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La crisi del tennis francese: un decennio senza 1000, un lustro senza top 10. Storia e prospettive-

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Domenica 10 agosto 2014. In Francia sono le 23:59 quando il rovescio di Roger Federer si spegne in mezzo alla rete. Dall’altro lato del campo Jo-Wilfried Tsonga guarda quasi incredulo il suo angolo dopo aver concluso la settimana più bella della sua carriera, forse della sua vita. A Toronto, dopo Djokovic agli ottavi e Murray ai quarti, anche Sua Maestà si inchina alle botte da orbi e al tennis probabilmente migliore della carriera di Jo. Una carriera che avrebbe potuto dare di più, che tanto aveva fatto sperare in Francia. Ma in quella calda sera d’agosto di ormai quasi 10 anni fa nessuno ci pensava, verteva tutto sui festeggiamenti. Anche perché nessuno avrebbe potuto pensare che l’alba dell’11 agosto avrebbe anche inaugurato il digiuno da 1000 più lungo (dal 1990 in poi) nella storia del tennis transalpino.

Siamo nel maggio 2024 e la bacheca ancora latita. Sono stati disputati 81 tornei 1000 da allora, e salvo due finali (Tsonga a Shanghai 2015, Monfils a Montecarlo 2016) non si è mossa una foglia. Non che negli Slam sia andata molto meglio, con tre semifinali (Roland Garros e Wimbledon 2015, US Open 2016) a raddrizzare parzialmente la barca. Ma un Major manca ormai da 41 anni…e non sembra neanche lontanamente vicino. Perché tra tutte queste mancanze, c’è forse un’assenza che più di altre dovrebbe far scattare un campanello d’allarme: l’ultima classifica con un francese in top 10 risale ormai al 28 settembre 2020, quando Monfils era numero 9. Una crisi nera per i cugini d’Oltralpe, le cui radici sono però profonde.

La grande illusione

I Quattro Moschettieri Lacoste, Brugnon, Borotra e Cochet appartengono alla preistoria, a un tennis troppo lontano. Ma nel primo decennio del 2000 dei ragazzini prodigio scomodarono importanti paragoni, diedero speranze a un’intera nazione di rispolverare fasti sfiorati con i vari Leconte e Forget, ma mai rinverditi fino ad arrivare al fulgore di Noah. Erano Gasquet, Tsonga, Monfils e Simon. Carriere lucenti: tutti in top 10, tutti qualificatisi almeno una volta alle Finals, ma il solo Jo, il meno francese di tutti (genitori originari dello Zaire, lui uomo da corsa e da lotta nato a Le Mans) ma il più amato dalle folle, è stato capace di raggiungere una finale Major e di vincere tornei importanti. I suoi 1000 infatti sono 2, si affermò anche a Bercy nel 2008, interrompendo un digiuno che durava da esattamente 7 anni e 61 tornei, dalla vittoria nella capitale francese di Sebastien Grosjean.

Dunque, escludendo gli exploit di Tsonga, si può tranquillamente parlare di un tennis francese incapace di vincere titoli 1000 da quasi 23 anni, vale a dire 193 tornei. Perché, salvo qualche finale e bella vittoria sparsa qua e là, la generazione delle promesse si è spesso sciolta come neve al sole. E lasciato tanti rimorsi, tante porte su quello che sarebbe potuto essere e non è mai stato. Molti sono combattuti sul peccato più grande, ma tra tutti forse le promesse migliori le aveva lasciate intendere Gasquet. Il più bello, il più elegante…e quello che non è mai andato oltre il n.7 al mondo. Monfils e Simon si sono spinti fino alla sesta piazza, Tsonga ha anche timbrato una presenza in top 5. Ma, al netto di tutto, hanno tirato la carretta, a livelli di eccellenza, per anni. Ma senza la garanzia di un adeguato ricambio generazionale.

Speranze e sogni

In questi anni di vacche magre la prima fiamma a riaccendere un po’ di entusiasmo nel tennis francese è stata quella di Ugo Humbert, protagonista di un grande inizio di 2024 e capace di arrampicarsi fino ai primi 15. E il fatto che un risultato del genere in termini di ranking, non banale ma neanche così eccezionale, abbia suscitato un certo scalpore dovrebbe di per sé far riflettere. La realtà è che, tra i fulmini a fine carriera di Adrian Mannarino e questa improvvisa crescita del mancino di Metz, i francesi hanno avuto modo di rifiatare in attesa dell’ultima grande speranza, che ad oggi risiede in Arthur Fils (fresco vincitore del Challenger 125 di Bordeaux).

Perché la grande differenza rispetto ad altri lunghi digiuni 1000 (più di 8 anni tra Bercy ’91 e Montecarlo 2000 ad esempio) è la difficoltà ad esprimere giocatori di qualità, che comunque siano capaci di portare a casa con continuità grandi risultati anche non vincendo. Cosa che invece in passato non si verificava, e i giovani sembravano davvero promettere faville sin da subito. Poi non sempre attese, ma nello sport come nella vita tracciare una direzione non sempre è facile né dà certezza di riuscita. E perciò anche Fils, classe 2004, è una speranza che però potrebbe rivelarsi presto vana. O, peggio, farsi schiacciare dalle aspettative. Si tratta di un super atleta, dotato del “physique du role”, ma che ha ancora tanti limiti tecnici e tattici. Ma, insieme a un Humbert capace di tenere i livelli mostrati finora, e perché no a Van Assche, è l’unico faro per uscire da questa lunga notte che sta angustiando i Pirenei.

Impossibile non è francese

Con questo epocale proverbio d’Oltralpe ci avviamo alla conclusione. Storicamente la Francia ha sempre avuto grande tradizione sportiva, e se il calcio e tanti altri sport sfornano talenti con estrema facilità quasi di continuo, ora è il periodo difficile per le racchette. Una situazione “ribaltata” rispetto a quella italiana, con il nostro Paese che ad oggi sta vivendo un’epoca d’oro alla quale ci stiamo già abituando quasi dimenticando il passato, i giorni in cui un ottavo Slam era il massimo a cui si potesse ambire. Ma va ricordato che tra l’introduzione dei 1000 e il primo a portare la firma azzurra, il trionfo di Fognini a Montecarlo 2019, sono passati 29 anni e ben 263 tornei. Poi venne la Volpe dal Trentino e la storia prese un’altra direzione.

Ciò può voler dire tutto e niente, ma di certo ben esplica quanto uno sport come il tennis proceda per ondate, tra improvvise accelerazioni e brusche cadute, tra sogni infranti ed eroi inattesi. In fin dei conti in quell’assolato agosto canadese di 10 anni fa Tsonga non arrivava con chissà che favori del pronostico, eppure tornò a casa con il trofeo. Così come gli accadde in quell’autunno che sempre più si perde tra i ricordi a Bercy nel 2008, prode gladiatore di un’arena in calore. E i giovani di buone speranze, così come lo erano Jo, Gael, Richard e Gilles vent’anni fa, ci sono, e potrebbero esplodere da un momento all’altro. Le Olimpiadi le giocheranno in casa, Humbert anche con buone chance di farlo da testa di serie. E potrebbe anche esserci spazio per gli ultimi scampoli di Monfils.

Perché, dopo un digiuno così lungo, solo un banchetto ricco e nelle sale più sfarzose potrebbe veramente dare soddisfazione a un pubblico esigente, abituato a livelli alti, come il francese. E soprattutto i giovani, come il passato prossimo ci insegna, devono esplodere e salire alla ribalta presto, o quantomeno il prima possibile. Per evitare di passare dal “troppo presto” al “troppo tardi.

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