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La Davis secondo Volandri (Cocchi). La Davis al Canada. L’Italia si consola con il pass per il 2023 (Piccardi). L’intervista a Paolo Bertolucci:”Dai Italia, la Davis sarà tua” (Martucci). Trionfa il Canada. E il tennis multietnico (Azzolini)-

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La Davis secondo Volandri (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

Il lavoro per la Davis 2023 è già cominciato, o meglio, il lavoro non si ferma mai. Da quando ho preso in mano la Nazionale sono abituato a lavorare in emergenza, ed è ovvio che avere le prime punte a disposizione è sempre meglio. Berrettini dovrebbe aver pagato il suo pegno alla sfortuna e comunque si è messo a disposizione anche se non era allenato ed era appena guarito dal problema al piede sinistro. Lui è prezioso sia a livello umano sia di esperienza. Anche quando non poteva giocare, ci ha fatto sentire la sua vicinanza, ha dato spunti importanti nella preparazione dei match e ha dato tutto in doppio pur non essendo ancora al cento per cento. Per l’Italia è imprescindibile. Anche Sinner ha dovuto rinunciare a Malaga per un acciacco, e mi è dispiaciuto sentire critiche nei suoi confronti. Ho parlato a lungo con Vagnozzi e il futuro azzurro di Sinner non è in discussione. Jannik si è messo a disposizione a febbraio nel preliminare nonostante stesse vivendo un periodo molto difficile. Aveva appena lasciato lo storico tecnico e aveva tutti gli occhi addosso. A Bologna si è unito subito dopo la dolorosa sconfitta con Alcaraz a New York. Dire che non è attaccato alla maglia azzurro è davvero ingeneroso. Il vero problema che ci troviamo ad affrontare un calendario davvero molto molto pieno di appuntamenti.

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Ripartire direttamente da settembre, saltando il preliminare di febbraio, ha due facce come ogni medaglia: il lato positivo è che se avessimo dei giocatori che arrivano alle fasi finali dell’Australian Open rischieremmo di non averli per il playoff, ma dall’altra parte è un’occasione in meno di stare insieme e fare gruppo, che è un po’ il mio chiodo fisso. Ho impostato cosi il lavoro da quando ero direttore tecnico del settore maschile e continuo anche ora che sono capitano, penso che avere un contatto costante permetta di avere sempre considerazione e rispetto delle necessità degli uni e degli altri. Sono molto fortunato, perche il meccanismo funziona e ogni volta che chiedo qualcosa ognuno di loro fa tutto il possibile per accontentarmi.

[…] Bolelli e Fognini restano il punto di riferimento come coppia, ma dovremo provare anche altre alternative per fronteggiare eventuali emergenze che purtroppo abbiamo visto possono sempre capitare. La scelta di far giocare Matteo con Fabio è stata dettata dall’infortunio di Simone, uno che io mi porterei in squadra fino a cinquant’anni e che nei quarti a mio avviso è stato il migliore in campo. Anche in questo caso ho sentito dire che avrei fatto giocare Matteo per un capriccio, ma solo un folle dividerebbe una coppia come Bolelli e Fognini dopo che erano anche galvanizzati dalla vittoria decisiva contro gli Usa.

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Stiamo lavorando anche sul ricambio, sul circuito prendiamo wild card anche In doppio per far fare esperienza ai più giovani. Questo percorso alla rincorsa della Davis è un progetto a lungo termine, abbiamo appena cominciato.

La Davis al Canada. L’Italia si consola con il pass per il 2023 (Gaia Piccardi, Corriere della Sera)

Il Canada eliminato 4-0 nelle qualificazioni dall’Olanda e riammesso con wild card dopo lo scoppio della guerra e l’esclusione della Russia campionessa in carica conquista la Davis a Malaga (2-0 all’Australia in finale): prendiamo atto che la nuova coppa, tra le storture assortite (giocare due set su tre è un altro sport), prevede che una squadra ripescata possa entrare nell’albo d’oro. Per il Canada, trascinato dal talento di Auger-Aliassime (6-3, 6-4 a De Minaur) e dalla buona vena mancina di Shapovalov (6-2, 6-4 a Kokkinakis), è la prima volta in 109 anni di storia: ad ammirare i nuovi campioni ieri in tribuna c’era anche Novak Djokovic che sverna a Marbella, a 60 km da qui. La buona notizia è la wild card con cui è stata premiata la semifinale dell’Italia, sconfitta sabato al doppio decisivo proprio dal Canada: l’anno prossimo la compagnia dei celestini disputerà direttamente la fase a gironi (11-17 settembre, confermata Bologna come sede) senza passare dai preliminari di febbraio. Significa avere dieci mesi per provare a costruire una (non facile) alternativa alla coppia veterana, Fognini-Bolelli, 72 anni in due: Fabio ha borbottato che questa potrebbe essere stata la sua ultima apparizione in azzurro («Escludo: lo avremo con noi anche nel 2023» è intervenuto deciso Berrettini con piglio da leader), Simone a 37 anni è più spesso acciaccato che sano. In una formula che assegna al doppio il 50% dell’importanza sul risultato è impensabile non avere un duo di specialisti (o perlomeno uno), a meno che il c.t. Volandri non pensi di vincere sempre 2-0 grazie ai singolaristi titolari: Sinner e . Berrettini. Certo se sani, abili e arruolati.

