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Roma: questi Masters 1000 “allungati” a 12 giorni non mi persuadono. Sarà solo “colpa” di Djokovic, Nadal, Sinner e Alcaraz? Zverev salverà il torneo?-

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Ma siamo proprio sicuri che questi Masters 1000 che durano quasi due settimane – e starei per scrivere…che si TRASCINANO per quasi due settimane – siano tornei più interessanti di quelli che duravano una settimana?

Io non ne sono per nulla sicuro. A me paiono invece, anziché eventi premium che avrebbero dovuto far crescere di prestigio i Masters 1000, essere diventati eventi piuttosto noiosi. Con match rarefatti…per allungare il brodo. Ma i brodini tutti i giorni stufano.

Forse l’ATP e la WTA che hanno presentato queste novità “allungate” come delle gran conquiste, non si sono ancora accorti che stanno facendo flop. Hanno probabilmente fatto felici gli organizzatori di questi Masters 1000 (ma non degli altri tornei strozzati nel mezzo…), perché con più giorni di gare ovviamente vendono più biglietti e aumentano gli incassi, e si possono sbandierare un record dopo l’altro, di spettatori e di botteghino. Soprattutto con i prezzi sempre in (forte) crescita.

Ma non è che la finale di Montecarlo Tsitsipas-Ruud o di Madrid Rublev-Aliassime abbiano sollevato entusiasmi epocali.  Anche perché alla stragrande maggioranza della gente, vincesse il greco o il norvegese, il russo o il canadese, fregava ben poco.

 E a Roma 3 semifinalisti su 4, Tabilo n.32, Jarry n.24 e Paul n.16 non sono top 15, ci si deve augurare che il torneo lo vinca Sasha Zverev.

Negli Slam è diversoLo status di Major, per storia e tradizione, non si discute. Come l’impegno dei tennisti.

Intanto i match maschili (non quelli femminili naturalmente) si giocano sulla distanza dei tre set su cinque. Quindi il giorno di riposo fra un turno e l’altro è certamente più giustificato. E chi vince uno Slam, uomini e donne, deve vincere nell’arco delle due settimane sette incontri, non soltanto sei.

In questi 1000 infatti trionfa chi ne vince 6, perché il primo è un bye, e il tabellone non è da 128 tennisti ma da 96. Quindi le occasioni per vedere i big sono minori e più diluite nel tempo.

A chi viene un solo giorno al Foro Italico capita di vedere i tennisti di una metà tabellone, ma non di quell’altra.

Fino a due anni fa non era così. Così come a Wimbledon – prima dell’apertura del Middle Sunday – il lunedì della seconda settimana era soprannominato Manic Monday perché si giocavano tutti gli ottavi di finale, uomini e donne, e ora non c’è più perché essi vengono spalmati in due giorni, adesso dal mercoledì in poi a Roma si vedono al massimo un paio di incontri di singolare (uno maschile e uno femminile) nella sessione pomeridiana e altri due (idem come sopra) in quella serale.

Se un paio di quei 4 incontri sono deludenti, e magari sfortuna vuole che capitino nella stessa sessione di gioco, come è successo mercoledì con Sabalenka che ha dominato Ostapenko e con Tabilo che ha sconfitto Zhang in un match tecnicamente assai mediocre (che sarebbe stato un primo o un secondo turno in uno Slam), accade che alle 16,30 il campo centrale possa aver già esaurito il suo (costoso) spettacolo.

Ergo… non resta come opzione che passeggiare per il Foro Italico o far la fila per entrare, infilandosi fra decine di migliaia di possessori di biglietti ground, nel Pietrangeli, il campo delle statue e dei sogni.

Tutto ciò oggi procura grandi incassi, evviva!, e chissà come è contenta FITPma alla lunga non si rivelerà un boomerang?

Guardate che io non me lo auguro, Dio me ne guardi, però lo temo. Perché a furia di scontentare i propri clienti – il rischio c’è con programmi così costosi e risicati– poi si finisce per allontanarli se il portafogli piange e non si è conquistata con una serie di servizi eccellenti la loro simpatia.

