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Aids e sport: Greg Louganis, quando l’angelo dei tuffi rivelò di essere sieropositivo

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Earvin «Magic» Johnson
Earvin «Magic» Johnson
Arthur Ashe
Arthur Ashe
Greg Louganis
Greg Louganis
Gareth Thomas
Gareth Thomas

L’angelo dei tuffi scoprì di essere malato un giorno come un altro, nel pieno dell’attività e della forza fisica, quando si stava preparando per le Olimpiadi di Seul del 1988. Aveva 28 anni. Era il miglior tuffatore del mondo. Non disse nulla. Nascose la sieropositività. Si vergognava, viveva nel terrore di essere scoperto, mandava amici fidati a comprare le medicine che gli servivano per curarsi. Era omosessuale. La parola impronunciabile era AIDS.

Ai Giochi di Seul scivolò sul trampolino, batte la testa, perse molto sangue, la scia rossa colorò l’acqua. Il medico che gli applicò i punti di sutura non indossava i guanti. Non poteva sapere. Anche quella volta l’Angelo dei Tuffi tacque. Rivelò la sua sieropositività solo anni dopo – nel 1995 – quando già Magic Johnson aveva sconvolto il mondo raccontando di aver contratto il virus dell’HIV. Anche allora nn fu per un rigurgito di moralità, ma soltanto perché il compagno dell’epoca lo ricattava. Scrisse una biografia, Breaking the surface, e rivelò il segreto che per anni aveva taciuto.

A 60 anni Greg Louganis continua ad essere un’icona dello sport. Il Divino per acclamazione popolare: 4 ori olimpici, 5 titoli mondiali, è suo il primo «perfect 10» nella storia dei tuffi. Gli anni a cavallo tra i ’70 e gli ’80 sono stati segnati dalla sua classe. Figlio di una coppia di adolescenti (padre samoano, madre di origine svedese), Greg Louganis fu adottato a 9 mesi da una famiglia di origine greca. L’infanzia è un calvario: soffre di dislessia, ha problemi di apprendimento, è vittima di bullismo; quando è adolescente comincia a fumare e bere, poi cade in depressione, tenta un paio di volte il suicidio.

Nei tuffi trova la sua rivincita, nel trampolino il piedistallo per costruirsi un’identità. E’ l’acqua a salvarlo. A 16 anni conquista la medaglia d’argento nella piattaforma da 10 metri alle Olimpiadi di Montreal 1976, finendo dietro solo al fuoriclasse italiano Klaus Dibiasi. Due anni dopo, nella stessa specialità, vince il suo primo titolo mondiale. E’ solo l’inizio di una straordinaria carriera.

Louganis – come Magic e come Arthur Ashe – ha contribuito a far cambiare la percezione dell’America e del mondo verso l’AIDS. In questi anni ha gestito la malattia, diventando testimone di un cammino durato più di trent’anni. Nella sua biografia c’è una frase che è diventata il suo slogan: «C’è una sola certezza riguardo la paura: è che prima o poi devi affrontarla». La vita di Greg Louganis è stata un continuo confronto con la paura, per anni ha cercato rifugio, gli mancava il coraggio di guardare in faccia la realtà. E se c’è una morale nella storia di quest’uomo tormentato è questa. Quando aveva quindici anni Greg aveva paura di molte cose, tra le tante dei serpenti. Un giorno uscì di casa e comprò un boa constrictor. Lo tenne con sé per mesi, lo nutrì, si abituò alla sua presenza. Finché la paura scomparve.

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