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La Nazionale è ripartita da Malaga, insomma, con buone indicazioni per il futuro ma anche con una lista di compiti da fare a casa. Grazie al piazzamento in semifinale l’Italia è di nuovo tra i quattro Paesi più forti al mondo, con la Croazia (peraltro battuta a Bologna nel girone) migliore squadra d’Europa per la prima volta dal lontano 1979. Un trionfo (1976), sei finali perdute, 11 semifinali (di cui 6 interzona con l’antica formula) inclusa quella di Malaga sono un bagaglio importante.

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L’intervista a Paolo Bertolucci: “Dai Italia, la Davis sarà tua” (Vincenzo Martucci, Il Messaggero)

Paolo Bertolucci, l’Italia di Davis ha perso, di poco, al doppio di spareggio col Canada in semifinale, ma ha perso: che cosa si porta via da Malaga con la prima semifinale dopo 8 anni e le due imprese di Sonego? La Coppa resta un sogno unico, come il trionfo del 1976. «Abbiamo un ottimo gruppo. Abbiamo 4 singolaristi di livello e, accanto a Fognini, oltre a Bolelli, anche altre due opzioni di doppio con Berrettini e Sonego. Ce la giochiamo con tutti. Siamo fra le 4 più forti e l’anno prossimo con un pizzico di fortuna e meno infortuni possiamo rivincere la Coppa. Che non dobbiamo chiamare più Davis, però. Questa si vive in un giorno solo, tutta di un fiato, è un’altra cosa dall’altra, quella con 5 partite al meglio di 5 set».

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Sonego è stato eroico. «È stato bravissimo con Tifano e • mi ha proprio esaltato contro Shapovalov: sembrava giocasse uno di quei match mitici che si raccontano negli anni, quelli che ti tolgono il sangue. Non ho perso un “15”. E’ stata una partita folle di quelle che o ti danno lo sprint o ti stendono». Lei è stato sia giocatore che capitano di Davis. Avrebbe fatto giocare Berrettini in doppio? «Se è stato il giocatore a dire che stava male, anch’io poi avrei chiesto a Fognini con chi avrebbe preferito far coppia. Anche se, sinceramente, sarei andato prima da Sonego e gli avrei chiesto un sacrificio: era distrutto ma era anche in uno stato di esaltazione tale che avrebbe fatto un altro partitone. Penso che Volandri abbia anche pensato al giorno dopo, alla finale, a preservare Lorenzo. Io me ne sarei fregato, domani è un altro giorno, avrei cominciato a vincere la semifinale». Berrettini ha sbagliato a giocare? «Ognuno è fatto in un modo: si vede che ci tiene molto alla nazionale sia fuori che dentro del campo. Ma alla sua età e con la sua caratura deve essere in grado di capire se può o non può giocare, sempre per il bene della squadra. Saper valutare se non è meglio che giochi un altro al posto proprio è accettare la realtà e anche avere umiltà». Ha sbagliato Sinner a non imitare Berrettini e seguire la squadra a Malaga pur non potendo giocare? «Secondo me sì, io l’avrei fatto. Ma sono scelte molto personali e ognuno risponde delle proprie azioni. Avrebbe dato un’ulteriore dimostrazione di vicinanza ai compagni. Non sarebbe stato un grosso sacrificio, si poteva portare dietro il preparatore atletico, non avrebbe perso tanto». Non sono troppi questi infortuni degli azzurri? «A fine stagione i giocatori devono ora valutare all’interno del proprio team se erano evitabili o meno. Con questo tennis sempre più fisico e violento, coi campi sempre più duri, passando continuamente da una situazione ambientale all’altra, dal caldo al freddo, i giocatori si fanno sempre più male. Guarda anche Zverev ed Alcaraz

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Trionfa il Canada. E il tennis multietnico (Daniele Azzolini, Tuttosport)

È la finale di Coppa Davis e in campo ci sono Il Canada e l’Australia ma anche il Togo, la Grecia, la Russia, Israele, e pure l’Ecuador e la Spagna. Vince il Canada, quasi a mani basse, ed è la prima Davis per il Paese con la foglia di acero. Auger Aliasalme dal Togo, Shapovalov israeliano e russo, capitan Dancevic serbo, Pospisil il doppista ceco e le riserve Galarneau e Diallo si stringono in un laocoontico abbraccio al centro del campo. Rappresentano un unico Paese e sette culture differenti.

