Simona Halep, dieci anni ai vertici
Dopo la sconfitta subita al primo turno nel torneo di casa, a Cluj-Napoca, Simona Halep ha annunciato il ritiro dal tennis. E così, a 33 anni, ha deciso di dire basta con lo sport professionistico. La chiusura di carriera non è stata scintillante; in realtà tutta la parte finale della sua attività è stata negativa. Gli infortuni sempre più frequenti (schiena, coscia, caviglia, ginocchio…) e la complicata e amarissima vicenda del doping, le hanno impedito di raggiungere risultati all’altezza delle migliori stagioni.
1) La vicenda doping e il breve ritorno alle competizioni
Affrontiamo subito la questione doping, per tornare poi con maggiore profondità al periodo precedente, quello che le ha permesso di lasciare una impronta sul circuito femminile. Agosto 2022: Halep vince il WTA 1000 di Toronto; dopo alcuni mesi di appannamento, il successo le permette di rientrare in Top 10, alla posizione numero 6. Poi però si ritira dal torneo di Cincinnati per un problema alla coscia destra: il fisico torna a scricchiolare.
Arriva l’ultimo Slam della stagione, US Open 2022. Halep perde al primo turno contro Daria Snigur (numero 124 del ranking). Ma il problema ben più grave emerge qualche giorno dopo: viene trovata positiva a un controllo delle urine avvenuto il 29 agosto. Il principio attivo incriminato è il roxadustat, farmaco concepito per curare l’anemia (stimola la produzione di globuli rossi nel sangue) e vietato agli sportivi. Simona dichiara di averlo assunto inconsapevolmente, contenuto in un integratore contaminato che le è stato dato dal suo team; coach in quel momento è Patrick Mouratoglou, che si assume la responsabilità dell’errore di somministrazione.
Ma non è finita qui. La questione si complica nel giro di poche settimane. In ottobre emerge anche un esame del sangue (etichettato come “campione n. 48”) che viene considerato incriminante dalla ITIA (International Tennis Integrity Agency): i valori registrati sarebbero così anomali rispetto alla “storia” del suo passaporto biologico da suggerire che l’atleta si sia dopata. Da questo momento il suo caso diventa particolarmente intricato perché basato su un doppio argomento: da un parte l’assunzione del roxadustat (esame urine allo US Open), dall’altra le presunte anomalie nel passaporto biologico (esami del sangue contraddittori) riferite ai prelievi dal 46 al 50.
E proprio a causa di questa eccezionale complessità i tempi si allungano. I collegi di esperti di accusa e difesa hanno bisogno di studiare i dossier, sempre più voluminosi. Ipotesi e contro-ipotesi si incrociano e si susseguono, tanto che gli atti riguardanti il caso finiranno per superare le migliaia di pagine; e alcune centinaia soltanto la somma delle diverse sentenze. Halep nei gradi di giudizio intermedi attraversa momenti terribili: nel settembre 2023 viene condannata a quattro anni, con l’accusa che ne aveva chiesti sei. La parola fine arriva solo dal TAS, l’ultimo livello di giudizio sportivo: condanna a 9 mesi di sospensione.
La sentenza del TAS risale al marzo 2024, vale a dire 17 mesi dopo l’inizio delle sospensione (ottobre 2022). In sostanza Simona è rimasta ferma circa otto mesi più di quanto avrebbe dovuto, proprio per il dilungarsi delle diverse fasi di giudizio. In termini puramente numerici, stride che Halep sia stata bloccata quasi il doppio di quanto deciso dal tribunale. Ma, come detto, la dilatazione dei tempi è stata causata dalla straordinaria complessità scientifica del suo caso.
Quando torna a giocare, Simona ha 31 anni e mezzo. Rientra a Miami 2024 da wild card e perde da Paula Badosa. Poi non riuscirà mai a trovare condizioni di forma e di salute accettabili. Dal marzo 2024 sino al match di qualche giorno fa a Cluj, disputerà soltanto sei partite (cinque sconfitte e una vittoria), senza avvicinarsi al rendimento del passato. In sostanza l’ultima “vera” Halep si è vista nell’agosto 2022 a Toronto; da quel momento in poi, tra infortuni e sospensioni, la sua carriera si è persa. Ma se oggi la ricordiamo, è per quanto aveva fatto prima, nel decennio precedente.
