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Carissimo Calcio: in Italia genera 4 miliardi di ricavi e 768 milioni di perdite. I dati di tutte le squadre

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Carissimo Calcio: in Italia genera 4 miliardi di ricavi e 768 milioni di perdite. I dati di tutte le squadre

Il doloroso risveglio dell’eliminazione dell’Italia dagli Europei 2024 non è la peggiore delle notizie possibili per il nostro calcio. Perché mentre con placida inconsapevolezza ci consoleremo, si spera, guardando ciò che a noi è mancato in campo: la semidivinità di Jude Bellingham, le sgasate di Kylian Mbappé, l’aritmetica perfezione di Toni Kroos, le verticalizzazioni di Rodri, lo strapotere di quelle due furie di Nico Williams e Lamine Yamal, il talento cristallino di Arda Güler, il pallone vive una delle sue stagioni economiche più tese. E non solo in casa Italia.

Un business ad alto assorbimento di capitale

L’effetto della pandemia non è stato ancora completamente assorbito, e questo è un dato che va considerato. Ma ciò detto, il calcio resta un business ad alto assorbimento di capitale, perché i ricavi generati dalle squadre non sono spesso in grado, salvo rari casi, di compensare i costi necessari per produrre quei ricavi. La situazione dell’Italia non è una totale anomalia.

L’ultimo report Uefa, dove sono stati analizzati i dati delle squadre che militano nelle principali leghe, aveva evidenziato un graduale ritorno alla normalità. I dati (pubblicati a febbraio 2024 e quindi fermi al 2022) mostravano come i club hanno riportato perdite ante imposte per 3,2 miliardi nel 2022 – le seconde peggiori perdite annuali mai registrate e il terzo peggior margine di perdita. Inoltre, questi pessimi risultati del 2022 sono stati ottenuti nonostante 600 milioni in vendite straordinarie di asset.

Le perdite riflettono alcune entrate perse a causa delle ultime restrizioni legate alla pandemia, la mancanza di controllo dei costi da parte dei club durante la pandemia (con i salari che nel 2022 sono stati superiori di oltre 2 miliardi rispetto al 2019) e le pratiche contabili relative ai trasferimenti (che hanno portato i costi netti dei trasferimenti a superare la spesa netta reale per trasferimenti di 500 milioni).

I risultati del 2023 forniscono alcune notizie positive poiché i club stanno tornando a bilanciare i loro conti dopo tre anni finanziari (2020, 2021 e 2022) di perdite senza precedenti, innescate degli effetti del Covid. Eppure il tema della sostenibilità nel calcio europeo è qualcosa che si pone da prima del disastro pandemico.

Il più grande club del mondo per ricavi ed anche il più titolato, il Real Madrid, secondo una recente inchiesta di Calcio e Finanza, nell’ultimo decennio ha sommato ricavi per oltre 7,88 miliardi con utili cumulati per 226 milioni. Bei numeri? Insomma, significa una capacità di generare utili poco sopra lo zero: 2,8% il peso dell’ultima riga sulla prima. Per dire, i Blancos nella stagione 22/23 hanno realizzato 843 milioni di ricavi e un utile di poco superiore a 11 milioni di euro.

La situazione in Italia

E veniamo al calcio italiano. Secondo l’analisi elaborata da Adacta Advisory sul calcio professionistico italiano, nella stagione 22/23, le società delle Serie A, B e C hanno generato ricavi totali per oltre 4,1 miliardi di euro (un dato record per giunta), 768 milioni di perdite e oltre un miliardo di indebitamento netto.

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La Serie A di ricavi ne ha prodotti 3,43 miliardi, ma tutto ciò dovendo sostenere spese per il personale, quindi per pagare gli stipendi alla proprio rosa, per oltre 1,84 miliardi. Le perdite sommate della sola Serie A hanno sfondato quota 482 milioni.

