ATP Finals, Torino onora e congeda Thiem e gli altri giocatori ritirati nel 2024
Una celeste nostalgia. Musica e parole prese in prestito da Riccardo Cocciante per dare una degna colonna sonora a quella che è stata la cerimonia con cui l’ATP ha reso omaggio al poker di giocatori ufficialmente ritiratisi nell’anno corrente. Attendendo che si allarghi nuovamente la ferita per l’addio imminente di Rafa Nadal in Coppa Davis, e quelli prenotati per il 2025 di Richard Gasquet e il “Peque” Diego Schwartzman a Torino è andato in scena un momento emotional dove il gruppo capitanato da Dominic Thiem formato da Ivo Karlovic, John Millman e Joao Sousa ha ricevuto il meritato riconoscimento di fine carriera con il presidente del circuito maggiore Andrea Gaudenzi, ex giocatore ritiratosi nel 2003, che ha speso parole di elogio a tutti i presenti consegnando ad ognuno una targa celebrativa, incorniciata e con tutte le istantanee salienti delle rispettive carriere.
Il più alto in grado, lo dice il palmares, è Dominic Thiem con l’austriaco costretto a dire basta dopo essersi reso conto di non riuscire più a tornare al livello che nel 2020 gli consentì di toccare il cielo con un dito a Flushing Meadows, conquistando l’US Open. L’emozione di andare a ritroso negli anni e l’orgoglio per i risultati ottenuti sono stati i leit motiv della serata, come dichiarato dall’ex numero 3 del ranking: “E’ stato un sogno, da ragazzo non avrei mai pensato di avere una carriera fantastica e di raggiungere così tanto. Essere qui a Torino per il mio addio è fantastico”.
Oltre alle tracce lasciate nell’albo d’oro dei tornei Slam, si può entrare nel cuore e nella memoria degli appassionati in tantissimi modi: Ivo Karlovic lo faceva tramite lo schiocco del suo servizio, Joao Sousa segnando la storia del proprio Paese e John Millman per la tenacia con cui approcciava le partite. Quello del big server croato è stato un addio sofferto, una sentenza già emanata nella lista presentata dalla ITIA nel 2023 ma a cui è arrivata conferma ufficiale solo mesi dopo, a febbraio 2024, con un tweet da parte del diretto interessato che vanamente provava ad alimentare le speranze dei suoi fan, ma con la promessa fatta agli stessi di rimanere nel mondo del tennis in altre vesti.
Certamente meno travagliato il ritiro di Joao Sousa, con il portoghese che con il microfono in mano indica anche lo staff come un elemento essenziale per la riuscita di una carriera: “Ero senza paura. Da piccolo non pensavo di finire la carriera ottenendo quello che ho avuto. E’ stata una lunga strada piena di sacrifici, non solo per me ma per tutta la mia famiglia. Alla fine devi credere in te stesso e in quelli che ti circondano. Ho avuto al mio fianco persone importanti che mi hanno aiutato a raggiungere ciò che volevo”. E’ il lascito di un atleta che ha scritto la storia del Portogallo, divenendo il primo tennista a vincere tornei ATP, saranno 4 a fine carriera, fino a raggiungere la posizione numero 28. Sliding doors interessante è che il passaggio di testimone lusitano sia con Nuno Borges, che sul rosso di Stoccolma quest’anno ha schiodato lo zero dalla casella trofei vinti proprio in finale contro sua maestà Nadal, un altro pronto al passo di addio.
Forse l’atleta dei quattro con la carriera meno altisonante, un solo titolo a referto ma non è sicuramente l’affermazione sul cemento di Astana nel 2020 a far brillare gli occhi degli spettatori delle ATP Finals di Torino per il ritiro di John Millman. Il classe 1989 Ha appassionato per la sua voglia di lottare su ogni punto, figlia di uno spirito aussie. Figlio dell’Australia, ma John sorprese tutto il mondo quando estromise dallo US Open 2018 niente di meno che Roger Federer, rimontando da un 6-3 che sembrava il preludio a un match scontato. Un rapporto con i fan confermato dallo stesso John quando prende parola: “Ero tenace e il pubblico lo vedeva. Il tennis è visto spesso come uno sport individuale ma ci sono persone speciali che fanno i loro sforzi per stare in campo. Sono stato fortunato ad avere fan in tutto il mondo, credo si siano identificati nel modo in cui giocassi”. Il giro finisce qui, appunto, in una celeste nostalgia.