Short Track, non esistono “seconde linee” nell’Italia femminile. Chiara Betti, Gloria Ioriatti e Arianna Sighel pronte al 2025-26
Dopo aver monograficamente parlato delle atlete mediaticamente più in vista del movimento femminile italiano dello short-track – ossia Elisa Confortola, Arianna Fontana e Martina Valcepina (citate in rigoroso ordine alfabetico) – è doveroso effettuare un passaggio anche sul resto della squadra, poiché vi sono almeno altre tre ragazze che meritano di essere citate e presentate.
Seguendo sempre l’ordine alfabetico, si parte da Chiara Betti. Trentina classe 2002 (dunque coetanea di Confortola), si è già messa in mostra a più riprese sui prediletti 500 metri e, soprattutto, rivelandosi una validissima staffettista. Dotata di un fisico impressionante, che nello short-track è sempre un punto di forza, sta progressivamente maturando e crescendo. Per lei, vale lo stesso discorso fatto per Confortola. L’orizzonte olimpico non si ferma a Milano Cortina, ma guarda alle Alpi francesi 2030.
Medesimo discorso per Gloria Ioriatti, di un paio di anni più navigata (nata nel 2000). Lombarda figlia d’arte, è maggiormente portata alle distanze più lunghe (sinora sono i 1.500 metri a rappresentare il terreno più fertile). Nel 2024-25 ha mostrato interessanti guizzi, soprattutto durante le staffette, denotano una maturazione e una evoluzione in termini di scaltrezza agonistica, dinamica fondamentale per emergere in una disciplina feroce come lo short-track, dove saper leggere la gara – muovendosi in modo giusto nel momento giusto – può fare la differenza in positivo.
Infine c’è Arianna Sighel, sorella maggiore di Pietro, essendo del 1996. Vanta già un cospicuo bagaglio in termini di esperienza e precedenti, poiché calca il ghiaccio delle arene internazionali da quasi un decennio. Altra valida atleta su cui il movimento tricolore può fare affidamento in vista di Milano Cortina 2026.
Confortola, Fontana, Valcepina, Betti, Ioriatti e Sighel. Sei cognomi, ma ai Giochi olimpici i posti femminili saranno al massimo cinque (raggiungere la quota massima fra le donne non dovrebbe essere un grosso problema). Una di queste dovrà fare da spettatrice. È un peccato, ma anche la dimostrazione di come la squadra azzurra sia davvero tale e vada ben oltre blasonate vedettes, trovandosi verosimilmente a gestire problemi di abbondanza.