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Comincia Denis Shapovalov che finalmente può dare un senso a questa sua partecipazione – finora scombussolata da sfondoni e sconfitte – cesellando un bel match sulle precarie smnanacciate difensive diThanasi Kokkinakis. Denis è di famiglia russa ucraina, nato a TelAviv durante il lungo viaggio che da Mosca condusse i coniugi Viktor e Tessa a Toronto. La mamma, tennista per l’Unione Sovietica, cresciuta negli anni Duemila, sempre consentendogli di esprimersi con la racchetta secondo gli estri del momento, fuori da ogni schema o assillo tattico.

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Kokkinakis viene da una famiglia greca oggi ramificata ad Adelaide (come Kyrgios, anche lui greco, ma di madre malese). Il Canada è avanti uno a zero quasi senza colpo ferire. Serve un punto, e viene dal Togo. Sam Aliassime, il padre di Felix, si è diviso fra calcio e tennis negli anni trascorsi a Lamé, ma è diventato coach in Canada, dove si trasferisce ancora molto giovane. Conobbe Marie Auger, franco-canadese, la sposa. Il tennis piaceva anche a lei,

[…]

C’era un particolare, che papà Sarn trovava interessante, essendo cresciuto in un Paese in cui le religioni animistiche hanno ancora un seguito. ll figlio era nato l’8 agosto, lo stesso giorno di Federer, 19 anni dopo. Le premesse sembravano buone. Così, Felix è cresciuto con una missione precisa. Diventare tennista. C’a è riuscito e non è stato facile. Nel 2018 subì un intervento al cuore, per liberarlo di un nervo che ne ostruiva la funzionalità, ma dopo due mesi era di nuovo in campo. Da due anni ha chiesto a Toni Nadal di portarlo alla completa maturità. E l o zio di Rafa l’ha già consegnato alla Top Ten, numero sei, grazie alle quattro vittorie ottenute quest’anno (Rotterdam, Firenze, Anversa e Basilea}. Lo step successivo era la Davis, ed eccola qui. Felix ha spianato Alex De Minaur, papà ecuadoregno e madre spagnola, ma nato a Sydney per buona sorte del tennis australiano. De Minaur piace tanto a Hewitt. Come lui ha tanta velocità nelle gambe e colpi che non fanno male come quelli di Auger-Aliassime. L’ultimo singolare di questa edizione della Davis ha vissuto proprio di questo, l’impossibilità da parte di De Minaur (si fa chiamare Demon, però) di aprire varchi nel palleggio del canadese. Era un match scontato, solo difendendosi non si vince in questo tennis. De Minaur ha avuto otto palle break e non è riuscita a sfruttarne manco mezza. Aliassíme ne ha avute due e su quelle ha vinto il match. E la Coppa… Il Canada è la sedicesima nazione a firmare l’albo dei successi in Davis. La vittoria sull’Italia in semifinale, offre agli azzurri un posto sul podio. Di fatto, sono terzi. Con merito… E un bel po’ di sfortuna. Gli infortuni di Berrettini, Sinner e l’ultimo, di Bolelli, hanno complicato un percorso che forse, can la nazionale al completo, sarebbe proseguito speditamente fino alla vittoria.

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Musetti era apparso già in tono minore contro Auger-Aliassime, e provarlo in doppio sarebbe stato un azzardo. II rimpianto vero è l’infortunio di Bolelli. Con Simone in campo è probabile che il punto del doppio sarebbe stato nostro. La Davis chiude con un buon risultato di pubblico, ma lascia aperte infinite perplessità sul format. La finale, chiusa in due singolari e quattro set, ha offerto lo spettacolo più modesto dell’intera settimana. E i doppi, con i loro protagonisti in buona parte sconosciuti, sono troppo importanti nella definizione del risultato finale. Forse un format con quattro singolari e un doppio, anche sui tre set, risulterebbe più rappresentativo dei veri valori delle squadre. Ma quelli della Kosmos non ci sentono. E quelli della federazione internazionale hanno tre milioni di buoni motivi (in dollari) per non aiutarli ad aprire le orecchie.

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