Ed è andata bene, perché considerata anche l’epoca Covid, le perdite cumulate dei club dal 2018 al 2023 sono state superiori ai 2,75 miliardi di euro, una cifra che sale a quota 3,5 miliardi considerando tutto il calcio professionistico italiano. Per compensare questi rossi, gli azionisti della sola Serie A hanno messo nelle proprie squadre in tutto 417 milioni secondo i bilanci 22/23 oltre, 2,18 miliardi dal 2020 al 2023. Un bagno di sangue.

«Il calcio professionistico genera ricavi significativi attraverso vari canali – spiega Paolo Masotti, ad di Adacta Advisory - tra cui i diritti televisivi, gli abbonamenti e vendite dei biglietti, le sponsorizzazioni. Tuttavia, la struttura dei ricavi dei club può presentare delle peculiarità. I diritti televisivi rappresentano la parte più consistente delle entrate, ma in questo caso c’è una competizione importante che deriva anche da altri sport e sono suscettibili di variazioni. Dipendere così tanto da questa entrata rappresenta dunque un rischio nel modello».

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Le entrate derivanti dalla vendita dei biglietti, inoltre, sottolinea Masotti, «incidono per una parte minore rispetto ai diritti televisivi. I ricavi da stadio sono un pilastro, ma contano attorno al 14 per cento, anche in casi di squadre con fan base stabili come Inter e Milan o Juve. Le sponsorizzazioni costituiscono un’altra fetta significativa, contribuendo in modo determinante al bilancio dei club, sulle quali però si può costruire maggiore stabilità. Infine, le plusvalenze, l’incidenza sui ricavi è mediamente del 13,6%. Con casi, che sanno utilizzare molto bene questa voce, penso all’Empoli, per cui c’è un peso medio negli ultimi sei anni del 37%, o Atalanta o Udinese, rispettivamente al 25% e al 27,9 per cento nel periodo considerato».

Le Top Five cumulano più ricavi e più perdite

Nel calcio italiano, anche nella massima serie, i casi virtuosi, con bilanci in pareggio o addirittura in utile, esiste. Il fatto è che si tratta di squadre belle, magari con un buon posizionamento, leggi Atalanta, o meglio ancora il Napoli, ma che restano “rara avis”. A guardare i numeri emerge come, da sole, le prime cinque squadre: Juve, Inter, Milan, Napoli e Roma facciano quasi il 60% dei ricavi della Serie A.

«E’ singolare - spiega Masotti – ma le perdite più elevate si concentrano proprio nelle squadre più grandi. Più ricavi generano, più elevati sono i rossi. Nel 2023, le prime quattro squadre hanno registrato perdite per 300 milioni, nel 2019 e nel 2018 le perdite erano rispettivamente di 260 e 290 milioni. Escludo l’anno del Covid perché è stata un’onda anomala su tutto il calcio europeo».

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Dal 2020 al 2023, la Juve ha sommato perdite per 660 milioni, ed ha ricapitalizzato per 672 milioni, l’Inter 573 milioni nello stesso periodo, con una ricapitalizzazione di 212 milioni, 351 milioni per il Milan, con 412 di ricapitalizzazione e la Roma, 712 milioni di perdite cumulate 403 milioni di ricapitalizzazione. Esce dal quadro il Napoli che con l’utile di 80 milioni del 2023 ha compensato le perdite pregresse con una ricapitalizzazione negli ultimi quattro anni pari a zero.

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«Gli investitori dei club – spiega Masotti - spesso dotati di ampie disponibilità di liquidità, hanno introdotto un meccanismo che ha cambiato le regole del gioco. Utilizzando il capitale per coprire le perdite, si è creato un fenomeno di inflazione. Questo approccio, sebbene possa sembrare una soluzione temporanea, ha portato a un aumento delle spese e a una gestione finanziaria meno sostenibile. Per contrastare questo problema, la discussione in corso, che sta trovando applicazione in alcuni ambiti, è l'introduzione di un tetto alle spese legato ai ricavi, promuovendo un metodo virtuoso che indirizzi il calcio verso una gestione finanziaria più sostenibile».

(Grafici e visual a cura di Roberta Paolini e Daniela La Rocca)

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