DAZN e la presunta sassaiola: quando la TV confonde i fumogeni con l’odio e tradisce il giornalismo
C’è un confine sottile, ma sacro, tra informazione e suggestione. Ieri sera DAZN lo ha superato con leggerezza colpevole. Una sassaiola mai avvenuta, un pullman della Juventus mai colpito, vetri mai rotti: un episodio inventato di sana pianta, smentito da chi a Napoli governa l’ordine pubblico. Eppure raccontato, amplificato, reso verità televisiva.
Scambiare l’accensione di fumogeni con il lancio di sassi non è un errore veniale: è mistificazione. È la scorciatoia più pericolosa, quella che confonde il colore con la violenza, la passione con il vandalismo. Bastano pochi minuti di diretta per trasformare un’illazione in un’accusa e l’accusa in una condanna collettiva. Il resto lo fanno i social: la fake news diventa virale, i leoni da tastiera ruggiscono, e il solito razzismo antinapoletano trova terreno fertile.
Il giornalismo, quello vero, nasce dal dubbio e vive di verifiche. Qui, invece, si è scelto il rumore. Nessun controllo delle fonti, nessuna prudenza, nessuna rettifica tempestiva. E la responsabilità pesa il doppio quando a raccontare è una piattaforma che entra ogni sera nelle case di milioni di persone.
In questo scenario già desolante, spicca l’uscita di Adriano Panatta nello studio della Domenica Sportiva. Invece di aprire con una lettura tecnica della brillante vittoria del Napoli sulla Juventus — sul campo, non nelle fantasie — ha scelto di denunciare il “vergognoso episodio” della presunta sassaiola. Presunta, appunto. Un’accusa lanciata come un macigno, annuita coralmente in studio, senza una sola voce a chiedere: “Siamo sicuri?”. È così che si costruiscono i processi mediatici: per consenso pigro, per automatismo culturale, per pregiudizio che precede il fatto.
E mentre si predica moralità, le cosiddette “sgallettate” da studio sembrano più impegnate a offrirsi come contorno estetico che come presidio professionale. Un giornalismo che misura i centimetri di pelle esposta, ma non i centimetri di verità perduti. Sarebbe auspicabile che, invece di mostrare le gambe, si impegnassero a verificare le notizie: farebbe bene alla credibilità del mezzo e al rispetto dell’intelligenza di chi guarda.
Quando il giornalismo rinuncia alla cautela e al buon senso, non informa: avvelena.
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