Flavio Cobolli: “Col consiglio di Berrettini ho vinto a Bucarest. Nel calcio avevo pressione, nel tennis no. Punto alla top20”
Flavio Cobolli non ha bisogno di presentazioni: numero 36 del mondo ed ha appena vinto il primo titolo ATP a Bucarest. Il tennista romano è stato l’illustre ospite dell’ultima puntata di TennisMania, il programma di Dario Puppo, Massimiliano Ambesi e Guido Monaco in onda sul canale YouTube di OA Sport. Una lunga e bella intervista, che ha toccato tutta la carriera ancora giovane di Cobolli.
Sul suo percorso giovanile, passato anche dal calcio, con una famiglia che lo ha sempre sostenuto: “Quello che ha fatto mio papà, ma tutta la mia famiglia, è stato veramente difficile. Mia mamma mi portava in giro ovunque per Roma a tutte le ore del giorno. Hanno anche tralasciato la loro vita privata per seguire il mio sogno. Io fino a 14 anni giocavo a calcio e credevo di poter diventare un calciatore, perché pensavo di avere le qualità e poi soprattutto ero seguito da una famiglia che mi ha fatto crescere in un ambiente sereno, lasciandomi vivere la mia vita, facendo sempre le mie scelte. Anche in certi momenti come quelli che ho passato io in questi ultimi mesi delle domande te le fai, visto che eri bravo anche in un altro sport. Però, devo essere sincero, io non ho mai ringraziato a dovere i miei genitori per quello che hanno fatto per me. Con me sono stati perfetti, sono davvero grato”.
Sul rapporto calcio-tennis e quello che il calcio ha dato al Cobolli tennista: “Io giocavo da terzino, ma giocavo in una Roma con tantissimi talenti come Calafiori, Bove e tanti altri. Quando giocavo a calcio avevo un po’ il timore del pallone, ma forse perché avevo paura di farmi male visto che giocavo anche a tennis, quindi non sono mai stato liberissimo mentalmente e forse sarebbe andata anche diversamente la mia carriera calcistica. Io giocavo insieme a Bove anche a tennis e c’è stato un momento in cui ad entrambi ci è stato chiesto di scegliere. Alla fine ho scelto il tennis perché mi piaceva giocare da solo, ma anche nella vita sono un solitario. Mi piace trovare un modo per ribaltare la partita, tutte cose che nel calcio non hai e non puoi sfruttare. Inoltre l’ambiente del calcio non mi è mai piaciuto, visto che io sono molto tranquillo e non era il clima che mi apparteneva. Il calcio mi ha aiutato in tante cose nel tennis, ma la cosa che più mi è rimasta addosso è la pressione, l’ansia del non dover sbagliare. Avendo avuto ansia nel calcio, nel tennis non mi è mai venuta”.
Passando al campo ci si sofferma sull’atteggiamento in campo di Flavio: “La parte dove ho più sfaccettature sia positive sia negative è il mio atteggiamento in campo. Ci sono dei giorni dove sono pessimo, altri dove sono peggio del pessimo, altri perfetto ed altri ancora dove nessuno sa cosa aspettarsi da me. Sto lavorando su questo. Ho vinto il mio primo torneo, poi sono andato a Montecarlo ed ero in perfette condizioni e poi nel torneo successivo sono calato. Il mio atteggiamento dall’essere perfetto è stato pessimo. Non capisco il perché e ci sto lavorando. Devo sapermi gestire, io sono poi molto autocritico e dei giorni a volte non ci riesco”.
Sul momento difficile vissuto all’inizio della stagione: “Mi sono ritrovato in un momento dove mi faceva male la spalla e forse non mi sono fermato in tempo, anche perché non mi sono mai fermato nel mio percorso. Abbiamo fatto una scelta sbagliata tutti insieme ed il dolore è peggiorato notevolmente. Alla fine mi sono trovato con un infortunio che mi ha disturbato per i mesi invernali, che non mi ha permesso di fare una preparazione adatta. Dopo le prime due partite a gennaio mi sono fatto male subito e sono andato in Australia con il dolore. Ho capito che ci vuole tempo e pazienza per ritrovare le giuste energie“.
La partita con Rune al Roland Garros, persa dopo una clamorosa battaglia in cinque set in rimonta: “Nei primi due set avevo un atteggiamento brutto dove lui era più forte di me ed io non lo accettavo. Poi è arrivata la pioggia e per mezz’ora ci siamo fermati ed in spogliatoio mi ‘hanno fatto il c**o’. Il mio atteggiamento non era consono al contesto in cui mi trovavo. Al rientro mi sono ritrovato a ribaltarla con le mie qualità e i mie meriti. Poi mi ha detto un po’ di sfortuna e anche un po’ di inesperienza a giocare determinati punti. Anche il non aver mai giocato quel tipo di tie-break era stata una fatica tripla”.
