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Marc-Andrea Hüsler: “In Messico mi sento a mio agio, ora sono affamato di tennis”

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Di Massimo Volpati

Reduce da alcune buone prestazioni in terra messicana, il tennista svizzero Marc-Andrea Hüsler, ex n.47 dell’ATP nel 2023 e vincitore del torneo 250 di Sofia nel 2022, si racconta in un momento di ripartenza dopo un periodo complicato. In questa intervista svoltasi durante il Mexico City Open, tra emozioni, adattamenti tecnici e riflessioni personali, emerge tutto il lato umano di un atleta che ha fatto della resilienza un punto di forza.

Massimo Volpati: Marc, come stai? Sei felice di essere qui a Città del Messico?
Marc-Andrea Hüsler: “Sì, assolutamente. Ho dei bei ricordi legati a questo torneo e, più in generale, al Messico. Non solo per i risultati ottenuti, ma per l’atmosfera e il feeling che si crea qui. Le ultime settimane sono andate bene, anche se l’inizio dell’anno non è stato dei migliori: ho avuto un infortunio, uno stiramento all’adduttore che mi ha tenuto fuori per sei settimane. Questo tour rappresenta per me una vera ripartenza e sono felice di come stanno andando le cose”.

MV: Fisicamente e mentalmente come ti senti?
MH: “Mi sento bene. A volte una pausa forzata può fare anche bene, ti permette di ricostruirti fisicamente e mentalmente. Ho avuto tempo per investire sul mio corpo, per rimettermi davvero in forma, e ora sono tornato in campo fresco e affamato. Credo che questo sia uno dei motivi per cui a Morelia, a Morelos e ora qui sto giocando con convinzione e cerco di godermi di più il gioco, perché quando sei fermo e sei a casa ti rendi conto di quanto ti manca. E quando non sei infortunato, che è chiaramente l’obbiettivo principale, sei solo focalizzato a giocare e a viaggiare per almeno 30 settimane all’anno e questo ti fa dimenticare quanto apprezzi il gioco”.

MV: Come mai hai scelto il Messico rispetto ad altri paesi?
MH: “È una scelta che ha anche un valore affettivo. Il mio primo Future l’ho vinto qui in Messico anche se non ricordo l’anno esatto (ITF di Metepec nel 2017). Poi nel 2019 ho vinto il mio primo Challenger a San Luis Potosí. Quando hai buone esperienze in un posto, ci torni volentieri. Inoltre, l’altitudine qui si adatta bene al mio stile di gioco: il mio servizio e il gioco aggressivo ne beneficiano. Certo, non sempre ho ottenuto buoni risultati in altura, ma qui in Messico, in questo periodo dell’anno in cui in Europa fa freddo e il gioco è più lento, è davvero una bella alternativa. Fa più caldo, il gioco è più veloce e queste caratteristiche favoriscono il mio tennis”.

MV: Adattarsi all’altitudine non è facile. Come gestisci il cambiamento tecnico?
MH: “Mi reputo un giocatore capace di adattarsi a superfici e condizioni differenti. Ho avuto successi su terra, moquette, erba… ma anche sconfitte, ovviamente. Quando si gioca in altura, tutto dipende da quanto è alta la sede del torneo. Ad esempio, l’ATP 250 di Gstaad, che credo è a 1200 metri, si usano palline normali, mentre qui in Messico si gioca con palline specifiche per l’altitudine, che rendono tutto diverso. Per me, la chiave è accettare che il gioco sarà più difficile: ci saranno più errori, anche su colpi semplici. Il servizio diventa instabile, si commettono più doppi falli. Devi essere pronto mentalmente a sopportare questo tipo di pressione. È quello che è. Le partite, soprattutto quelle agli inizi della settimana, sono molto difficili perché il livello di gioco non è dei migliori. Stai giocando a Miami dove fai 20 o 30 scambi di fila senza sbagliare e poi arrivi qui e hai difficoltà a mettere la palla in campo. Se accetti mentalmente questo, ti dai la possibilità e la libertà di giocare bene”.

MV: E tatticamente, come adatti il tuo gioco all’altura? Usi uno stile di gioco più conservativo o offensivo?
MH: “Dipende molto dall’avversario e non c’è una soluzione unica, ma in generale cerco di essere aggressivo. Andare a rete qui è fondamentale perché so quanto sia difficile riuscire a fare un passante efficace in altura. Quando devo fare un passante sono molto stressato perché spesso va’fuori. Mi piace mettere sotto pressione il mio avversario proprio perché so che sentirà la pressione e la mia statura mi aiuta molto a coprire bene la rete. A volte mi piace ingannare l’avversario andando a rete anche se non ho fatto un buon approccio proprio perché so che non è facile fare passanti. A volte funziona, altre volte no, ma il principio resta: se riesco a far sentire l’avversario sotto stress, ho fatto metà del lavoro. Allo stesso tempo valuto il mio avversario partita per partita. Se vedo che il mio avversario sta facendo molti errori, non c’è niente di sbagliato a rimanere a fondo e mettere la palla in campo, giocare più passivamente”.

MV: Ti informi in anticipo sui tuoi avversari? Studi le partite?
MH: “Sì, mi piace avere almeno un’idea generale. Non tengo un dossier su ogni giocatore, ma..sono cosciente che ogni partita comincia da zero, per esempio io potrei aver fatto una partita orribile al primo turno e il giorno dopo essere un giocatore completamente diverso. Sono consapevole che il livello può cambiare però si, generalmente mi interessa sapere dove si trova più a suo agio in risposta, se tende a stare più indietro o avanzare… Queste informazioni mi aiutano ad avere un piano. Soprattutto con giocatori che non conosco. Non è un dato di fatto ma ti può aiutare per esempio se sei sul 5 pari, a capire che parte del campo coprire di più mentre lui serve, e se serve nell’angolo che tu non hai scelto..beh..bel punto per lui. Però so anche che ogni partita è diversa. L’importante è restare flessibili”.

MV: Ti manca casa quando sei in tour, il cibo svizzero, la raclette?
MH: “Si, sempre. E il cibo anche qui è buono. È una vita bellissima, ma non facile. Sono in giro da otto anni ormai, ho imparato a gestirla, ma stare lontani da casa a lungo è dura. Io, tutto sommato, vivo in Europa ma se guardo gli australiani, loro stanno fuori anche sette mesi, quindi non mi lamento troppo: in Europa riesco spesso a rientrare anche solo per qualche giorno”.

MV: Quando sei in tour, approfitti per visitare un po’le città che ti ospitano?
MH: “Quando ho tempo, cerco sempre di vivere un po’ i posti in cui gioco. A volte hai più tempo per farlo e a volte meno. In generale cerco sempre di fare qualcosa quando ho un giorno libero o non mi alleno. Dipende dal programma. Nella settimana in cui ero a Morelia non sono riuscito a vedere molto. Il mio obbiettivo era focalizzarmi sullo stare in campo il più possibile ma ricordo che a Morelos sono andato a visitare la città un paio di volte e anche quado ero a Cuernavaca. A Città del Messico è più complicato per via della grandezza, ma ho già visto alcune cose. Cerco sempre di portarmi via qualcosa anche fuori dal campo”.

Marc-Andrea Hüsler dimostra che, oltre al talento, nel tennis servono adattabilità, intelligenza e tanta forza mentale. Dopo un periodo complicato, è tornato con energia e consapevolezza, pronto ad affrontare ogni tipo di superficie e avversario. E con la sua fame di tennis, non resta che aspettarsi ancora grandi cose da lui nel corso della stagione.

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