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Roland Garros – Carlos Alcaraz, il fenomeno del quinto set. Su 12 ne ha perso uno solo, con… Berrettini, ma ha dominato tutti gli altri. “E’ un animale!”-

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Alexander Zverev non è uno stinco di santo. Su certe sue vicende che hanno provocato strascichi giudiziari di non poco conto e patteggiamenti economici assai consistenti per rimediare ai suoi comportamenti, non voglio esprimere giudizi superficiali perchè non ne so abbastanza.

Ma quando dice che “We ‘re both physically strong, but he’s a beast. He is an animal for sure…(“Siamo tutti e due forti fisicamente, ma lui è una bestia. Lui è un animale di sicuro”) questa volta non vuole offendere nessuno.

“L’intensità con cui gioca è diversa da tutti gli altri. Può fare tante di quelle cose. Ha cambiato tattica nel quinto set, ha cominciato a giocare molto più alto, molto più profondo per impedirmi di creare potenza. E’ un giocatore fantastico e fisicamente è fantastico”.

Bestia o animale che sia, di sicuro abbiamo a che fare con un fenomeno. Soprattutto quando arriva a giocarsi le sue chance al quinto set. Si chiama Carlos Alcaraz. Ha 21 anni e un mese e alla sua terza  finale ha vinto il suo terzo Slam, tre su tre (US Open 2022, Wimbledon 2023, Roland Garros 2024), uno differente dall’altro (anche come superficie) come alla sua età non aveva fatto nessuno. Nemmeno uno dei leggendari Fab Four. E ho detto tutto.

Il primo lo aveva vinto in 4 set su Ruud, il secondo in 5 set su Djokovic, il terzo ancora in 5 set su Zverev. In 12 partite concluse al quinto set, il torello di Murcia ne ha portate a casa ben 11.

L’unica partita che ha perduto al quinto è stata due anni e mezzo fa, con il nostro Berrettini all’Australian Open del 2022. E fu persa soltanto al tiebreak finale (per 7 punti a 5). Però sono passati due anni e mezzo…

Fra quelle vinte ce n’è una sola che ha richiesto un long-set  nella frazione decisiva: ed è quella vinta al tiebreak con Tsitsipas all’US Open 2020, quando Carlitos non aveva ancora 17 anni e mezzo. Tutti gli altri quinti set li ha vinti senza mai correre veri rischi. Nei suoi score non ci sono altri 7-6, né 7-5: ben 6 set decisivi li ha vinti facendo il doppio dei game dei suoi avversari, 6-3; altri 4 li ha vinti per 6-4; uno, infine, è stato un 6-0.

Due di quegli undici successi al quinto set li ha ottenuti – purtroppo – a spese del nostro Sinner, all’US Open quando gli annullò un matchpoint nel quarto set e il quinto lo vinse 6-3 e poi qui, di nuovo 6-3 al quinto. Sempre match oltre le 4 ore. Come del resto è stata la durata di questa finale del Roland Garros: 4 ore e 19 minuti

Dove Carlitos, ottavo spagnolo a trionfare a Parigi,  trovi, dopo maratone di intensità straordinaria, quasi mai meno di 4 ore e in match che sono chiaramente di grandissima importanza – non lo sono tutte quelle degli Slam? – tutte quelle energie per giocare così bene, sempre con una lucidità tattica impressionante e crescente nel corso di una battaglia per un ragazzo così giovane, con una frequenza pazzesca, mettendo in campo colpi da fantascienza, sia quelli decisamente esplosivi, sia quelli di tocco, proprio come ha fatto nell’ultima ora e mezzo di gioco contro Zverev, davvero io non so.

E’ stato sempre molto intenso anche il tennis di Rafa, ma a 21 anni non era davvero così completo, così vario.

Zverev in finale giocava bene, era determinato e aggressivo, né più né meno di come era stato contro Rafa Nadal due anni fa e pure quest’anno. E al campione degli ultimi Internazionali d’Italia non mancava davvero la fiducia, il morale, soprattutto dopo essere passato a condurre nel punteggio: due set a uno per lui e dopo aver rimontato da un 2 a 5 che pareva già una mezza sentenza.

