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 Callejon a CN24: “Sogno di allenare il Napoli! Giocai gratis due mesi, proposi io il “taglio” a Insigne! Vi racconto Sarri, Benitez e Ancelotti”

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José María Callejón si ritira, a 38 anni, e lo fa raggiungendo Bratislava, per giocare l’ultima volta con Mertens e Hamsik, alla partita d’addio al calcio proprio di Marek. Un mix di emozioni forti. L’ex attaccante spagnolo del Napoli non si risparmia, né si trattiene, nella lunga intervista concessa ai microfoni di CalcioNapoli24 in cui racconta gli anni vissuti al Napoli, dopo la parentesi Real Madrid. E si emoziona, deve trattenere le lacrime, quando torna con la memoria alla Coppa Italia vinta con Gattuso, l’ultimo successo prima di lasciare la maglia azzurra. 7 anni di Napoli, 4 diversi allenatori ed un’infinità di momenti indelebili: Callejon si racconta in esclusiva ai microfoni di CalcioNapoli24 TV, nella prima intervista dopo il ritiro dal calcio giocato, realizzata da Manuel GuardasoleEcco il video:

Intervista a Callejon: il ricordo di Napoli a CalcioNapoli24

Questa l’intervista testuale di Josè Maria Callejon ai microfoni di CalcioNapoli24:

Josè, partiamo dalla fine: siamo a Bratislava per l’addio di Marek Hamsik, ma si ritira un altro pilastro del Napoli di De Laurentiis. Come sei arrivato a a questa scelta? E se pensi di aver ricevuto tutto dalla tua carriera, o c’è ancora qualche piccolo rimpianto? Sei in pace con te stesso, per la tua carriera?

“Me me ne vado dal calcio in pace con me stesso, come tu hai detto, perché questo mio ultimo anno a Marbella per me è stato bello. Mi sono divertito tanto con i compagni che ho avuto, erano quasi tutti più giovani di me, perché io sono vecchio e mi sono divertito un sacco e già avevo pensato, più o meno due-tre anni fa, di dire addio quest’anno e, come hai detto te, me ne vado in pace con me stesso e con il calcio, perché penso che ho dato tutto”.

Ripercorrendo rapidamente la tua carriera: tu arrivi al Napoli da un Real Madrid galattico davvero. Hai giocato con campioni del calibro di CR7, Benzema, Kakà, Modric, Di Maria, Ozil e veramente tanti altri, però trovavi comunque spazio. All’ultima stagione, quella 2012-13, hai fatto 41 presenze, 7 gol, 5 assist. Com’era giocare con quei campioni e quanta voglia avevi di dimostrare di meritare comunque spazio in quel Real?

“Per me è stato un sogno tornare al Real. Quando m’ha chiamato Mourinho, mi ha detto che dovevo ritornare perché mi aveva visto in qualche partita e gli ero piaciuto molto, io non ci credevo perché io ero stato nelle giovanili del Real per 8 anni: ho fatto tutta la cantera e per me è stato un sogno ritornare in prima squadra. E dopo la verità è che ho fatto due anni belli, giocando tante partite e facendo tanti gol, tanti assist, ma non è che giocavo con continuità, stavo quasi sempre in panchina perché lottare con questi campioni è molto difficile, o quasi impossibile lasciarli in panchina. Allora, trovavo il mio spazio però avevo bisogno di altro, di avere un po’ più di continuità, di andare in una squadra dove avere più fiducia, giocando continuamente, e questo me l’ha dato il Napoli. La verità che è stato molto difficile lasciare il Real, ma molto molto difficile. Però secondo me, visto oggi, ho fatto una una buona scelta”.

Cosa ti fece scegliere Napoli? Ti aspettavi poi di rimanerci oppure pensavi fosse una squadra di passaggio, in quel momento, quando scegliesti il Napoli?

