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Riecco Ostapenko: tenniste tremate, la streghetta è tornata

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Jelena Ostapenko è un classico esempio di tennista che avrebbe potuto cogliere più soddisfazioni. Ha avuto il grande merito di vincere a soli venti anni il Roland Garros rimontando in finale Simona Halep che si era trovata in vantaggio di un break in ognuno dei tre set giocati, compresi quindi i due persi. Di più, nel secondo set la campionessa rumena, dopo essersi aggiudicata la prima frazione, non sfrutta tre palle per il 4-0, cedendo al ritorno inesorabile della giovane lettone.

Allora fu giustamente salutata come una grande sorpresa, la cui spiegazione risiedeva in effetti, oltre che nella idiosincrasia di Simona per le grandi finali, anche nel suo stesso gioco, dal ritmo alto ma costante e con pochissime variazioni; proprio il tipo di tennis vulnerabile di fronte alle grandi colpitrici.

In quel match possiamo ora trovare tutti i pregi e i limiti della protagonista di Stoccarda 2025: la debordante capacità di spingere, cambiando la velocità dello scambio con una naturalezza sconosciuta a quasi tutte le sue colleghe, ma anche le pause e il normale accumulo di errori, prevedibile in un tennis completamente votato al rischio e alla minimizzazione dei margini di sicurezza, che si concretizza in colpi perlopiù completamente piatti. Se quindi la finale di Parigi è stata un’altalena di cadute e ritorni, così lo è stata la sua carriera sino a ora.

Jelena entra in top ten nel settembre del 2017, vince a Seul e chiude l’anno in settima posizione; l’anno successivo raggiunge la quinta posizione e, proprio da testa di serie numero cinque, esce al primo turno al Roland Garros, sconfitta in due set da Kateryna Baindl. Nella stagione successiva vince un solo torneo, a Linz, e nel frattempo scende oltre la posizione numero 70. Nell’anno del COVID si gioca poco e lei si mantiene entro la top 50, passando solo due turni nella Parigi autunnale.

Per rivederla nella top 20 dobbiamo aspettare il 2022, quando a febbraio si aggiudica il titolo a Dubai ai danni di Veronika Kudermetova, ma il ritorno nelle migliori dieci viene posticipato al 2024, quando Jelena centra un inizio di stagione fulminante che comprende il titolo ad Adelaide e di nuovo a Linz. Durante la stagione esce e rientra dalla top 10, non trovando più i guizzi invernali, i cui punti fatalmente scadono a inizio 2025 e la fanno rinculare fino a uscire dalle prime trenta.

Ostapenko ha molto faticato per rimanere nelle prime dieci del mondo, dopo il 2018 ha trascorso pochissime settimane a quel livello, eppure il suo record con le magnifiche cinque è di 15 partite vinte contro 16 perse: con la numero uno del mondo è in vantaggio 3-1 (vittorie con Muguruza, Swiatek e Sabalenka, sconfitta con Barty) e con la numero due è 3-4 (due vittorie con Switek e una con Pliskova, due sconfitte con Sabalenka, una con Halep e una con Muguruza). Le migliori odiano dover giocare con lei perché non sono in grado di controllare ogni fase del match, oltretutto esponendosi a brutte figure quando rimangono ben distanti dalla pallina o si ritrovano spiazzate da un perfido tiro in contropiede dopo una rincorsa.  

Le magie di Jelena

Come dicevamo, Jelena non ha vinto finora per quanto meriterebbe il suo talento. E perché? Lei ha personalità da vendere: se riceve critiche perché non presta la medesima attenzione all’alimentazione normalmente dovuta da parte di un atleta, si interessa personalmente agli abitini da indossare in campo (uno dei settori in cui ha investito i propri denari) preoccupandosi che siano sufficientemente sgargianti e chiassosi. Non si cura di essere simpatica se saluta appena chi l’ha sconfitta o se sorride a trentadue denti a chi ha da pochi istanti sconfitto; sembra ogni tanto non sia completamente uscita da quella fase dell’infanzia in cui se perdiamo piangiamo al punto che nella partita successiva l’adulto di turno ce la da vinta per non dover ascoltare il nostro dopo.

Jelena si perde in diatribe assurde, litiga per poco o niente; caccia uno spettatore rumoroso a New York e i suoi battibecchi piccoli o grandi con gli arbitri e i giudici di linea, specie in via di estinzione purtroppo per lei, sono da sempre all’ordine del match. Jelena scende in classifica ma quando esagera dà un colpo di reni e torna a galla e indovina la settimana giusta, non importa se ci siano le due migliori del mondo da superare.

È capitato e capiterà ancora, tuttavia… Jelena non sarà mai una grande campionessa. Certo il fisico non propriamente atletico non l’aiuta, ma secondo noi c’è ben altro che le impedisce di andare, se non saltuariamente, oltre i propri limiti. La ragazza di Riga è conscia di colpire la pallina come nessun’altra collega nel panorama del tennis femminile, e così vive e subisce il fascino del proprio estro, sperimentando quanto è forse successo alla nostra Camila Giorgi e, tanto per nominare un’altra big hitter, a Dayana Yastremska, giocatrice che colpisce come il demonio ma che mostra totale indifferenza nei confronti della disposizione delle righe del campo.

Penko, ne siamo sicuri, si innamora della facilità con cui imprime accelerazione alla pallina e il desiderio di rivivere le sensazioni provate quando licenzia una botta di spingarda si ripresenta pochi secondi dopo e la costringe a mettere da parte scelte tattiche o qualsivoglia strategia raffinata. Su ogni cosa fa aggio il piacere tutto intellettuale che scopre ogniqualvolta imprime alla sferetta gialla un nuovo, improvviso cambio di cadenza; prima di ogni titolo per lei arriva il godimento inebriante di testa di quando un suo ennesimo tiro di schioppo taglia a metà il campo e, quasi invisibile nell’aere, spazza la linea che da rossa e terrosa torna a rilucere, e in quel chiarore si imprime il messaggio della strega, irridente per la campionessa di turno che fissa sgomenta il segno della pallina: “Ostapenko è passata di qui”.

A noi Ostapenko piace molto perché ogni tanto si ricorda di noi comuni mortali, degli appassionati che in settimana lavorano e non possono godere del suo tennis unico e quando si mettono in poltrona nel weekend lei ha puntualmente già fatto le valigie ed è montata sull’ennesimo aereo che le ha dato un passaggio per il torneo della settimana seguente. Talvolta, per nostra buona sorte, la fattucchiera del Baltico conserva un filtro magico speciale e arriva a scendere in campo di sabato; di quando in quando giunge fino alla domenica e, se l’incantesimo persiste, lei riesce addirittura a sollevare il trofeo, o a mettere in moto la Porsche, come a Stoccarda.

Quando questo accade, l’appassionato della domenica ha l’opportunità di avvicinarsi a uno dei misteri del tennis moderno, alle arcane accelerazioni di dritto e di rovescio della tennista irascibile e colorata (anche se forse vince di più in total black), apparentemente sgraziata e lenta e spesso, sempre almeno a quanto si vede, meno atleta della rivale, qualunque essa sia. Eppure, quando mulina la sua racchetta il tragitto della pallina è una malia irresistibile per chiunque, soprattutto per l’appassionato della domenica, che segretamente aspetta di stupirsi come successe la prima volta, nel giugno del 2017. E dunque arrivederci streghetta, al tuo prossimo sortilegio.

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