Short track, dagli Europei di Dresda emerge la forza del collettivo azzurro. Soprattutto fra le donne, dove c’è una squadra di qualità
I Campionati Europei di short-track disputati a Dresda si sono risolti con un bilancio trionfale per l’Italia, ripartita dalla Germania con un bottino di ben 11 medaglie. Quattro gli ori, ottenuti da Pietro Sighel sui 1.000 metri e da Arianna Fontana sui 1.500, nonché dalle due staffette mono-sesso.
Proprio sulla squadra, sul collettivo, è doveroso porre l’accento. Guardando in particolar modo al settore femminile, dove si è verificata una dinamica che merita di essere sottolineata. Al di là dell’affermazione conseguita dalla già citata veterana valtellinese, che a dispetto dei suoi 34 anni dimostra di essere tutto fuorché appagata dai tanti allori conseguiti e/o logorata da quasi due decenni di gare col coltello tra i denti nei palaghiaccio di tutto il mondo, è rimarchevole quanto realizzato dal resto del gruppo.
Tutte le cinque atlete italiane convocate per gli Europei sono state in grado di mettersi al collo una medaglia a livello individuale. Difatti Elisa Confortola si è fregiata di due bronzi (1.000 e 1.500), Gloria Ioriatti e Arianna Sighel hanno apparigliato l’argento rispettivamente nei 1.000 e nei 500, mentre Chiara Betti ha acciuffato il bronzo sulla distanza più breve.
Insomma, c’è un movimento capace di farsi valere indipendentemente da chi è sulla cresta dell’onda da tre lustri abbondanti. Tanto più che due delle medagliate (Confortola e Betti) hanno visto la luce nel 2002 e una terza (Ioriatti) deve ancora compiere 25 anni. Lo short-track, come tante altre discipline, è cambiato e al giorno d’oggi si può essere competitivi/e anche in età più avanzate rispetto al passato. La parabola anagrafica è differente e magari si matura più tardi.
È difficile trovare la teenager capace di lasciare il segno. La stessa Xandra Velzeboer, unanimemente ritenuta una delle donne più dotate fra le nuove leve, ha cominciato a mietere successi dopo il 20° compleanno. A dimostrazione, appunto, di come sia evoluto il “panorama biologico”, se tale può essere definito.
Dunque è questo il verdetto più interessante legato all’Italia e agli Europei di Dresda. Vedere cinque atlete, di età compresa fra i 34 e i 22 anni, salire tutte sul podio nel contesto individuale è quanto di più rinfrancante ci possa essere nell’ottica di una diffusa qualità media, propedeutica a garantire prospettive future di altissimo livello al di là della qualità di una singola pattinatrice.