Gli stessi top-players, oltretutto, non sembrano entusiasti di quella che ATP e WTA avevano presentato loro come una grande conquista: per loro sarebbe meglio restare “sul pezzo” per una sola settimana, sia pure magari più densa e concitata, che doversi trattenere per due settimane in una città straniera senza potersi riposare davvero, perché fra un turno e l’altro, una partita e l’altra, occorre comunque continuare ad allenarsi, sul campo come in palestra.

Di fatto i giocatori che arrivano alle fasi finali di un torneo hanno perso una settimana di…meritato riposo o recupero atletico. Prima potevano giocare due Masters 1000 e saltare la settimana in mezzo se si fosse trovato in calendario il modo di evitare i Masters “back to back”. Ora non è più possibile.

Va detto che io potrei essere influenzato negativamente, nell’esprimere queste mie opinioni critiche su questa novità dei Masters 1000 più lunghi degli ultimi due anni, dal fatto che a Roma molte cose sono girate sfortunatamente male, tranne che per il tempo (caldo pesante a parte), visto che la pioggia, dopo i primissimi giorni, ha risparmiato il torneo.

Infatti sono ahinoi “saltati” tutti gli italiani più attesi (Sinner e Berrettini) o prima di cominciare o subito dopo aver cominciato (Musetti, Sonego, Paolini e tutte le ragazze), o dopo un solo paio di turni (Arnaldi, Nardi, Fognini). Ci siamo dovuti “attaccare” a Darderi, Passaro e Napolitano, in un torneo in cui i primi “campioni” eredi dei Fab Four, Sinner e Alcaraz, ambassador della new-generation, erano malauguratamente assenti. E lo spagnolo lo è stato anche a Montecarlo e a Madrid, mentre Sinner si è ritirato a Madrid…dopo essersi fatto male a Montecarlo. E si sarà sicuramente pentito di aver giocato Madrid anche se non lo dirà mai.

Nessuno tennista azzurro in gara agli ottavi degli Internazionali d’Italia  ha significato per il pubblico più…patriota (gli eredi di Monsieur Chauvin…che fanno un tifo calcistico spesso deprecabile) una sofferta agonia di 6 giorni, da martedì a domenica, senza alcun azzurro per il quale poter tifare, salvo che per Bolelli-Vavassori (attesi in semifinale da Arevalo-Pavic) e Paolini-Errani (oggi alle prese con Dolehide-Krawczyc che, non ci crederete, sono due americane)…alla riscoperta del doppio. Una piccola sofferenza, diciamolo.

Colpa anche, si fa per dire, dei due superstiti jurassici dei Fab Four, Nadal e Djokovic, due reduci che hanno più o meno improvvisamente accusato il peso dei malanni, degli anni (lo spagnolo) e della carenza di motivazioni (il serbo), sbattuti subito fuori del torneo quando ancora mancava più di una settimana alla fine di questo evento allungato a dismisura.

I Fab Four, o anche Fab Three, che arrivavano sempre in fondo, davano grande soddisfazione agli spettatori che avevano acquistato in prevendita, mesi prima, i biglietti e facevano dimenticare il caro prezzi.

Ma non ci sono praticamente più. Se reggeranno ancora qualche mese sarà…grasso che cola. E chi si è dato da fare per acquistare a scatola chiusa biglietti in prevendita, senza poter prevedere nulla, neppure quale metà tabellone sarebbe stata programmata un giorno oppure l’altro, probabilmente in futuro sarà più accorto, più prudente nell’esporsi.  

E il loro ricambio? Avrebbero dovuto rappresentarlo Alcaraz e Sinner, e anche…Sinner e Alcaraz!, ma nessun altro, perché come ha detto l’altro giorno Sasha Zverev, i tennisti della generazione di mezzo – lui, Tsitsipas, Medvedev,Rublev, Hurkacz, Fritz, Khachanov – non hanno avuto la possibilità di diventare vere star, veri “personaggi” capaci di vendere biglietti al botteghino. Perché hanno vinto poco o nulla.

