Rizzitelli: "L'addio alla Roma? Fu come morire calcisticamente, avrei giocato anche gratis"
RADIO ROMANISTA - Ruggiero Rizzitelli , ex attaccante della Roma , è l'ospite del terzo episodio di "S.R.Q.R - Sono Romanisti E Quasi Romani" il podcast dell'emittente radiofonica a tinte giallorosse. Tra i vari temi trattati si è soffermato anche sulla stagione 1989/90: “Lo stadio Flaminio era il nostro catino perché senza la pista d’atletica il nostro pubblico è devastante. Avvertivamo la presenza dei tifosi già dal riscaldamento ecco perché non vedo l’ora che la Roma abbia il suo stadio. Ricordo la paura degli avversari che venivano a giocare in un ambiente così caldo. Quando giocavamo in casa, noi non sentivamo la fatica. Auguro a qualsiasi calciatore di scendere in campo con la maglia della Roma in un impianto così”.
Radice? “Tutti sapevamo che Bianchi sarebbe arrivato nella stagione successiva, compreso Radice. Ma il mister si era talmente innamorato della Roma che a fine campionato non voleva firmare per nessun’altra società. Infatti, mentre ero in vacanza, mi chiamò il suo vice pregandomi di convincere Gigi a rassegnarsi all’idea”.
Il gol nel derby della stagione 1991/92? “Arrivai su quel pallone pensando a tutti i romanisti che non avrebbero meritato lo sfottò dei laziali e così riuscii a staccare di testa e a pareggiare. Le partite con la Lazio le giocavo anche durante il sonno, visto che nel letto mi capitava di dare gomitate o simulare le mezze rovesciate per la disperazione di mia moglie che andava a dormire in un’altra stanza”.
L'addio alla Roma? “Ebbi dei grandi problemi con Mazzone che su di me si era fatto un’idea sbagliata. Nel tempo ci siamo chiariti ma in quella stagione non c’era verso di avere un rapporto. Negli ultimi mesi, grazie all’intervento di Sensi, fui reintegrato in rosa e sfiorammo l’Uefa ma poi era impossibile proseguire insieme. Per me è stato come morire calcisticamente, ancora oggi mi fa male parlarne perché io avrei giocato per la Roma anche senza prendere una lira”.
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