Mustapha, il primo arbitro migrante
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Novanta minuti di urla nelle orecchie. «Vergogna», «venduto», «signoreeee», «cambia lavorooooo». Novanta minuti da solo, conteso fra giocatori stanchi, tifosi arrabbiati, tecnici ansanti, spogliatoi freddi, vento e sudore. «È normale, tutti vogliono vincere, noi facciamo solo rispettare le regole. E impariamo a conoscere l'umanità». Mustapha è un arbitro di Prima Categoria. Arriva in campo con due ore d'anticipo. Indossa scarpe eleganti e cappotto, ha con sé la borsa con i cartellini, il fischietto, i ricambi. Dopo aver lavorato tutta la settimana in un cantiere come elettricista, si sveglia presto, e la domenica è in divisa nella periferia di un paese campano, per farsi pregare, insultare, ringraziare, deridere e apprezzare per due ore. «È il mio impegno».
Mustapha Jawara è il primo arbitro migrante: ufficialmente iscritto all'AIA, l'Associazione Italiana Arbitri quando era ancora al centro d'accoglienza. Nato in Gambia, è arrivato in Italia dopo sei ...
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