Quando si sono incontrati fra loro e per colpa dei Fab che divoravano titoli, finali e semifinali, si sono scontrati in ottavi oppure nei quarti, al massimo forse in una semifinale, non potevano mai arrivare a disputare epiche finali come quelle giocate dai Fab 4.

Quindi i loro duelli, magari anche tecnicamente validissimi, come ad esempio è stato certamente l’eccellente quarto di finale di ieri notte fra Tsitsipas e Jarry, la partita del torneo, non hanno mai fatto – né probabilmente faranno – la storia del tennis. La gente, gli appassionati, ricordano le grandi finali, ma a malapena chi ha vinto le varie sfide giocate in semifinale o nei quarti.

 Mentre, a contrario, le sfide “FEDAL” molti aficionados le hanno mandate a memoria. Erano, peraltro, quai sempre finali dal 2005 in poi.

Invece l’altro giorno quando in sala stampa ho chiesto se qualcuno ricordava il bilancio dei confronti diretti fra Zverev e Fritz – e l’ho chiesto quindi fra addetti ai lavori, figurarsi se l’avessi chiesto al grande pubblico… – non c’era quasi nessuno che sapesse che si erano affrontati 7 volte.

 E che Tsitsipas avesse perduto 2 a 3 con Jarry, di nuovo, era anch’esso quasi un dato ignoto, sconosciuto. Ora il greco, che è stato avanti di un break nel terzo zet – 1 a 0 – e si era fatto annullare 5 pallebreak su 5 nel secondo set, con il cileno ha finito per perderci 4 volte.

Confesso, che proprio coerentemente con quanto scritto fin qui, speravo di assistere a una finale di maggior prestigio per l’albo d’oro del torneo, e cioè a una finale  Zverev-Tsitsipas.

Adesso – quando potrebbe capitare anche una finale tutta cilena, Jarry-Tabilo che farebbe audience solo in Cile! Due cileni in semifinale contemporanea non ci sono mai stati a Roma (anche se Gonzales Mano di Pietra c’è stato tre volte, Massu una e Rios ha addirittura vinto il torneo) – conto che possa iscrivere nuovamente il proprio nome nell’albo d’oro del torneo Sasha Zverev, campione qui nel 2017, finalista nel 2018 e con un background di best ranking ATP da n.2.

Alla fine, e quindi questo è il succo del discorso, capita che se gioca Tabilo contro Zhang, o Paul con Hurkacz, o questo venerdì Jarry con Paul (il cileno ha vinto l’unico precedente nel 2023 al secondo turno del Roland Garros con l’americano 3-6,6-1,6-4,7-5…un amico spiritoso mi ha scritto trattarsi di un cartoon, Tom&Jarry!) che vinca uno piuttosto che l’altro, purtroppo non interessa granchè a troppa gente, perfino neppure ai lettori super preparati e tennisticamente colti e aggiornati di un sito tennistico come Ubitennis. Figurarsi a quelli di un giornale politico o, sia pure sportivo che divide le sue pagine fra 40 sport. Credo che tutto ciò valga anche per i telespettatori di una tv, anche quando Sky è…la casa del tennis. Resta indifferente chi vinca.

Sugli spalti, davanti ai teleschermi, non c’è davvero quella partecipazione che ci sarebbe stata se avessero giocato Nadal e Djokovic, Sinner o Alcaraz. Loro sono “role-model”, starInvece i tennisti della mid-generation, loro malgrado, non lo sono. Vinca o perda un Rublev, un Ruud, un Hurkacz, ma anche un Paul o un Jarry, frega (purtroppo) il giusto. E lo scrivo a malincuore.

Allora, in conclusione, se ci fossero in programma almeno 8 incontri al giorno invece di 4 – come quando il torneo era concentrato in 7 o 8 giorni – allora sarebbe molto più probabile che almeno un paio di essi risultassero spettacolari, se non proprio memorabili. Match, quindi, meritevoli di una cronaca più dettagliata, di un resoconto delle successive interviste più interessante per chi avesse seguito quegli incontri, o anche per chi ne avesse avuto soltanto notizia.

Mi piacerebbe sapere se i lettori di questo editoriale la pensano come me oppure no. Commentate pure e…datemi torto!

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