Cobolli è reduce dalla sconfitta di Monaco contro Shevchenko, un ko doloroso per il romano: “Purtroppo è riapparso un atteggiamento drammatico. Si tratta di una partita da annullare. Il campo non era bellissimo, ma non ho perso per quello. E’ una partita che devo cancellare e dimenticare. Non c’è davvero stato nulla di positivo”.
Sulle continue critiche e sulla pressione altissima che circondano i tennisti italiani: “In Italia in questo momento le aspettative sono troppo alte, quando in realtà ci si dimentica che molti di noi hanno solamente 20, 21, 22 e 23 anni. Jannik ha 23 anni ed è numero uno del mondo, Musetti è numero undici del mondo e ha 22 anni e ci si dimentica dei suoi risultati ottenuti e della sua posizione e sembra quasi che non sia undici del mondo. Io sento davvero troppe critiche, perché bisogna vedere dove arrivano quando ne hanno 28. Credo non ci sia il sufficiente equilibrio su questo tema”.
Gli obiettivi del 2025 del tennista romano: “L’anno scorso ho fatto una stagione incredibile e non ce lo aspettavamo. Sono arrivato ad un punto dove penso di poter crescere ulteriormente, migliorando il ranking dell’anno scorso. Non mi sono postp obiettivi precisi, poi certo mi piacerebbe giocare i tornei più importanti da testa di serie ed entrare tra i primi venti. Però non mi sono posto degli obiettivi a breve termine, ma credo ci sia un percorso da seguire”.
Il rapporto con Lorenzo Musetti, con cui ha condiviso tanti anni di carriera da giovane: “Ogni buon risultato fatto l’anno scorso mi è servito e anche i risultati dei miei compagni sono stati utili. Io con Lorenzo ho forse il miglior rapporto tra tutti i tennisti italiani. Lo ammiro tantissimo e lo prendo sempre come riferimento. Anche il suo risultato a Montecarlo sicuramente lo prenderò come esempio per la mia carriera”.
Le partite vissute contro due leggende come Djokovic e Nadal: “Con Djokovic a Shangai ho vissuto male la partita anche perché era mia idolo e quindi era difficilissimo. L’ho sempre visto in tv e quindi mi sono bloccato a livello nervoso. L’altra con Rafa era come se non mi ricordassi niente, perché ero totalmente in un altro mondo”.
Anche con Matteo Berrettini il rapporto è speciale: “Anche con lui ho un bellissimo rapporto, andiamo molto d’accordo e anche lui è una mia fonte d’ispirazione. In Davis mi ha aiutato tantissimo, anche in altri posti mi ha sempre detto quella parola giusta. Lui trova sempre il modo di aiutarmi, è molto bravo a sapermi consigliare. Per esempio dopo la sconfitta con Tirante a Miami l’ho incontrato e gli avevo detto che sarei andato a Napoli a giocare il Challenger. Lui mi ha detto che avrei dovuto stare calmo, di prendere il mio tempo, di fermarmi, di allenarmi al meglio e di non andare. Ho seguito questo consiglio e la settimana dopo ho vinto il mio primo torneo”.
Cobolli parla anche di due giovani super promettenti come Mensik e Fonseca: “Ho un buon rapporto con Mensik e mi ha sempre impressionato a livello tennistico e anche come persona fuori dal campo. Lui non ha ancora capito che tra un paio d’anni è tra i primi due o tre del mondo. Non si rende ancora conto. Fonseca, che ha un dritto fenomenale come Alcaraz e secondo me è fortissimo, sa invece di essere forte e sa già di essere un fenomeno. Mensik, invece, non lo sa e ha margini di miglioramento impressionanti”.
La superficie preferita: “Fino a due anni odiavo il cemento e l’erba, anche perché sono nato sulla terra rossa. Mi dicono che il mio gioco può essere molto efficace sul cemento. Magari fra due anni il cemento diventa la mia superficie preferita”.
Sulla mancata esperienza ai Giochi Olimpici: “Quando ho letto di Jannik che stava male ero proprio con Musetti. Io e il Muso eravamo sicuri al 100% che sarei andato alle Olimpiadi. Ero ad Umago e venti primi minuti di giocare la mia partita con Lajovic ero al telefono con Binaghi e avevo chiamato tutti per sapere se potevo giocare a Parigi e mi è stato detto di no perché era scaduto il tempo per le liste. Alla fine, però, è stata anche una fortuna perché ho fatto finale a Washington, andando una settimana prima in America“.
Sul ritorno di Sinner: “Non credo che Jannik ci metterà tanto. Lui è un professionista al 100% e quindi fa qualsiasi cosa in maniera perfetta e anche oltre. Arriverà sicuramente nelle migliori condizioni”.