Italia, ennesimo disastro: Gattuso chiede scusa, ma il vero problema è che non sa più nessuno cosa fare
“Chiediamo scusa ai tifosi”.
Lo dice Gattuso. Lo dice con la faccia onesta che ha sempre avuto, ma stavolta pesa come un macigno. Perché quattro gol presi in casa non sono un incidente di percorso: sono un promemoria scolpito a caratteri cubitali di dove siamo finiti.
Il c.t. prova a giustificare: primo tempo bene, secondo tempo male, braccino, distanze perse, il solito rosario. Bene. Apprezziamo la sincerità. Ma dopo la Moldavia mancata per un soffio (che già ci aveva fatto vergognare), ora arriva la conferma definitiva: la Nazionale è un cantiere senza progetto, senza capienza e senza muratori.
Filosofi da panchina: quando parlare sostituisce allenare
Gli allenatori moderni amano raccontare il calcio. Amarlo un po’ meno.
Passano più tempo a spiegare la loro filosofia che a capire perché la squadra vada giù come un castello di sabbia dopo la prima onda.
Non vogliamo appendere Gattuso al muro (non sarebbe elegante e poi lui i muri li sfonda), ma è evidente che stavolta la Federazione ha sbagliato stanza nella quale bussare.
A una Nazionale così fragile serviva un tecnico esperto, uno con le cicatrici e il curriculum da bucaniere.
Uno che non imita il tiki-taka malriuscito, né si innamora delle correnti esotiche del “calcio pensato”.
Tradotto: uno come Ranieri. Uno che, al posto delle teorie, porta soluzioni.
Da Moldavia a San Siro: la continuità del disastro
La cosa allarmante non è il risultato. È la continuità del fallimento.
Due prestazioni da censura in tre giorni indicano una sola cosa: la squadra è impermeabile a qualsiasi input. Non reagisce. Non si accende. Non si arrabbia. Non esiste.
È una Nazionale priva di spine dorsali e piena di spine irritanti.
Un gruppo che sembra aver scambiato la maglia azzurra per un pigiama leggero, utile giusto per prendere sonno.
Convocazioni da rifare: basta esperimenti, servono uomini veri
Sia chiaro: la Nazionale non è una scuola guida.
E non è nemmeno un talent show dove lanciare ragazzi con 12 presenze in Serie A e il peso di un Paese in crisi sulle spalle. Serve gente esperta, con minuti veri, partite europee, partite dure.
Qui non possiamo permetterci scommesse, illusioni o promesse.
Serve gente che sa cosa significa soffrire per la maglia e non soltanto postare fotine su Instagram.
E poi… il telecronista. Un sonnifero in cuffia
In tutto questo spettacolo deprimente, ci si mette anche la voce che dovrebbe accompagnare le emozioni.
E invece sembra un puatto sciapito, una telecronaca così piatta da sembrare ideata per conciliare il sonno dell’insonnia più resistente.
Per noi che ricordiamo Pizzul, Martellini, Carosio… è come passare dal vino buono al decaffeinato annacquato.
La Nazionale già di suo spegne ogni entusiasmo: se poi il telecronista ti accompagna verso il coma calcistico, la serata diventa un’esperienza mistica.
Di quelle che non racconterai ai nipoti.
Se mai li farai, dopo tutto questo.
Ora i sorteggi del 20 novembre: la speranza è diventata superstizione
Il prossimo appuntamento è il 20 novembre.
Svezia e Romania sono gli spauracchi.
E stavolta più che sperare servirebbe un esorcista.
Perché questa Italia non è solo in difficoltà: è un prodotto che nessuno comprerebbe più.
E più che chiedere scusa, bisognerebbe cominciare a cambiare tutto.
Dal c.t. al telecronista.
Dalla mentalità alla dignità.
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