Aneke Rune difende Sinner: “Troppi tre mesi di sospensione. E c’è un aspetto inquietante”
Non si è ancora concluso il tram tram di opinioni in merito al patteggiamento tra la WADA e Jannik Sinner sul caso Clostebol che ha ‘imposto’ all’altoatesino tre mesi di squalifica. L’ultimo parere in ordine cronologico arriva direttamente dalla Danimarca e in particolare da Anneke Rune, mamma di Holger. Al quotidiano danese ‘Ekstra Bladet‘, infatti, Aneke ha rilasciato alcune dichiarazioni in merito, stando di fatto dalla parte del n° 1 del mondo.
Anneke Rune: “Gli atleti non possono starsene isolati tutti i giorni”
“Se si legge un po’ di più sul Clostebol, ci si rende conto di quanto sia spaventosamente facile trasmetterlo ad altre persone se è stato utilizzato da terzi. Questa, secondo me, è la cosa più inquietante di questo caso. Pensa a quanti fan salutano i tennisti, a quante superfici toccano. I giocatori rischiano di diventare nevrotici. Il Clostebol è ormai disponibile tramite prescrizione medica nella maggior parte dei Paesi, per cui il rischio di trasmissione è minimo. Ma non in Italia. Potrebbero esserci anche altre sostanze che vengono facilmente trasmesse. Ed è quindi importante porre dei valori limite inferiori, in modo che gli atleti non finiscano per isolarsi completamente”.
E prosegue: “Di recente ho letto di un atleta che aveva trovato tracce di una sostanza presente dell’alcol che isolatamente può ottimizzare le prestazioni. Ci sono bistecche di manzo in cui la mucca ha ingerito steoridi, i cui risultati vengono rilevati dai test. Anche questo è un problema riscontrato da diversi atleti. Non possono starsene seduti isolati da tutti e mangiare banane biologiche tutto il giorno per paura che un test rilevi lo 0,00000000001% di tracce di qualcosa”.
Infine la chiosa: “Alla luce di questo ritengo che tre mesi o un anno di sospensione siano comunque troppi. Non conosco abbastanza i dettagli del singolo caso per dire se sia ragionevole. Da quello che leggo, credo che la maggior parte delle critiche degli atleti riguardi il fatto che ci siano linee guida molto diverse nei singoli casi in cui si tratta di incidenti evidenti e non di doping. Ma penso anche che sia uno degli aspetti che la WADA e l’ITIA debbano prendere in considerazione dopo i recenti casi. Ad esempio, non devono volerci più di un massimo di tot giorni per confermare se c’è stata o meno una contaminazione, in modo che gli atleti possano riprendere rapidamente la propria carriera“.