolo conquistato proprio un anno fa qui a Roma.
A Monaco sembrava rinato, poi si è nuovamente smarrito a Madrid. Ora, però, non si può più sbagliare: vuoi perché ci sono 1000 punti da difendere, vuoi perché sta per iniziare il Roland Garros, nel continuo inseguimento di un successo che non deve diventare un’ossessione. Anche se forse lo è già.
Il Foro Italico all’altezza del “quinto Slam”?
Lo sappiamo tutti: è una boutade, niente più. Un quinto Slam, al momento, non esiste. E con ogni probabilità, non esisterà mai. Per istituirne uno servirebbe il via libera degli altri quattro, e non si capisce bene per quale ragione Parigi — tanto per dirne una — dovrebbe dare il proprio beneplacito a un’operazione che ne scalfirebbe il prestigio.
Detto questo, un’altra partita si gioca sul piano simbolico, quello del riconoscimento morale. Roma, da anni, sogna di potersi fregiare almeno idealmente del titolo di “quinto Slam”, o quanto meno di primo tra i 1000. Un’ambizione legittima, che però va sostenuta dai fatti. Perché se davvero il Foro Italico vuole proporsi come primus inter pares, il contesto è favorevole, ma l’organizzazione sarà all’altezza delle sue ambizioni?