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“Djokovic. L’uomo che ha sfidato gli dei (e li ha battuti)” – un libro sul perché tifare per Nole è un atto rivoluzionario

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Ci sono amori che non finiscono, magari non fanno neppure giri immensi, ma trovano sempre il modo di ritornare. Riemergono attraverso pretesti, situazioni fortuite o, come in questo caso, uomini d’eccezione. Giancarlo Liviano D’Arcangelo in Djokovic. L’uomo che ha sfidato gli dei (e li ha battuti) racconta il campione serbo per analizzare se stesso e il suo legame con il tennis.

Una passione, quella per la racchetta, nata da bambino e rimasta sopita per vent’anni nell’animo dell’autore, per poi riaffiorare improvvisamente nel 2011 grazie a Novak Djokovic. Lo scrittore apre il primo dei tredici capitoli che compongono il libro ricordando la sua infanzia, trascorsa sui campi del circolo della sua città, quando pensava che il tennis fosse l’espressione icastica dell’estro e del talento e che queste due componenti bastassero per essere un giocatore di livello. In quel momento il suo idolo era Stefan Edberg, tennista che sembrava suffragare in tutto e per tutto la sua tesi. Poi lo scontro con la realtà.

Divertimento e vittoria non sempre vanno di pari passo. Anzi. E il Giancarlo quattordicenne faticava ad accettare che il suo gioco creativo e ispirato potesse non essere sufficiente per battere l’avversario di turno. Così ha deciso che lui con il tennis aveva chiuso definitivamente e inesorabilmente. Per vent’anni Liviano D’Arcangelo e la racchetta sono stati dei perfetti sconosciuti, finché, per una coincidenza fortuita, Novak Djokovic gli è apparso sullo schermo della televisione, nella semifinale dello US Open del 2011, in cui il tennista di Belgrado ha sconfitto in rimonta Roger Federer. Un match che ha cambiato la prospettiva con cui l’autore era solito guardare, quando era adolescente, quella pallina gialla viaggiare da una parte all’altra del campo.

La suddetta partita lo ha spinto ad approfondire chi fosse quel giocatore e da dove provenisse la sua attitudine sfacciata che gli ha consentito di inserirsi come terzo incomodo nella perfetta rivalità sportiva, quella tra Roger Federer e Rafael Nadal. Perché, è utile ricordarlo, i Big three, la generazione che ha trasferito il tennis in una dimensione altra, inizialmente erano solo due: Nadal e Federer, paragonati dall’autore rispettivamente a Dioniso e Apollo. Una diade dicotomica per stile di gioco, caratteristiche fisiche e peculiarità caratteriali. Ma per ogni Olimpo di divinità vi è un Prometeo capace di rubare il fuoco sacro agli dei. Questo è, secondo Giancarlo Liviano D’Arcangelo, Nole Djokovic. Un simbolo di irriverenza e al contempo di ingegno.

Lo scrittore insiste pagina dopo pagina sulla costruzione, sulla presa di coscienza da parte del giocatore serbo di doversi forgiare nei minimi dettagli per poter competere con gli onnipotenti avversari, con particolare attenzione alla solidità mentale. La strutturazione dei capitoli segue, seppur non in maniera analitica, la cronologia della carriera di Nole, dagli inizi, sotto la guida di Jelena Gencic, fino ai trionfi che lo hanno consacrato come il giocatore più vincente della storia. Passando per le intemperie, spesso extra tennistiche, che ne hanno viziato il giudizio, assurgendolo al villain da manuale. Lo stile narrativo non si conforma rigorosamente ai canoni del racconto biografico, preferendo un andamento romanzesco, a tratti mitico. Così biografia e autobiografia si amalgamano con un obiettivo ultimo: spiegare perché essere tifosi di Djokovic è un atto rivoluzionario.

Djokovic. L’uomo che ha sfidato gli dei (e li ha battuti) è un libro pensato per ogni amante del campione serbo. Ma è soprattutto per tutti i detrattori che siano pronti a sospendere il proprio giudizio.

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