Infantino ha fatto arrabbiare il calcio europeo: il tour con Trump e i mondiali all’Arabia, ora è guerra tra Fifa e Uefa
Una questione di principio. E proprio per questo essenzialmente politica. Una settimana fa alcuni delegati della Uefa hanno abbandonato il 75esimo Congresso della Fifa, che si stava svolgendo ad Asunción, in Paraguay. Una presa di posizione plateale che ricorda le scelte degli ambasciatori durante le conferenze per la pace del secolo scorso. A innescare la protesta sarebbe stato il ritardo di circa tre ore con cui Gianni Infantino, il numero uno della Federcalcio mondiale, si è presentato in Sud America. Ma non solo.
La storia è abbastanza lineare. La scorsa settimana, infatti, Infantino aveva accompagnato il presidente degli Stati Uniti Donald Trump nel suo tour del Golfo. Una serie di incontri con Qatar (che ha organizzato i Mondiali del 2022), Arabia Saudita (che li ospiterà nel 2034) ed Emirati Arabi Uniti in cui il leader statunitense ha raccolto investimenti per circa mille miliardi di dollari. Non sono mancati, però, momenti singolari. Basti pensare che durante una cerimonia l’emiro del Qatar ha regalato a Trump un pallone d’oro. Nel vero senso della parola. E tutto sotto gli occhi di Infantino. È proprio questo il problema. Perché il vertice della Federcalcio mondiale dovrebbe accompagnare il leader degli Stati Uniti in un viaggio d’affari? Un interrogativo che si sono posti in tanti. E qualcuno ha anche provato ad abbozzare una risposta.
Secondo i delegati della Uefa che hanno abbandonato la riunione, fra cui anche il presidente Ceferin, Infantino avrebbe anteposto “interessi politici privati” alle sue “responsabilità verso il calcio“. Dichiarazioni incendiarie a cui hanno fatto seguito altre dichiarazioni incendiarie. Debbie Hewitt, presidente della Federcalcio inglese, ha definito il ritardo di Infantino “profondamente deplorevole”. Lise Klaveness, presidente della Federazione calcistica norvegese che per molto tempo si è schierata contro la Fifa a causa delle pessime condizioni dei lavoratori arrivati in Qatar per la Coppa del Mondo, ha parlato invece di un atteggiamento “deludente e preoccupante“. Il discorso di Infantino al Congresso era stato calendarizzato per le 10:30 di mattina, ma il presidente si è presentato in Paraguay solo nel primo pomeriggio. “Come presidente della Fifa – ha detto poi nel suo intervento – la mia responsabilità è quella di prendere decisioni nell’interesse dell’organizzazione. Ho sentito che dovevo essere presente per rappresentare il calcio e tutti voi”.
Tutto finito? Neanche per sogno. Le parole di Infantino non hanno convinto la Human Rights Watch, l’ong newyorkese che si occupa della tutela dei diritti umani. “Chiediamo che il presidente Infantino renda conto del suo viaggio nel Golfo – ha detto Minky Worden, direttore delle iniziative globali di HRW – e specifichi con precisione i risultati ottenuti per il calcio e per i diritti umani”. E ancora. “La Fifa ha perso il suo valore sociale. Invece di chiamare in causa l’amministrazione Trump per le sue politiche perniciose, Infantino è diventato parte del suo entourage itinerante. Come è possibile che questo possa aver avuto la priorità sul Congresso?”. In un lungo articolo, poi, il Guardian racconta di aver parlato con “alcuni” delegati europei. E i loro commenti non sarebbero stati poi così positivi. Qualcuno descriveva Infantino come “un cucciolo” pronto a seguire Trump. Altri etichettavano il suo comportamento come “irrispettoso e arrogante”. Fino a una non meglio precisata “figura di spicco” che avrebbe detto: “Il ragazzo ha perso la testa“.
Tutta la polemica, ovviamente, nasconde qualcosa di molto più profondo. La gestione Infantino sta scontentando la Uefa, che si sente ormai intrappolata in una situazione paradossale: pur rappresentando la maggior parte dei club e della Nazionali che hanno scritto la storia di questo sport, la rappresentanza europea avrebbe sempre meno influenza sul Gioco al livello planetario, con la Fifa sempre più intenta ormai a cercare il consenso verso est. Una spaccatura resa ancora più insanabile dalla questione dei diritti umani nell’organizzazione della Coppa del Mondo in Qatar e in quella in Arabia Saudita. Senza contare che la decisione di dar vita all’ennesima competizione, il Mondiale per Club, non avrebbe convinto proprio tutti i rappresentanti del calcio del Vecchio Continente.
Ogni uomo al comando è solo. Ma Infantino sembra finito al centro di un fuoco incrociato. Appena qualche giorno fa, infatti, attraverso il meccanismo ufficiale per i reclami della Fifa è stata avviata una denuncia per “mancato rispetto degli standard dei diritti umani nell’assegnazione dei Mondiali all’Arabia Saudita”. Piccolo particolare: fra i promotori del documento c’è Mark Pieth, ex consigliere anticorruzione della Fifa, uno che aveva sempre sottolineato la pericolosità di affidare la Coppa del Mondo allo Stato del Golfo. Non che con la stampa vada meglio. Un paio di mesi fa il Guardian aveva pubblicato un articolo dal titolo piuttosto diretto: “Gianni Infantino e Donald Trump hanno preso per sé la Coppa del Mondo 2026”. Il contenuto dell’articolo è ancora più pesante: “Il torneo sarà sfruttato per la glorificazione di un leader in una misura che non si vedeva dai tempi in cui Benito Mussolini dominò la Coppa del Mondo del 1934 in Italia”. Il risultato di questa guerra neanche troppo fredda fra Fifa e Uefa si vedrà nel 2027, quando Infantino correrà per il suo quarto mandato da signore del vapore.
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