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Inferno e paradiso del mondo del calcio: la “Commedia” secondo Garlando

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PAVIA. "Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai in una selva oscura" o meglio dovremmo dire, in questo caso, in un campo da calcio. Esattamente 725 anni fa, Dante iniziava il suo viaggio nell’aldilà. Martedì 25 marzo, in occasione del Dantedì, alle 18, alla libreria Ubik di Pavia in piazza Cavagneria 10, lo scrittore pavese Gino Cervi dialogherà con il giornalista de La Gazzetta dello Sport Luigi Garlando, autore del libro "Nel mezzo del pallon di nostra vita" (Cairo). Abbiamo sentito l’autore dell’opera, che fonde la passione per il calcio con la Divina Commedia.

Garlando, come nasce la sua passione per Dante?

«All’università ho approfondito il suo studio e mi sono portato dietro questa passione in tante forme. Faccio una collezione di Divine commedie in tutte le lingue del mondo, me le procuro nei miei viaggi all’estero da giornalista sportivo. Tre anni fa ho scritto un libro per ragazzi dal titolo "Vai all’inferno Dante" e adesso ho deciso di unire la passione per il Sommo Poeta ed il calcio. Avevo in canna questa idea da tempo e mi sembrava il momento giusto».

Sappiamo che ha seguito scrupolosamente la metrica dantesca. È stato difficile?

«Direi di no. Perché, anziché i giochi enigmistici, mi diverto a scrivere un canto, trovando le rime, spostando le parole, quindi sono molto allenato: è stato un lavoro lungo ma meno impegnativo di quanto si possa pensare. Il conteggio delle sillabe deve essere rigoroso, perché gli accenti possono cadere solo sulla quarta o sulla sesta sillaba, altrimenti si perde la musicalità».

Chi sono Dante e Virgilio?

«Nils Liedhom è Virgilio, mister Roberto De Zerbi è il Sommo Poeta. Avevo bisogno di una trama e allora mi sono appellato alla battaglia tra "risultatisti" e "giochisti". Mi immagino che De Zerbi sia in disgrazia perché ci sono i poteri dei risultatisti che prevalgono, mentre Liedholm gli mostra che gli dei del calcio premiano coloro che giocano bene. Quindi potrà tornare un domani ad allenare. Liedholm è saggio e poi ha sempre fatto giocare bene, ha impiantato la zona, pensiamo alla sua Roma dello scudetto».

Che giocatori incontrano nel loro viaggio?

«All’inferno, nella bolgia dei simulatori e dei cascatori, c’è Nedved: la punizione per contrappasso è che devono tuffarsi per l’eternità in una piscina piena di squali, quindi vengono sbranati a ripetizione. Nel purgatorio troviamo Falcao, che tira rigori a ripetizione perché non tirò quello famoso nella finale di Coppa dei Campioni contro il Liverpool. L’allenatore di quella Roma era proprio Liedhlom e lui si difende dicendo che "non stavo in piedi, mi era passato l’effetto dell’antidolorifico", invece il mister gli risponde che erano stanchi tutti, ma "tu avresti dovuto andare sul dischetto e tirare. Nel paradiso i numeri 10, Baggio, Maradona, Pelè, che per l’eternità palleggeranno tra le nuvole. Ma più in alto ancora ci sono gli spiriti magni, Scirea, Facchetti, Maldini, tre campioni, ma soprattutto tre grandi esempi anche oltre il campo. Maradona, personaggio controverso, ha avuto questo lascia passare perché ha fatto divertire».

Lei è grande tifoso neroazzurro, dove ha sistemato i giocatori dell'Inter?

«Boninsegna è nel paradiso dei cannonieri, mentre Sandro Mazzola palleggia con papà Valentino; Beccalossi è nel purgatorio, perché per sua stessa ammissione si allenava poco, ma salirà presto nel paradiso dei numeri 10».

Sono presenti sia giocatori in attività che a fine carriera?

«Sì. Quelli in attività possono migliorare ancora la loro posizione, mentre la pena per coloro che hanno terminato la carriera è definitiva».

Il calcio moderno è più "Paradiso" o più "Inferno"?

«Il business si è mangiato il valore sportivo, la salute. Ma riconosco ancora al calcio e in generale allo sport un valore educativo che non perderà mai, quindi sarà sempre un esempio per i ragazzi che imparano la socialità nello spogliatoio, la legalità perché devono rispettare un regolamento, un avversario».FRANCO SCABROSETTI

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