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Petrachi: "Tante mezze figure nella Roma. Tiago Pinto? Non lo conosco, il ds del Benfica era Rui Costa"

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SPORTITALIA - Torna a parlare, a distanza di pochi giorni dall'ultima intervista, l'ex direttore sportivo della Roma, Gianluca Petrachi ai microfoni dell'emittente televisiva. "Non è capitato di tutto a Sassuolo , anzi. È una cosa che se capitasse domani, la rifarei. Un direttore sportivo rappresenta la società. Se c'è qualcosa che non va bene, anche nell'intervallo, un direttore ha il diritto di entrare nello spogliatoio e dire qualcosa alla squadra. Io ero entrato non per un discorso tecnico, ma motivazionale. Nel mio piccolo ho cercato di far capire ai giocatori che stavamo perdendo quel poco di dignità che ci stava rimanendo. Al di là del discorso di Fonseca, nel secondo tempo abbiamo rischiato di pareggiare la partita, evidentemente qualche discorsetto può servire. Io non entro per parlare di tattica o di tecnica, ma per un discorso motivazionale. E se un direttore non lo fa è giusto che stia a casa", così sull'episodio durante l'intervallo di Sassuolo -Roma. "Le dinamiche dello spogliatoio sono personali: succede una volta all'anno, non è che tutte le volte entro nello spogliatoio - ha dichiarato -. Ci sono dei momenti cardine in cui anche il direttore, in rappresentanza della società, deve fare quello che deve fare. Ho ritenuto opportuno farlo e lo rifarei altre mille volte. Non è vero che ho litigato con Fonseca. Dopo aver finito di parlare, ho lasciato spazio all'allenatore. Ci sono accordi anche tra allenatore e direttore. Resta il fatto che ho cercato di dare voce della società che in quel momento non era contenta dell'atteggiamento. Forse è l'ultima cosa a cui penso di tutto quello che mi è capitato a Roma". "Alla Roma sono stato deluso dal non avere un contatto diretto con il presidente Pallotta . Al Torino con Cairo il rapporto non è finito benissimo. Pensavo di aver finito un percorso perché non c'erano prospettive per andare oltre. Non avevo più da dare", ha continuato.  "Dopo il licenziamento per giusta causa dalla Roma ho chiarito con Pallotta - ha aggiunto -. Ha capito che tutto quello che gli hanno raccontato su di me non era vero. Dicevo sempre a Pallotta che se mi screditava a livello mediatico mi rendeva meno forte". E ancora: "Baldini? Il mio referente era l’amministratore delegato Guido Fienga, che è stato sempre il mio punto di riferimento. Io trasferivo tutto a lui e di conseguenza riferiva al presidente e viceversa. Fino a gennaio era andato tutto bene, da lì in poi ha cominciato a scricchiolare qualcosa. Purtroppo Pallotta non è mai venuto in Italia e questo ha inciso perché la presenza del presidente è determinante. Ho cercato di fare degli aggiustamenti, di togliere qualche personaggio dalla struttura e qualcosa ha iniziato a incrinarsi. Ieri Fonseca si è lamentato in conferenza stampa perché qualcuno ha raccontato delle bugie, ecco io sono sempre sceso in prima linea e quindi sono anche anche antipatico perché dicevo cose scomode. Però in realtà esistono e continuano anche se Petrachi non c’è". "C’è un ambiente e tantissime persone che gravitano intorno. La Roma non è una società snella con tante mezze figure che non si sa neppure perché ci sono",  ha continuato. Petrachi ha anche parlato della causa con la Roma: "Io ho chiesto di essere reintegrato nella mia conciliazione davanti al giudice. Non è che avessi problemi con la nuova proprietà, li avevo con la vecchia. Mi è stato chiesto dagli avvocati della Roma cosa avrei fatto con le 4-5 mensilità in cui sono stato fermo. Ho detto che avrei rinunciato se fossi tornato. Avrei optato per un semplice confronto col presidente che non c'è mai stato". "Tiago Pinto? Non lo conosco. Il direttore sportivo del Benfica era Rui Costa, le operazione di mercato le faceva lui e non il nuovo direttore sportivo della Roma..." , ha detto sul nuovo direttore generale  d el club giallorosso.
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