2) Dieci anni ai vertici
Dal maggio 2013 all’agosto 2022: a conti fatti possiamo dire che la vicenda tennistica ad alti livelli di Simona Halep sia durata un decennio esatto. Per il grande pubblico del tennis WTA, la sua scoperta si identifica con un momento e un luogo preciso: maggio 2013, Internazionali d’Italia. Simona non ha ancora la classifica per essere ammessa al tabellone principale, e quindi deve passare dalle qualificazioni. Entrata nel tabellone principale, sorprende tutti sconfiggendo nell’ordine: Kuznetsova, Radwanska, Vinci e Jankovic. La ferma in semifinale Serena Williams, futura vincitrice del torneo.
Nel suo caso è davvero come se fosse scattato il click: in quei giorni della primavera romana, a 21 anni compiuti, dimostra di poter diventare una protagonista del circuito WTA. Il mese dopo conquista a Norimberga il primo International e a fine stagione avrà vinto addirittura sei tornei. In poche settimane scala le classifiche e finisce l’anno da numero 14 del mondo. E dopo i quarti di finale all’Australian Open 2014, entra in Top 10. Dal gennaio 2014 sino al luglio 2021 rimarrà sempre fra le dieci migliori della classifica, dimostrando una eccezionale continuità ad alti livelli.
Ma per quanto riguarda gli obiettivi massimi (numero 1 nel ranking e titoli Slam) non è ancora arrivato il suo momento. In quel periodo nel circuito ci sono troppe figure più esperte e di personalità a sbarrarle la strada: Serena Williams, innanzitutto, ma anche Maria Sharapova, contro la quale perde la prima finale Slam a Parigi. Siamo nel 2014, Halep esce sconfitta per 6-4 6–7(5) 6-4 al termine di un match che è una vera e propria lotta da terra battuta; tre ore e due minuti di confronto durissimo, sino alle ultime energie, fisiche e mentali.
Quando però Serena si ferma per maternità e Sharapova per l’affaire Meldonium, e anche Kerber scende di livello dopo lo straordinario 2016, nel 2017 Halep comincia ad avvicinarsi alla cima assoluta. Conquista il primato nel ranking nel mese di ottobre (Simona rimarrà ai vertici complessivamente per 64 settimane). Mentre per ottenere il successo nei Major dovrà prima passare attraverso altre due pesanti delusioni. La prima è la nuova sconfitta in finale al Roland Garros, nel 2017, per mano di Jelena Ostanpenko, capace in quel torneo di sfoderare vincenti a ripetizione: 4-6 6-4 6-3 dopo essere stata in vantaggio di un break in tutte e tre i set. La seconda è all’Australian Open 2018, in finale contro Wozniacki (7-6(2) 3-6 6-4). Ma su quello Slam australiano torneremo tra poco.
Le stelle si allineano finalmente a Parigi nel 2018: successo in finale contro Sloane Stephens 3-6 6-4 6-1, dopo essere stata sotto 3-6 0-2; questa volta è Simona a rovesciare il match alla distanza. L’altro Major della carriera è Wimbledon 2019, vinto in finale su Serena Williams. La vittoria sui prati arriva con un 6-2 6-2 che certifica la prestazione impeccabile di Simona: soltanto 3 errori non forzati in tutto il match, durato appena 56 minuti.
Quella di Wimbledon 2019 è la giornata perfetta, la prestazione che si sogna per tutta una carriera: per una volta Halep è scesa in campo senza paure, offrendo la migliore versione del suo tennis. Appunto: quale era il tennis di Simona Halep? Che giocatrice è stata? Quali erano i suoi punti di forza, e quali le debolezze?
Non è facile rispondere perché, in particolare su Halep, le opinioni tra appassionati sono spesso state divergenti: era una giocatrice di difesa o di attacco? Una giocatrice aggressiva o una contrattaccante? Strano a dirsi, ma nemmeno su queste valutazioni di base era facile trovare un accordo. Ricordo discussioni accesissime tra i lettori di Ubitennis sulla scorta di numeri e statistiche; dati e contro-dati, che però sembravano non riuscire mai a diventare del tutto dirimenti.
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