GP Capodarco, una storia di famiglia, silenzi e passione
Il prossimo 16 agosto sarà la prima volta in 53 anni che il Gran Premio Capodarco si svolgerà senza Gaetano Gazzoli. Era il 29 maggio quando il vulcanico organizzatore marchigiano ha chiuso gli occhi e due giorni prima se ne era andato anche don Franco Monterubbianesi, che nel 1966 aveva creato la Comunità di Capodarco e nel 1973 assieme alla famiglia Gazzoli diede inizio alla storica corsa per dilettanti. Per la piccola comunità marchigiana il colpo non è stato facile da assorbire. Ma la corsa arriva e ha mille esigenze organizzative. Per cui Adriano Spinozzi e Simone Gazzoli, il figlio di Gaetà, si sono rimboccati le maniche e girano da settimane come trottole.
«La corsa è fatta, andate avanti»
Ciascuno ha il suo lavoro e la famiglia. Eppure non hanno mai pensato di tirarsi indietro, come pure di fermare le moto gialle che da anni li identificano nel servizio di radio corsa che svolgono in ogni angolo d’Italia. Noi li abbiamo intercettati proprio mentre erano in auto in un giro tra i vari sponsor. E dalla conversazione è nato un ritratto inedito di Gazzoli e al contempo la conferma della grande passione che li spinge.
«Sarà dura senza Gaetano – dice Spinozzi – anche se la corsa tecnicamente l’abbiamo sempre fatta noi. Dirò una cosa brutta, ma negli ultimi anni una metà delle squadre che partivano nemmeno sapevano chi fosse Gaetano. Lui però li conosceva tutti, sapeva chi partiva e chi mancava. Pochi giorni prima che morisse, ci ha detto: “La corsa è fatta, ragazzi. Non vi preoccupate, ho chiamato io”. Infatti per quest’anno siamo tutti coperti. Siamo andati dagli sponsor perché la metà non li conoscevamo, dato che faceva tutto lui. Era la sua corsa».
Un padre all’antica
Simone annuisce e conferma. E aggiunge che suo padre non delegava perché non si fidava mai del tutto. Diceva sempre a entrambi che non ne sarebbero stati capaci, anche se poi quando loro non c’erano e parlava con altri, usava altri toni. Un padre all’antica, un capitano burbero e generoso.
«Diceva che Spinozzi è bravo a fare la corsa tecnicamente – prosegue Adriano – mentre Simone non era bravo a parlare con gli sponsor. Io ho 64 anni e frequentavo la sua casa da quando ne avevo 14, 47 anni con Gaetano. Condividevo la vita con lui più che con un padre e per lui ero più di un figlio. Con Simone si scontrava spesso, mentre a me diceva delle cose che a lui non diceva nemmeno. Gli ripeteva anche che non fosse in grado di gestire l’attività del canile di famiglia, mentre Simone la porta avanti da vent’anni e va a gonfie vele. Sta facendo tutto quello che faceva suo padre».
«Venivo a sapere le cose dagli anziani – dice Simone Gazzoli – perché mio padre non mi raccontava nulla, forse perché mi vedeva come un rivale, capito? Bene o male sapevo fare le cose, ma non avevo le sue idee, perché bisogna ammettere che avesse delle idee geniali. Però a me non le confidava, faceva tutto con “Spino”. E io allora ho cominciato a seguire il consiglio di mio nonno, che mi diceva: “Ascolta! Se uno non ti parla e non ti spiega, tu cerca di rubare le cose con gli occhi e con le orecchie”. Così quando vedevo che mio padre parlava al telefono con gli sponsor o con altre persone, io ero lì e sentivo quello che diceva. Lui non mi ha fatto mai esporre, perché era geloso della sua corsa».
Il sorriso sotto i baffi
Raccontano che Gaetano sia uscito dall’ospedale che era domenica e sia morto il giovedì successivo. In quei pochi giorni, non c’è stato un solo momento senza che li abbia incitati ad andare avanti. Era sicuro che non si sarebbero fermati e rideva sotto i baffi per l’orgoglio di quel piccolo team cresciuto nella sua ombra.
«Però non te lo diceva mai, perlomeno a me – prosegue Simone – perché ero il figlio. Non mi diceva mai: “Bravo, hai fatto bene!”. Non ti dava mai la soddisfazione, però rideva. Io lo so che sapeva di potersi fidare. Anche adesso, nell’incontrare gli sponsor, siamo venuti a sapere da gente che non conoscevamo che con loro parlava bene di noi. La mia soddisfazione è quando qualcuno mi dice: “Assomigli a tuo padre!”. Io sono di poche parole, sono meno vulcanico e nelle interviste mi blocco, perché sono meno abituato. Però mi ha fatto piacere sentir dire che ragiono come Gaetano, perché da mio padre ho imparato tanto e ora lo sto mettendo in pratica».
La moto gialla di “Gaetà”
La moto gialla di Gaetano Gazzoli sarà portata fuori dal garage e per quel solo giorno, il 16 agosto, sarà parcheggiata in piazza in mezzo ai corridori. Finché, conclusa la corsa, tornerà a fare il suo lavoro guidata da qualcun altro. Perché nulla si ferma e la memoria di Gaetano sopravviverà nel lavoro dei suoi ragazzi e nel nome della gara: GP Capodarco-Memorial Gazzoli
«Al momento – riprende Spinozzi – abbiamo parecchie difficoltà. Gaetano è morto un mese e una settimana fa e la corsa è praticamente arrivata. Abbiamo dovuto rifare la società e ricomporre tutti i quadri. Fare le domande per l’accreditamento della corsa. Stiamo correndo come dei pazzi, perché non possiamo delegare più di tanto. Con Simone ci compensiamo, dove non arriva uno, comincia l’altro. Io vado in giro con due cellulari: il mio e quello di Gaetano, in cui cercare le risposte per le domande che non riesco a gestire. Sono stato al Giro d’Italia e Marco Selleri si è proposto di darci una mano con la segreteria, ma quest’anno non sarebbe stato possibile, c’erano tempi troppo stretti per far entrare la segreteria di Extra Giro, per il futuro vedremo. Vediamo, vediamo con le spese. Vediamo tutto. Ora vogliamo fare una bella corsa e ci stiamo organizzando».
L’omaggio di Capodarco
Con il Tour de l’Avenir che parte il 23 agosto come ai vecchi tempi, ci sarebbe anche la possibilità di avere al via i migliori under 23 italiani, incluso il campione italiano, sempre che non sia in ritiro con la nazionale. E sempre che la presenza nella stessa nazionale di corridori di devo team e continental non sia di impedimento all’invito dei team di appartenenza.
In attesa di sciogliere gli ultimi nodi, Spinozzi e Simone Gazzoli ci raccontano in che modo Capodarco renderà omaggio a Gaetano. Poi però ci chiedono anche di non dirlo, per non guastare la sorpresa. E siccome si tratta di una iniziativa bellissima, possiamo solo darvi un consiglio. Il 16 agosto venite tutti a Capodarco. E portate con voi una macchina fotografica (anche il telefono andrà bene). Ci sarà una foto da fare, e poi sarà come sempre una corsa fantastica.
Da bici.PRO