“A me ha chiamato Rafa Benitez, mi ha detto “Vieni al Napoli con noi che faremo una bella squadra” e mi ha detto pure che venivano pure Raul Albiol, Pepe Reina, il Pipita Higuain e sono andato là. Non pensavo che il primo anno mio fosse così buono come è stato, perché arrivare in un campionato così diverso dallo spagnolo, e fare 20 gol come ho fatto, ottime prestazioni durante tutto il campionato… La verità? Non me l’aspettavo, però per me è stata una sorpresa, perché subito la gente mi ha accolto bene, la società mi ha accolto bene, i compagni pure e per me è stato buono, ma una sorpresa. Dico la verità: dopo il primo anno non volevo più andare via perché stavo così bene!”.

Mi hai dato il gancio per una domanda che ti avrei fatto più avanti perché tu ricordi sicuramente la tua presentazione a Dimaro. Vi diedero dei pazzi quando Benitez disse che avresti fatto 15-20 gol. Eppure sei stato di parola…

“Sì, questo lo disse Rafa. E io subito dissi: ‘Non dire queste cose che dopo faccio due gol e mi ammazzano!’. Non è facile arrivare in una nuova città e subito ti trovi bene, tutto ti sta bene, compagni, società e questo successe a me col Napoli”.

Quell’anno arrivò un Dries Mertens giovanissimo e in rampa di lancio, voi eravate già maturi: tu, Higuain, Albiol, Reina. Insomma, arrivarono un mix di giocatori pronti e altri da lanciare. Ti aspettavi poi di fare insieme a Mertens questo grande percorso in azzurro? Che compagno è stato?

“Noi, secondo me, non ci aspettavamo di fare questo percorso insieme. E così buono, come abbiamo fatto in 7 anni. Lui è arrivato giovane, anche io sono arrivato giovane, avevo 26 anni, però nessuno si aspettava questo percorso. Abbiamo fatto due anni buoni con Benitez, dopo i tre anni buonissimi con Sarri con cui abbiamo quasi vinto lo scudetto e dopo è arrivato pure Ancelotti e Gattuso. Io ti dico la mia: non eravamo giocatori così top, di primo livello, però eravamo giocatori di secondo livello, forti, buoni. E noi ci credevamo in quello che facevamo, perché vedevi gli allenamenti e vedevi le partite, ci credevamo in quello che facevamo. Dopo lo replicavamo in partita, eravamo contenti, si vinceva e la la città era contenta. Tutto questo era molto importante per noi. Avevamo la personalità per farlo”.

Ad oggi pensi che il Napoli sia stata la scelta migliore per la tua carriera?

“Sì, oggi non so cosa poteva essere se ad esempio restavo al Real, cosa succedeva: questo non lo sa nessuno. Però ho fatto una buona scelta. Il Napoli m’ha fatto fare l’esordio con la Nazionale spagnola, per me è stato un altro sogno. Il Napoli è la squadra dove ho giocato più anni, dove ho espresso meglio il mio calcio e sono molto contento della mia tappa a Napoli”.

Ci racconti la goduria di giocare nel Napoli di Sarri? Voi lavoravate tanto, gli allenamenti erano duri, però poi quando andavi in campo ti divertivi davvero.

“Io sempre dico questo: quello su cui ci allenavamo durante tutta la settimana, dopo usciva in partita esattamente uguale, perché era tutto sistemato, tutto matematico! Sarri ci diceva: ‘Succede questo, succede quest’altro’, e dopo noi ci muovevamo in campo senza pensare, subito, perché era tutto matematico! Maurizio ci ha portato un uno stile di gioco per noi fondamentale, perché dopo ha messo Mertens come falso nueve, quando lui aveva sempre giocato a sinistra, e gli ha fatto fare tanti gol. Maurizio ha visto una squadra, come ho detto prima, forse non di primo livello, di giocatori top, ma del secondo livello con giocatori forti che hanno espresso un bellissimo calcio”.

Di quel periodo con Sarri, non posso non chiederti quella stagione in cui davvero lo scudetto è stato ad un passo. Da un lato, se ci racconti le emozioni di Torino, di quella notte incredibile di Juve-Napoli, dove tornaste a Napoli ed era come aver vinto uno scudetto praticamente. E poi se ci racconti cosa è successo a Firenze.

