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Ora il mercato: Folorunsho e Pablo Marì per sistemare, ma non bastano. Gudmundsson deve giocare

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Dalla sconfitta col Napoli sono venute lezioni precise e indicazioni serie: la spia rossa è accesa. E allora diventa inutile fare tanti discorsi, dare la colpa alla difesa a tre e robe del genere per cercare spiegazioni o giustificazioni, questo è solo il momento del fare. L’unica strada per fermare la crisi e provare a ripartire ora è il mercato. La Fiorentina ha immediato bisogno di energie che possono venire soltanto dall’immissione nello spogliatoio di giocatori nuovi e motivati, capaci di dare una scossa a tutti e nuove soluzioni all’allenatore. Vorrei Folorunsho e Pablo Marì subito, li vorrei vedere in campo già lunedì prossimo a Monza. L’ex napoletano dovrebbe firmare domani dopo le visite mediche, qualcosa in più serve ancora per lo spagnolo. Ma ci siamo. E spero che anche le altre operazioni in cantiere (un esterno alto e uno basso, un centrocampista) si possano chiudere il prima possibile. Sono arrivato da tempo a queste conclusioni perché era evidente il progressivo calo del rendimento di questa squadra e delle prestazioni dei singoli in particolare, una squadra che nell’ultimo mese aveva perso progressivamente brillantezza e s’era visto anche negli ultimi risultati positivi come quello contro il Cagliari. Il dato che più deve far riflettere è il progressivo calo delle occasioni da gol create, ora la Fiorentina è fra le ultime del campionato. Non creare occasioni vuol dire far fatica a far gol, ovviamente, ma avere anche difficoltà nel fare la partita, conseguentemente si finisce per subire di più. Quella che era una delle difese meno battute, da un mese prende due gol a gara e per fortuna che c’è De Gea. Per tre mesi è andato tutto benissimo, sicuramente oltre le aspettative, una magia, una chimica, uno stato di grazia che a volte dura per tutta una stagione. La vicenda Bove, invece, è stata come tagliare i fili, perdere la rotta, sgonfiare un palloncino. Uno shock dal punto di vista psicologico che ha tolto energie e una problema tattico che ha tolto sicurezza ed equilibrio. Nel dopo-Bove la Fiorentina non è stata più la stessa. L’allenatore non ha trovato le contromisure, non ha annusato che quella magia poteva finire, ha cercato soluzioni fragili. Ha cercato di proseguire su quella strada, ma senza gli uomini giusti la strada andava cambiata. S’è poi capito che forse per inesperienza, forse per paura di toccare qualcosa, Palladino aveva un po’ esagerato anche con l’utilizzo dei titolarissimi. Oggi qualcuno paga e da Gosens a Cataldi, da Ranieri a Dodò, qualche affanno si vede. E quando hai chiesto aiuto ai panchinari, i panchinari sfiduciati non li hai trovati più. Biraghi, Quarta, Kayode, Parisi, tutta gente che se ne vuole andare o se n’è già andata. Ma anche Terracciano, Kouamè, Ikonè, Moreno e altri non sono il massimo della felicità e hanno la valigia in mano. Oggi le squadre sono fatte di ventidue titolari, tutti devono sentirsi utili e partecipi. Torno al concetto delle rotazioni, non basta fare giocare le partite di serie C della Conference per dare un senso ai giocatori. Così oggi scopriamo che quelli che hanno giocato sempre (troppo) oggi sono stanchi e le seconde linee non sono pronte. Succede più spesso agli allenatori come Palladino che mettono al centro i giocatori e non il gioco, quando il livello della rosa non è omogeneo vanno in difficoltà. E’ chiaro che fra Gosens e Biraghi  è meglio Gosens, ma facendo giocare sempre il tedesco, Biraghi l’hai perso. Ecco perché serve il mercato e un mercato profondo, non banale. Le possibilità di rimanere in alto ci sono, ovviamente. La squadra dimostra grande carattere, voglia, senso di appartenenza e buona qualità, anche contro il Napoli si sono viste cose buone e altre discrete. Da qui bisogna ripartire, ma con 4-5 interpreti nuovi e di livello tecnico e motivazionale superiore a quelli che saranno ceduti. Con Folorunsho entra un giocatore fisico e di gamba, ma anche di buona tecnica che ti mancava. Pablo Mari è il difensore esperto che guida la difesa, ha fisicità, ma anche piedi buoni. Puoi davvero tornare a giocare anche a tre con lo spagnolo. Ma serviranno alternative vere a Colpani, immettendo un giocatore capace di fare gol e di cambiare passo, un altro centrocampista per dare alternative ai “passisti” Cataldi e Adli, e un esterno basso per sostituire Biraghi e Kayode in uscita. Se il puzzle sarà completato in tempi brevi, questa squadra ha solidità e qualità, può provare a rimanere in zona Champions fra le difficoltà di alcune grandi storiche. L’allenatore è un talento della panchina, lo abbiamo sempre detto. Ha fatto bene, ma l’esperienza di certe situazioni non c’è e non ci poteva essere. Deve crescere anche lui, come abbiamo visto, nella gestione del gruppo, ma anche a livello tattico e nei cambi. L’idea di giocare a tre con il Napoli, poi cinque a difendere, non era sbagliata per come gioca Conte con le triangolazioni sugli esterni. L’errore è stato nel non completare un’idea difensivistica. Doveva essere 3-5-1-1, un centrocampista in più e un Sottil in meno. E pazienza se Sottil era stato l’eroe di Torino. La fase difensiva non l’ha fatta e si sono visti i buchi da quella parte. E poi pensare di far duellare Adli con McTominay e Mandragora con Anguissa (mangiati) è stato il suicidio del quale ha parlato Pradè. Ultima cosa: Gudmundsson deve giocare. Se sta bene fisicamente, a certi giocatori serve più sentirsi protagonisti, avere la titolarità, di mille allenamenti. E la forma si trova meglio giocando in un contesto di gioco equilibrato e non con Beltran e Colpani come a Bologna. Lui e Kean davanti: fine. Quindi torniamo al concetto di umiltà, di equilibrio e concretezza che vale per tutti. Chi parlava di scudetto ha fatto dei danni, ovviamente. Questa squadra deve semplicemente tornare a fare quello che faceva con gli uomini giusti nel posto giusto e quel calcio da killer che piace a Palladino. E adesso, soprattutto, con uomini nuovi.

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