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Rassegna Stampa – Piatti su Sinner: “Con lui sono stato duro e rigoroso”

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La stagione del Rosso (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

E’ il momento di puntare tutto sul rosso. La primavera del tennis approda sulla superficie che per anni ci ha dato più gioie, fino a che con Jannik Sinner ci siamo scoperti una nazione che spinge fortissimo sul cemento. Con il Masters 1000 di Montecarlo, al via nel fine settimana, gli inseguitori di Sinner proveranno ad approfittarne per accorciare la distanza con il numero 1 al mondo. Zverev è l`unico che potrebbe sperare di spodestare dal trono il nostro campione ma lo aspetta una scalata mostruosa in cui non potrà permettersi di mettere un piede in fallo. Il tedesco, sconfitto dall`italiano nella finale dell’Australian Open, non ha raccolto nulla in questo periodo di assenza del rivale, capace di aumentare il suo vantaggio pur senza giocare. Impresa Il tedesco potrà arrivare in vetta prima del rientro di Sinner (dal 5 maggio) soltanto se riuscirà a vincere i Masters 1000 di Montecarlo e Madrid e l`Atp 500 di Amburgo. Alla prima sconfitta, però, il suo piano andrà in fumo. Se invece dovesse riuscire nell`impresa titanica, il tedesco arriverebbe a 9895 punti, con Jannik rientrante da numero 2 al mondo a quota 9730.

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Parigi pesa – Il Roland Garros sarà un`altra tappa decisiva per il numero 1 al mondo, che difende la semifinale del 2024 e che proprio li potrebbe festeggiare le 52 settimane si permanenza in vetta. Nel 2024 venne sconfitto da Alcaraz che poi superò Zverev in finale. Carlos aveva già detto addio a Miami alle possibilità di superare Sinner prima di Roma e per lui, i tornei sulla terra, sono l`occasione di ritrovare lo smalto perduto. La cambiale di 2000 punti in scadenza a Parigi pesa molto e Carlos già a Montecarlo cercherà di entrare in temperatura.

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Intanto Djokovic, salito al numero 5 del mondo dopo la finale di Miami, ha in programma di tornare a Madrid, il 1000 dove manca dal 2022. Da qui la rincorsa verso Roma, uno dei tornei che più gli stanno a cuore e infine il Roland Garros. Sulla terra che lo ha visto conquistare l`oro olimpico, il leone potrebbe tornare a ruggire. 

“Lo capisco Jannik, io so perché mi ha lasciato” (Gaia Piccardi, Il Corriere della Sera)

Il Piatti Tennis Center oggi brulica dei migliori Under 12 d`Italia, venuti a imparare il mestiere. Il titolare li guarda con occhi azzurri che mandano lampi. «Niente mi dà più piacere che stare in campo con i ragazzi. L`obiettivo è formare giocatori da top 10. Ho qui prospetti interessanti: il sardo Carboni, l`indiano Dhamne, un classe 2007 che ha appena vinto un challenger in Tunisia, il francese Debru…». C`è vita, sul pianeta Riccardo Piatti, dopo Sinner. Elaborato il lutto (sportivo), il coach che ha formato Jannik ha ripreso a macinare tennis. Il centro di Bordighera rimane la bottega dell`artigiano dove i professionisti convergono per riparare colpi e motivazione, presto verrà inaugurata una seconda sede ad Atene; il figlio Rocco è in Sardegna per un torneo, la moglie Gaia sovrintende con garbata attenzione.

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Sinner fermato tre mesi per il caso clostebol, gli altri sembrano totalmente spaesati. Che tennis vede, dal suo osservatorio? «Vedo un momento di passaggio. In vetta c`è un Sinner molto cresciuto. Alcaraz insegue, ma non crocifiggetelo: ha già quattro Slam, è solo del 2003, si sta costruendo vita e carriera. Arriverà anche la maturità. C`è un cambio generazionale in atto. Joao Fonseca, a 18 anni, ha giocato solo 33 match Atp. Io a Jannik dicevo che ne doveva fare 150 prima di poter aspirare al salto di qualità. Lui aveva fretta: al 139° è diventato n.9 del mondo. Diamo tempo a Fonseca, riparliamone quando arriva a quota 8o partite. Mensik ne ha giocate 69, e ha già vinto a Miami. Lo trovo interessante però, anche nel suo caso, risentiamoci tra 60/70 match. Non conosco la motivazione di questi talenti, conoscevo bene quella di Jannik: mi ricordava molto Novak Djokovic». Come la riassumerebbe? «Un`arroganza agonistica rasente alla cattiveria». Con Jannik si sente? «Di rado. Però 1`8 novembre mi ha mandato gli auguri di compleanno. Eravamo alla vigilia delle Atp Finals. Divertiti e facci divertire, gli ho scritto. Andrà bene, ha risposto. Sapeva già tutto. Sapeva che avrebbe vinto».

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. Il divorzio da Sinner era evitabile? C`erano segnali di cui accorgersi per tempo? «Tutti ricordano il match con Daniel, a Melbourne, nel gennaio 2022, quando ha detto: stai calmo, cazzo. Ce l`aveva con me per cose di campo, era già successo altre volte: è normale dinamica tra coach e giocatore. Non è quello il problema. Ho sempre voluto che Jannik diventasse indipendente, sapevo che un giorno se ne sarebbe andato. Ma con lui dovevo essere l`allenatore rigoroso, a volte rigido: era il mio ruolo. Ljubicic mi rimprovera che gli dicevo: decidi pure tu, Ivan, ma poi fai come dico io. Per Jannik questo rigore, a un certo punto, è stato troppo da reggere». Rifarebbe tutto? «Sì. Era l`unico modo per arrivare in alto. Dovevo dire di no, dare regole. L`ho preso a 13 anni, se n`è andato a 20. In quel momento, sentivo di dover fare così. Come oggi con Dhamne: un giorno mi manderà anche lui a quel paese. Ci sta. Ivan invece era differente: all`inizio gli vietai di portare la moglie agli Slam, lui non batté ciglio. Ognuno è diverso. Certo il rigore può diventare un difetto, a volte esagero. So essere duro»

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Perché Sinner pubblicamente non l`ha mai più nominata, Riccardo? Questa negazione non le fa male? «No, non ne soffro. Conosco lui, conosco i giocatori. Come sono fatti, come ragionano. Guardano sempre avanti, mai indietro. Non la vivo come una questione di irriconoscenza: Jannik fa il suo lavoro, non deve ringraziare nessuno. Né sento di aver qualcosa da chiarire con lui. Il tennis è uno sport in cui l`ego è molto presente». Chi vedrebbe bene come nuovo super coach di Jannik dopo Darren Cahill, che smetterà a fine stagione? «Carlos Moya, che avevo già preso in considerazione. E stato numero 1, conosce il circuito. Umanamente è un`ottima persona, come Darren. Renzo Furlan, ora che ha smesso con Paolini, è libero. Ljubicic è molto valido. Oppure Becker, che avevamo contattato; però lavorare con Boris è più complicato. I nomi sono questi». Giocatori più alti, servizi bomba, scambi da videogioco, sempre meno rovesci monomani e fantasia. Incontro a quale razza di tennis stiamo andando, coach Piatti? «Il tennis vive di fasi. Temevamo non ci fosse futuro dopo Sampras, e sono spuntati i Big Three. Ora c`è Sinner, ma tutto il tennis italiano è cresciuto moltissimo grazie agli investimenti federali: si è aperto un ciclo che durerà vent`anni. I campioni passano, il tennis non muore mai».

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