“Se vi ricordate, e sicuramente sì, quando io calcio il cross su angolo per il gol di Koulibaly, resto 4-5 secondi fermo, freddo, perché non ci credevo che davvero avevamo fatto gol, e ho realizzato solo camminando verso il centro del campo. Ricordo che dissi: ‘Allora è vero, abbiamo fatto gol, era 0-1 per noi!’, capito? E dopo nello spogliatoio è successo il caos. Per noi è stato bello, perché eravamo quasi ad un passo dal vincere lo scudetto. E dopo a Firenze, ad oggi non so cosa è successo, non so come spiegarlo…”

Però la sera prima l’avete vista tutti quella partita lì, quell’Inter-Juventus?

“Sì, l’abbiamo vista tutti, in albergo. Sì, sì. E dopo, secondo me, l’espulsione di Koulibaly e il rimanere in 10 uomini in una partita contro la Fiorentina che comunque ha dei bei giocatori è difficile”.

C’è un altro giocatore di quel periodo con cui hai scritto veramente pagine di storia: sarai ricordato sempre anche per il famoso taglio di Insigne per Callejon. Era schematico. Ma poi non ti prendevano mai!

“La verità è che io quando sono arrivato, io sono uno che guarda molto a come giocano i compagni. Vidi subito che Insigne aveva questa caratteristica di andare sempre dentro il campo, e poteva giocare quella palla su di me. Allora ho parlato con lui, gli ho detto: “Guarda Lorenzo, secondo me possiamo fare questa giocata”, non a tre tocchi. Perché io dicevo: “Se tu controlli e al secondo tocco la metti, io sono dentro. Ma se tu fai il controllo e fai due tocchi in più, non mi guardare più perché io già sono in fuorigioco, sicuramente!”. E l’abbiamo fatto in allenamento così spesso che dopo usciva abbastanza bene sempre”.

Cosa non ha funzionato con Ancelotti? Per anni si è detto che a Napoli funzionano solo allenatori di campo, stile Sarri o Spalletti. Conte ha ha dimostrato che in realtà anche quegli allenatori che hanno lavorato per una carriera intera con campioni, come Ancelotti, come lo stesso Conte, possono far bene qui. Cosa, secondo te, non ha funzionato con Ancelotti?

“Non lo so, non so cosa dirti. Forse non era l’annata per fare grandi cose, per fare un bel calcio, per andare a vincere i trofei. Io conosco molto bene Carlo, lui è una persona perbene, è un uomo da 10 e dopo è anche un grandissimo allenatore, però ci sta che capiti nelle società degli anni dove le cose non vanno così bene”.

Tu col Napoli hai vinto due Coppa Italia, una Supercoppa. Ci racconti cosa significa vincere a Napoli, festeggiare a Napoli? Ricordi dei momenti che non dimenticherai mai di quelle notti?

“Eh, è difficile. Io mi ricordo dell’ultima Coppa Italia vinta all’Olimpico con Gattuso, perché sapevo già che non continuavo col Napoli, quella in cui vado in ginocchio e scoppio a piangere. Sapevo che non restavo, che finiva un bel ciclo per me. A Napoli ho pianto di di gioia, capito? Non di tristezza. Mi emoziona ancora oggi ricordare quei momenti? Sì, ad oggi sì, perché è la squadra dove ho trascorso più anni nella mia carriera. Ci sono state squadre importanti per me, l’Espanyol, il Real Madrid, poi dopo ci son state Fiorentina, Granada e Marbella. Però il Napoli per me è stato il ciclo più importante, dove, ho espresso al meglio il mio calcio e ad oggi sono molto emozionato”.

Intervista a Callejon: le parole a CalcioNapoli24

Secondo me è fondamentale ricordare che tu vinci quella Coppa Italia, e giochi in quel periodo col Napoli gli ultimi due mesi senza essere pagato. Era il periodo del Covid, non avevi un contratto, si continua a giocare quell’estate e tu decidi di giocare comunque: è una cosa che nel calcio moderno non esiste, non ha precedenti.

“Sì, il mio contratto scadeva, scadeva il 30 giugno, però il Covid ha fatto sì che a luglio e agosto si giocasse ancora. E io non me ne potevo andare dal Napoli lasciando la squadra così. Non è da me, ma secondo me non è da nessuna persona, da nessun giocatore. Per me è stata una scelta tranquilla, normale, non è che ci ho pensato molto, perché sono uno così”.

