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È di Federico Agustin Gomez il Challenger di Milano

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Nel pomeriggio di sabato è terminato sui campi dell’Aspria Harbour Club Milano, zona San Siro, il Challenger 75 che, dopo essere stato ostacolato nei primi giorni da una pioggia insistente, ha chiuso davanti a una bella cornice di pubblico con una degna finale, anche se forse non quella che i tifosi si aspettavano. È infatti finito in semifinale il bel torneo dei nostri Samuel Vincent Ruggeri ed Enrico Dalla Valle che, dopo un percorso tanto bello quanto estenuante, hanno finito la benzina proprio in vista dell’arrivo. Si sono così dovuti arrendere rispettivamente al futuro vincitore Federico Agustin Gomez e a Filip Cristian Jianu (n.276 ATP). Finale, come si diceva, interessante ma in cui l’argentino, partito dalle qualificazioni, non mai davvero rischiato, visto e considerato che non ha mai ceduto il servizio mentre è stato autore di ben tre break. La sua palla viaggiava troppo più rapida, e già nei primi scambi Jianu è apparso in chiara difficoltà. Pronti, via, 2-0. Jianu ha avuto la sua unica palla break sul 2-1, cancellata da un gran servizio di Gomez. L’argentino ha poi brekkato di nuovo sul 5-3, mentre nel secondo c’è stato più equilibrio. Soltanto un netto calo di Gomez, tuttavia, avrebbe potuto rovesciare l’esito. Calo che non c’è stato e così sul 5-4 l’argentino chiude al secondo match point (6-3 6-4). Dopo l’ultima volée vincente ha lasciato cadere la racchetta per terra per poi dichiarare subito dopo: “non mi aspettavo certo di vincere il torneo, anche se ovviamente vuoi sempre fare le cose per bene, ma era anche la prima settimana di lavoro col mio nuovo coach (Cesar Chiappari, ndr). Abbiamo così deciso di pensare a un match alla volta, migliorando i dettagli partita dopo partita”. Sulla finale, Gomez è convinto che la chiave sia stata la parte mentale. “Lui sta giocando un ottimo tennis, ma sono riuscito a rimanere tranquillo, sapevo che se avessi fatto il mio gioco c’erano buone chance. Per questa tranquillità devo molto a Cesar, che è stato capace di trasmettermela per tutta la settimana”.

Per il 27enne argentino è la prima vittoria a livello Challenger che gli vale il nuovo best ranking alla posizione n.224 ATP. Ma viene spontanea la domanda su dove fosse finito in tutti questi anni questo ragazzone (191 cm per 95 kg). La spiegazione è che, subito dopo aver conquistato il suo primo punto ATP a soli 18 anni, seguendo i consigli dei genitori, si era trasferito negli USA per i suoi studi universitari. Dopo la laurea in Sports Administration alla Louisiana University, giocando ovviamente a tennis per i Louisville Cardinals, Federico aveva addirittura smesso di competere per dedicarsi all’insegnamento in quel di Miami. Poi ha deciso di regalarsi una seconda chance che qui a Milano gli ha regalato una svolta forse inaspettata ma, a ben guardare, prevedibile. Infatti gli anni trascorsi negli Stati Uniti hanno formato un tennista ben diverso dagli standard del tipico giocatore sudamericano. Gomez picchia duro, durissimo. Inoltre l’esperienza americana gli ha insegnato molte cose sulla gestione della pressione. “Il campionato NCAA obbliga a giocare in contesti difficili. Qui giochi per te stesso, mentre nel Campionato Universitario sei in squadra. A volte vinci ma la squadra perde, e sei comunque triste. Però mi è servita a gestire le pressioni, facendomi capire cosa si può controllare e cosa no. È stata la scuola ideale per definire le mie priorità. Quando ho ripreso a giocare non avevo nessun obiettivo, anche perché le risorse economiche erano scarse. Ho potuto giocare perché alcuni amici mi hanno prestato dei soldi. Sono amici, non investitori: sto provando a restituire gradualmente il denaro, ma mi hanno già detto che non vogliono nulla indietro. Sono fortunato, perché in Sudamerica è molto difficile iniziare a giocare”.

Federico Agustin tra l’altro ha origini italiane: i suoi nonni da Varese sono partiti per l’Argentina in cerca di fortuna nel secolo scorso da. Si chiamavano Clerici, cognome che nel tennis non è così banale. “Questo successo cambia un po’ le prospettive – dice il vincitore – mi hanno detto che le qualificazioni allo US Open sono quasi garantite, ma adesso continuerò a giocare e competere per migliorare ogni giorno. Mi vedrete a Casinalbo e poi a Trieste. A quel punto dovrò tornare alla base, a Miami o in Argentina, per preparare la stagione sul cemento. Nessun obiettivo di classifica, vorrei soltanto giocare più partite possibili senza farmi male”.

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