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Il ciclismo di Pogacar: antico, moderno? No, eterno!

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Il ciclismo di Pogacar: antico, moderno? No, eterno!

Ciclismo antico o ciclismo moderno? Tadej Pogačar in Maglia Rosa sul podio di Roma richiama facilmente agli imperatori. Lui imperatore di questo Giro lo è stato senza dubbio compiendo imprese che sanno di antico come ripetono spesso i cronisti e come recita, impietosa nei confronti degli avversari, la voce distacchi inflitti.

Quando ha deciso di scattare ha emesso una sentenza, uno scatto del cambio quasi come uno del pollice, in giù o in su, a decretare il destino degli altri contendenti nell’arena. Che sia stata salita, cronometro, un percorso ondulato, la tappa era per Pogačar. Sei successi parziali, la Maglia Rosa che non ha vestito solo per il primo giorno (così potrà tornare per “migliorarsi”), la maglia azzurra di miglior scalatore. Un bottino da record per uno che punta anche al Tour de France. Quanto avrà speso per stravincere questo Giro distaccando gli avversari di 10 minuti? Se lo chiedono anche gli avversari che si frapporranno fra lui e la doppietta che manca da quella compiuta da Marco Pantani. Era il 1998, l’anno in cui il fenomeno sloveno nasceva.

La differenza con gli altri, oltre ai chilometri nelle gambe, sarà la fiducia e la sicurezza che la Maglia Rosa, come una coperta di Linus, ha restituito al Pogačar corridore da Grandi Giri. Il suo ultimo successo era stato il Tour del 2021, l’era Vingegaard aveva probabilmente scalfito le sue certezze sulle tre settimane.

Adesso si apre un’altra pagina di questo ciclismo che non è né antico né moderno, è il presente che si svolge sotto i nostri occhi increduli, quindi, non abbiamo la lucidità di analizzarlo abbagliati come siamo. Un ciclismo presente che potremo storicizzare solo tra qualche anno, quel che è certo è che sarà una delle epoche d’oro. Fra le storie dei più grandi Tadej ci sarebbe già, ma ha solo 25 anni e tutti speriamo che la sua aura non si consumi in fretta come spesso accade a chi ha iniziato a vincere tanto e in giovane età.

Il suo sguardo disincantato e quasi riposato al termine di ogni gara ci fa credere in quel dono che solo i campionissimi hanno. Andare in bici non gli pesa e anzi, anche in cima a una salita ha la lucidità di allungare una borraccia a un bambino da far contento, di dare un cinque a un altro a bordo strada. Magnanimo come un imperatore quando regala maglia e occhiali al battuto di giornata. Come si fa a non amarlo, come si fa a non ringraziarlo per aver scelto di venire al Giro. Toglietelo dalla classifica, sarebbe stata una corsa molto equilibrata, livellata, senza picchi. Senza strafare (avrebbe potuto anche fare qualcosina di più) si è issato dieci minuti sopra i suoi compagni di podio mostrandoci le vette che meritano gli appassionati che si riversano sulle strade e quelli che si sono dovuti accontentare della tv.

Il Giro d’Italia solo trampolino di lancio per il Tour? Pogačar sulle strade e su quel podio era felice, e lo siamo stati anche noi in queste tre settimane rosa. Roma e una delle sue definizioni e ci richiama a un aggettivo azzardato ma che potrebbe essere il più calzante per le sue gesta, eterne!

L'articolo Il ciclismo di Pogacar: antico, moderno? No, eterno! proviene da Il Fatto Quotidiano.

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