Eppure nelle ultime due manche, Carlitos ha seppellito Zverev di vincenti, da tutte le parti, fucilate di dritto, rovesci ora fortissimi, ora liftati e lunghi per spingere lontano dietro la riga di fondo e poi sorprenderlo con drop-shot assassini. Ci sono stati tantissimi altri punti molto lottati, i due set finali – nonostante il netto punteggio di entrambi – sono stati molto più elettrizzanti dei primi, molti più bei colpi e scambi feroci. Anche se alla fine i game li faceva quasi sempre lo spagnolo. Negli ultimi due set, gli ha lasciato soltanto tre game! Ma non si aveva la sensazione che ormai il match fosse deciso. Anche se Zverev avrebbe poi confessato di “non sentirsi più forza nelle gambe. Strano, di solito io non mi stanco, non accuso crampi…Chissà forse dovrò rivedere un po’ la mia preparazione atletica”

Zverev ha un solo piccolo alibi per quanto riguarda il quinto set: un errore arbitrale sulla seconda delle tre pallebreak che si era conquistato per raggiungere il 2 pari nel game successivo al break patito. “Trovarsi sul 2 pari al quinto anziché sull’1-3 poteva fare anche una certa differenza” ha detto il tedesco n.4 del mondo, comprensibilmente abbattuto dopo la seconda finale di Slam perduta e dopo che in entrambe era stato avanti nel punteggio, 2 set a 0 con Thiem a New York 2020, 2 set a 1 questa domenica.

In questa finale ho fatto tutto quello che potevo. All’Us Open l’ho un po’ buttata via io…è una cosa un po’ diversa

Quando è venuto in conferenza stampa Alcaraz, intanto salito a n.2 del mondo scavalcando Djokovic e a 845 punti di distacco dal n.1 Jannik Sinner, non ho resistito all’idea di chiedergli:

-Come spieghi il fatto che arrivi qui, dici che non ti senti ben preparato e hai mancato di giocare tre tornei (Montecarlo, Madrid, Roma). Poi qui giochi e ogni volta che arrivi al quarto e al quinto set come oggi perdi in tutto solo 3 game. Di tutti i tuoi quinti set ne hai perso uno solo, e lo hai perso 7-6. Come lo spieghi. Dove trovi tutte queste energie quando arrivi ai game finali?

“Quando arrivo al quinto devo dare tutto quello che – e qui mi viene da chiosare: Carlitos ha più da dare di chiuqne altro, è evidente! – a lì che i top players danno il meglio di sé. Se voglio essere uno dei migliori tennisti del mondo devo fare qualcosa di extra in quei momenti, devo mostrare al mio avversario che sono fresco, come se giocassi il primo game del match. Quindi funziona bene se il mio avversario vede che mi muovo bene, che faccio bei colpi, che trovo buone soluzioni. E naturalmente l’aspetto mentale in quei momenti gioca una parte importante. Ecco perché ho successo nei quinti set, e devi avercelo se vuoi vincere gli slam”

Vinto lo US Open Carlitos si fece fare un piccolo tatuaggio dietro il gomito, vinto Wimbledon sulla caviglia destra. Per il post Roland Garros sarà la caviglia sinistra con la data di oggi e la Torre Eiffel.

Mah, se continua così e si mette sulle orme dei Fab Four – come età potrebbe farcela, come talento idem – rischia di tappezzarsi tutto il corpo, tipo Fedez. A me non piacerebbe, ma non tutti i gusti…sono alla vaniglia.

Avrei voluto chiedergli se si sentiva più tranquillo all’inizio del quinto set quando ha fronteggiato Sinner o piuttosto Zverev. Ma avendo già fatto una domanda non potevo fargliene un’altra. E poi penso anche che probabilmente non mi avrebbe risposto…per non mancare di rispetto a Zverev!

Mi sono spiegato? Per me è evidente che sia Sinner il suo vero più forte avversario.  D’altra parte è normale che sia così. Uno, Jannik, è il n.1 del mondo e proprio da oggi. L’altro – lui, Carlitos – è il n.2. Il computer che mette in conto ogni cosa degli ultimi 12 mesi… non si preoccupa di sapere se Sinner ha vinto un solo Slam e Alcaraz ne ha invece vinti già tre (quello dell’US Open per lui non conta, sono passati più di 12 mesi). Il computer ha pazienza. Aspetta. E probabilmente emetterà un nuovo verdetto dopo Wimbledon. Dove Carlitos deve difendere i 2.000 punti del trionfo di un anno fa mentre Jannik gli 800 della semifinale. I due duellanti si inseguiranno tutto l’anno. E chssà quante volte ancora si incontreranno.

Un consiglio per Jannik? Beh, se può eviti il quinto set. Il che non significa – mi tocca spiegarlo per certi lettori poco perspicaci che mi attribuiscono antipatie inesistenti per Jannik per il quale provo invece una vivissima simpatia e tantissima stima – che debba sforzarsi di perdere in tre o quattro.

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