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It’s never too late: cosa ci ha insegnato Jessica Pegula

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Premessa doverosa: Jessica Pegula è una delle tenniste più ricche al mondo, e che non deve le sue fortune economiche al tennis (il padre Terrence è un multimiliardario proprietario tra le altre dei Buffalo Bills, nota squadra della NFL). Dunque non stiamo per raccontare una storia strappalacrime, ma di riscatto sì. Perché non si arriva casualmente in una finale Slam. Soprattutto a 30 anni suonati, per la precisione 30 e 193 giorni, che ti rendono la tennista americana più anziana (nell’Era Open) a debuttare all’ultimo atto di un Major. Quando davvero sembrava ormai troppo tardi e quando l’etichetta di “brava, ma perdente” sembrava destinata a rimanere appiccicata per sempre sulla carriera di JPeg. Che potrebbe improvvisamente ritrovarsi con un finale diverso. Non necessariamente migliore, o più romantico, ma diverso.

Sono felice di essere in finale, ma ovviamente sono venuta qui per voler vincere. Se mi avessero detto all’inizio dell’anno che sarei stata in finale agli US Open, avrei riso, perché era proprio lì che avevo la testa”. Un’emozione che trasuda da ogni parola di quella che da lunedì sarà la nuova n.1 d’America, il sogno di una bambina che ora è a un passo dal diventare la realtà, a “soli” due set dall’avverarsi. E nella sua città del cuore, una città che ama così tanto da usare i mezzi pubblici per arrivare a Flushing Meadows. Nonostante potrebbe permettersi ben altro, ma New York è casa per Pegula, che si è anche tolta la soddisfazione di mandare a casa nientemeno che la n.1 al mondo Iga Swiatek, contro cui aveva racimolato 14 game nei due precedenti confronti Slam (e la polacca dopo quasi 3 anni ha perso nuovamente in un Major da una giocatrice americana).

Un importante tassello per Pegula, che prima che iniziasse il WTA1000 di Toronto, dove ha difeso il titolo con successo, aveva rilasciato dichiarazioni che ora suonano quasi sconcertanti: “È pazzesco pensare alla costanza che ho avuto in questi anni, non posso nemmeno crederci, ma questo 2024 è diverso”. Non solo ha dato il peso che merita al rendimento solido che sta avendo dal 2021 in avanti, ma ha anche guardato con ottimismo verso il futuro, come se un mese fa già sentisse che qualcosa di importante era in arrivo. E per una giocatrice con 2 vittorie su 8 contro top 10 in carriera nei Major, e un record di 0-6 nei quarti di finale all’arrivo a New York, è un torneo che può svoltare e far volare ancora più in alto una carriera. Che non è da predestinate, come dimostrano il primo quarto Slam a 26 anni e il primo titolo 1000 a 27.

Ma il duro lavoro e l’onestà, come piace raccontare dalle sue parti, pagano sempre. A qualsiasi età, come Jessica ha sempre sottolineato: “So di non avere 18 anni ed essere un fenomeno, e so che in realtà non ho ancora vinto nessun titolo importante, ma penso solo che il mio percorso sia stato molto diverso. Spero che ispiri le persone a sapere che anche se forse sei un po’ più avanti con l’età, e pensi di aver perso la tua occasione, puoi sempre migliorare, penso di essere un perfetto esempio di questo”. Parole risalenti all’estate del 2022, da allora tutto è cambiato ma non la sua etica del lavoro e la sua costante voglia di migliorarsi.

Pegula sa non di avere la resistenza di Swiatek e la forza di Sabalenka, di non essere un baby prodigio come Gauff, di non giocare bene d’anticipo come Rybakina o con stile come Muchova, e probabilmente di non essere un personaggio simpatico come Paolini o carismatico come Jabeur. E forse proprio la consapevolezza data da tutti questi “non ho” e “non sono” può essere stata lo sprono a una carriera che pur partendo con modestia, più tardi del solito, è andata in continuo crescendo. E che vedrà stasera, sul campo da tennis più grande del mondo, il suo punto più alto. E chissà che non possa anche vivere il suo culmine.

D’altronde Forbes, lo scorso novembre, aveva inserito la prossima n.3 al mondo nell’elitaria lista “30 under 30. Una selezione, stilata ogni novembre, di personaggi famosi sotto i trent’anni sicuri protagonisti di importanti progressi nel proprio campo nell’anno successivo. E la risposta di Jess è arrivata sonora, con la prima finale Slam a 30 anni ormai compiuti. Una storia di riscatto di una seconda perpetua, di una mediana del tennis, abituata a guardare le luci della ribalta sfiorarla per poi passare oltre. La vittoria con Swiatek e la prova di resistenza con Muchova, oltre ai tanti risultati di prestigio, essendo questa la terza finale consecutiva dopo Canada e Cincinnati (impresa riuscita nell’Era Open solo a Casals, Goolagong e Serena), sono tutti tasselli di un puzzle di lavoro continuo, alla ricerca di una sempre maggior solidità e di un atteggiamento mai domo. Di esempio a chi, anche andando avanti con l’età, può sognare ancora in grande.

Anche in una società come quella odierna, dove c’è la rincorsa continua per arrivare prima degli altri, ad eleggere come studente più bravo chi finisce in meno tempo o come atleta migliore il più piccolo d’età. Facilmente si guarda con sospetto a chi intraprende un percorso universitario in età adulta o a un tennista che nonostante abbia ampiamente superato i 30 anni prova costantemente a migliorarsi (leggere alla voce Rodionova). Si prova costantemente a correre contro il tempo, a bruciare le tappe, senza rendersi conto che lo sport, così come la vita, è un percorso graduale. Pegula ci ha insegnato, in questa estate americana iniziata da n.20 nella Race, e che terminerà da almeno n.5, che l’età è spesso solo un numero. Che non contano gli anni che si aggiungono alla vita, ma la vita che si aggiunge agli anni. E che neanche nel tennis odierno, fatto di sportellate e rincorse, di 16enni, 18enni e 20enni pronte a spaccare il mondo, è mai troppo tardi per sognare.

Non mi dispiace essere sottotraccia, non voglio necessariamente attenzioni extra. Mi sta bene. So che la mia storia non è quella per cui le persone vogliono davvero fare il tifo; io sarò solo qui e cercherò di continuare a vincere e fare ciò che devo”. A due anni di distanza queste parole risuonano ancora più forti, più profonde e soprattutto veritiere. Jessica Pegula non sarà mai la più forte, la più attesa, la più bella o la più popolare. Ma in quanto ad impegno, a voglia di migliorarsi e rendere i propri sogni una piacevole realtà fino alla fine…ha il primo, il secondo e il terzo posto. E il suo Sogno Americano non è ancora finito.

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