Dove eravamo rimasti? Da Miami a Miami, la classe di Dimitrov non invecchia mai
Grigor Dimitrov (33 anni, numero 15 del ranking mondiale) nel corso della notte italiana si è qualificato per le semifinali del Miami Open dopo aver sconfitto Francisco Cerundolo, in rimonta, annullando un match point, al termine di una lotta di 2 ore e 48 minuti e dell’incontro migliore di tutto il torneo. Il finalista della scorsa edizione – quando venne battuto da Jannik Sinner dopo aver dipinto il campo con Alcaraz e con Zverev – ha così raggiunto la dodicesima semifinale a livello 1000 della carriera grazie al 150esimo successo nella categoria più prestigiosa del calendario ATP: è il primo tennista nato negli anni ’90 (una generazione che, a dire il vero, ha faticato ad imporsi ai massimi vertici, incastrata tra il dominio dei Fab 4 e l’avvento dei nuovi fenomeni del nuovo millennio) a mettere la firma su questo traguardo. Dimitrov – a conferma della longevità, senza tempo, della purezza del suo talento – ha vinto 58 di quelle 150 partite dopo aver compiuto 30 anni.
Da quando è stato introdotto il formato dei Masters 1000 il bulgaro è solamente il terzo tennista di 30 (o più) anni ad aver raggiunto due semifinali consecutive al Miami Open dopo Andre Agassi e John Isner: lo scorso anno, dopo la favolosa vittoria su Alcaraz, avevamo raccontato la bellezza della seconda giovinezza e della nuova primavera di Grisha, finalmente liberatosi di pressioni inutili e superficiali.
CHE FRETTA C’ERA? LA MERAVIGLIOSA PRIMAVERA DI GRIGOR DIMITROV
E sull’onda dell’entusiasmo e dell’inerzia di uno strepitoso avvio di 2024 (vittoria a Brisbane, finale a Marsiglia, semi a Rotterdam, finale a Miami, quarti al Roland Garros) il bulgaro – il cui best ranking è il numero 3, raggiunto nel 2017 – era rientrato dopo una vita in top 10 (nona posizione, per la precisione): solamente gli inevitabili acciacchi tipici dell’ultra-trentenne gli avevano impedito (nonostante i punti conquistati a Stoccolma) di continuare la sua rincorsa verso le poltrone più ambite del circuito, quelle che qualificano alle Finals di Torino. Sia a Wimbledon che allo US Open Dimitrov era stato costretto al ritiro: a Londra, negli ottavi con Medvedev, a New York, invece, nei quarti con Tiafoe (e nell’eventuale semifinale, con Fritz, avrebbe potuto tranquillamente giocarsi l’accesso alla prima finale Major della vita).
La parabola delle prime settimane del 2025 sembrava la tipica parabola discendente del veterano agli sgoccioli della carriera: tre ritiri nei primi quattro tornei stagionali, la netta sconfitta a Indian Wells con Alcaraz dopo la maratona vincente con il suo amico Monfils, l’inevitabile calo in classifica e la cambiale della finale di Miami alle porte, con il rischio concreto di uscire dalla top 20. E invece. E invece Dimitrov è ripartito – a sorpresa – dal suo nuovo torneo preferito: l’esordio comodo con Cinà, lo spettacolo della battaglia con Khachanov e del dominio tecnico-tattico con Nakashima e, infine, l’impresa con Cerundolo. Grigor, palesemente in affanno dal punto di vista atletico, nel corso del terzo e decisivo parziale ha recuperato uno svantaggio di 0 a 3, ha annullato un match point sul 4 a 5 e ha infine dominato il tie break, lasciandosi andare, in una volata contrassegnata dalla morsa dell’umidità e dal rischio dei crampi, alla commozione della stanchezza e di un risultato che non doveva esistere. In semifinale affronterà il vincente della sfida tra Djokovic e Korda, avendo a disposizione una giornata piena di recupero in più del suo rivale. Con il serbo partirebbe chiaramente sfavorito (12-1 i precedenti, ovviamente a favore di Nole) ma la vicenda emotiva e tennistica di Grigor meriterebbe il finale dolce di un’altra impresa.