Qual è la cosa più pazza che hai fatto a Napoli, da calciatore o vivendo la città? E la cosa più pazza che hai visto fare a un tifoso del Napoli?

“Più pazza? Io sono andato in motorino tante volte, con il casco, sia di notte che di giorno, perché col casco integrale non ti riconosceva nessuno! La cosa più pazza che ha fatto un tifoso per me a Napoli? Hanno fatto tanto. Ti chiedono gli autografi sulla pelle, ti seguono quando sei in auto. Adesso non è che mi ricordo molto bene, ma hanno fatto tante cose!”.

E invece un aneddoto dello spogliatoio del Napoli?

“Ti posso dire la simpatia dei miei compagni: avevamo in quello spogliatoio il Pipita Higuain, Pepe Reina, Albiol, Lorenzo (Insigne, ndr) e Dries Mertens: questa è tutta gente simpatica, gente che ride ogni giorno. Questo è stato qualcosa di molto importante in quegli anni”.

Siamo a Bratislava per la partita d’addio di Marek. Cosa cosa ti ha insegnato Hamsik di Napoli?

“Per me è stato di grande aiuto, il primo è stato Paolo Cannavaro: con lui ho un bellissimo rapporto, è quello che mi ha aiutato di più, ma il secondo è stato Marek. Già viveva a Napoli da qualche anno e cominciava ad essere uno dei punti di riferimento della società negli spogliatoi e con lui ho trascorso i primi giorni, mi ha parlato un po’ della città e di come erano tifosi: è stato di grande aiuto per me”.

Tutti ricordano il tridente con Mertens e Insigne, però alle spalle vostre c’era Hamsik: un poker di calciatori, tu dici di seconda fascia, ma che nella mente e nell’essere professionisti, perché lo eravate tutti, era di prima fascia.

“Secondo me qualcuno ha avuto l’opportunità di andare sicuramente ad un’altra squadra più forte, però io stavo a Napoli bene, giocando, facendo tante cose bene…”

Ci sono stati dei momenti dove potevi andare via prima da Napoli?

“Qualche momento c’è stato, però ho fermato ogni trattativa perché io stavo bene a Napoli”.

Cosa ti manca di Napoli?

“La verità è che mi mancano tante cose: non il mare no  perché comunque adesso sono stato a Marbella e c’è il mare pure lì. Secondo me la gente: mi ha accolto benissimo. E sono molto orgoglioso e contento di quello che mi ha fatto sentire la gente là, perché l’accoglienza, il calore dei napoletani è unico. Ti aprono le porte, ti offrono il caffè, quello secondo me non è qualcosa che puoi trovare in molte città.

E poi ho due figlie napoletane. Mi sono nate due figlie a Napoli e lo dicono che la loro casa è Napoli. Sono nate e hanno vissuto a Napoli. E loro me lo dicono sempre che si sentono napoletane”.

Josè Maria Callejon ai microfoni di CalcioNapoli24

Tu in cosa ti senti napoletano? C’è un comportamento che ti è rimasto?

“La scaramanzia! Adesso non è che sia molto forte, però quando sono arrivato a Napoli ho iniziato ad avere dei comportamenti che dicevo: ‘Forse sono pazzo?’. Però la gente ti porta un po’ a questo e credevo in tante cose, ma davvero in tante cose!”.

Il tuo posto preferito di Napoli?

“Il mio posto preferito? La vista col Golfo, la vista di Napoli col Vesuvio”.

CalcioNapoli24 in questi anni ti ha seguito ovunque e speriamo di farlo anche alla tua partita d’addio. È possibile sognare di vederla al Maradona? È nei tuoi pensieri? Ricordo quelle tue lacrime in Coppa Italia e tu raccontasti che erano lacrime dettate anche dal fatto che non avevi avuto la possibilità di salutare i tifosi del Napoli.

“Speriamo un giorno di andare, non lo so, magari per qualche partita. Adesso ho cominciato un corso da allenatore a Madrid, mi sto formando per fare l’allenatore e chissà: un giorno potrei allenare al Napoli. Magari! Grazie, è stato un piacere”.

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