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Da Udine a Il Cairo, Roberta trionfa nei balli Orientali: “Ma non chiamatela danza del ventre”

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Quella che noi comunemente indichiamo come danza del ventre in realtà sarebbe più corretto definirla “danza orientale”, «un labirinto di stili da farti perdere la testa, talmente complessa è la distinzione fra i significati del ballo che in una vita non la comprendi mai con interezza». A farci procedere sicuri nel percorso impervio di una disciplina antichissima e ricca di sfumature è Roberta Gazzetta, friulana, quattro volte campionessa del mondo (aggiungiamoci anche un europeo e dieci titoli italiani) e da qualche giorno detentrice del riconoscimento più inarrivabile per una italiana: Regina d’Egitto.

Un trionfo a casa loro, Roberta. Se i maestri della terra dei maestri s’inchinano a una ragazza ventiquattrenne di Udine, vuol dire essere arrivati in cima all’Everest e basta.

«Ancora non ho realizzato, ci vorrà qualche giorno, credo, ma questa corona vale più dei titoli mondiali, è un qualcosa di incredibile. Essere premiata da Mohamed Shahin, come dire Messi per il calcio, ecco, e da Kareem Gad, Camelia Mourad, Sahar Samara e Hoda Ibrahim, è stato irreale. La mia è una dedizione che iniziò quando avevo si anni e, da allora, non ho mai mollato un solo giorno».

E perché non cominciò dalla danza classica?

«Merito di una mia compagna delle elementari. Mi bastò una lezione per capire che questa particolare disciplina scelse me, non io lei. Forse è un po’ difficile da comprendere».

No, per niente, spesso accade che veniamo scelti. Perdoni l’ignoranza, perché definirla del ventre è riduttivo?

«È un termine volgare, per noi esperti s’intende, e serve solamente a farci pensare a una ballerina che muove i fianchi. Quando, invece, c’è uno studio assai complesso e tortuoso».

Ore di allenamento, dunque?

«Io insegno anche alla NewLife Academy di Plaino e seguo allieve dai 5 anni in su, oltre naturalmente a un intenso training quotidiano, certo».

Come ha vissuto da italiana in Egitto? Mai avuto problemi?

«Sono iscritta anche a lingue orientali a Ca’ Foscari a Venezia e studio l’arabo, quindi conosco a fondo i loro cosiddetti usi e costumi, dico così per semplificare. So cosa posso e cosa non posso fare. Nonostante sia nata a Castions delle Mura e viva a Udine ho tratti somatici che alle volte ingannano pure loro».

In cosa consiste una prova di gara?

«Quelle internazionali impongono uno stile sportivo, quindi si esaspera il gesto e la perfezione è richiesta. Nei Paesi arabi è diverso, il mood è saperla vivere con intensità».

Domanda imbarazzante, me ne rendo conto: ma quante italiane sono al suo livello?

«Ah, guardi, potrei dirle alcune. Ha ragione, è imbarazzante. (Ride). Se dicessi nessuna farei la figura di quella piena di sé. Ecco, non sono la sola. E la risolviamo così».

Dove vinse l’ultimo titolo mondiale?

«Sembra strano, ma in Russia. È un Paese che conta tantissimi iscritti alla federazione. C’è una certa tradizione. Ricordo che eravamo circa duecento concorrenti da tutto il mondo, ovvio».

Ci tolga un’altra curiosità, Roberta. Prima lei ha fatto dei nomi maschili. Quindi non è soltanto una “dottrina” femminile?

«Per niente. I grandi maestri sono uomini. Il concorso che ho vinto in Egitto concludeva uno stage con uno dei più grandi ballerini di danza orientale».

Ha ricevuto critiche nella sua carriera? Sa, tra Oriente ed Occidente c’è spesso tensione.

«Adesso direi di no. Quand’ero più giovane sgranavano gli occhi quando raccontavo che danzavo l’Oriente. È un’arte e come tale è vista, per fortuna».

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