Short Track, Pietro Sighel gemma azzurra. Talento puro, pronto a emozionare e… vincere!
Ci sono pochi atleti ancora in grado di emozionare davvero chi scrive. Pietro Sighel è fra loro, perché ha qualcosa in più rispetto a tanti altri. Non si tratta di un qualcosa di tangibile, bensì della capacità di scatenare sensazioni che solo lui è capace di suscitare. Perché quando lo si guarda pattinare, si realizza di essere di fronte a un talento puro, smisurato.
Il ventiseienne trentino ha una padronanza del pattino eccezionale, riesce a fare manovre che tanti altri non possono neppure concepire; e le fa con una naturalezza, con una fluidità, disarmanti. Un sorpasso teoricamente impossibile, lui talvolta lo fa sembrare ovvio, come se avesse appena bevuto un sorso d’acqua.
Ha anche una testa fuori dal comune, nel senso che al suo interno sono presenti meccanismi di logica psichica articolati. Per lui non conta solo ottenere un determinato risultato, è cruciale anche il “come” esso viene conseguito. Una complicazione in più, tutta interiore e che solo chi vive a sua volta può pienamente comprendere.
Le capacità dell’atleta non si discutono, si parla di chi è competitivo su tutte le distanze e si è già fregiato di medaglie iridate in ognuna di esse. Cionondimeno, talvolta il fato sa essere crudele. Avesse gareggiato in un’altra epoca, Sighel avrebbe potuto dominare. Al giorno d’oggi, invece, si trova a lottare in mezzo a un’autentica ‘Fossa dei Leoni’.
Il livello contemporaneo dello short-track maschile è altissimo. Ci si muove in una pletora di asiatici sparsi tra Corea e Cina, a cui si aggiungono i sempre agguerriti canadesi e qualche altro europeo d’assalto. Si arriva alla doppia cifra di atleti con l’ambizione e l’opportunità di primeggiare. Stiamo vivendo una sorta d’epoca d’oro della disciplina, perché una concentrazione di talenti impegnati contemporaneamente sul ghiaccio si è vista molto raramente in questo sport, forse mai.
Però è inutile recriminare, non porta da nessuna parte. Anzi, per uno come Pietro, ritrovarsi a competere in questo contesto è un valore aggiunto. Una motivazione e uno stimolo in più. Sapere che qualsiasi alloro verrà conseguito superando una concorrenza feroce, dovendo arrivare al limite delle proprie capacità, è una sorta di sigillo di qualità sul “come” si agguanta una medaglia.
Lo short-track è affascinante perché il confine tra “tutto” e “niente” è sottile quanto il filo della lama di un pattino. Sighel, quel pattino, lo sa far andare e gestire in maniera sopraffina. La speranza è di trovarlo quante più volte possibile dalla parte giusta del suddetto confine a febbraio 2026. Uno come lui, si merita solo il meglio.