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Pista di ciclocross abusiva agli Alberoni, la pena è una multa da 400 euro

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Dune di sabbia di un ecosistema ambientale protetto trasformate in “salti” per le bici da cross. La Procura di Venezia aveva chiesto una condanna a otto mesi per la vicenda della pista di ciclocross all’interno dell’oasi protetta agli Alberoni, sequestrata dai carabinieri nel 2018.

Martedì 26 marzo, la giudice Zancan ha condannato a una pena ben più mite - 400 euro di multa - il 41enne veneziano Davide Alberti, la cui difesa ha già annunciato l’intenzione di ricorrere in appello: «La pena è stata sospesa dal giudice», spiega l’avvocata della difesa Paola Loprieno, «ed è relativa solo all’accusa di invasione di terreni, perché per gli altri capi d’accusa è scattata la prescrizione. C’è, infine, una condanna generica al risarcimento del danno. Attendiamo di conoscere le motivazioni e poi ricorreremo in appello».

A distanza di più di cinque anni dalle contestazioni l’unica accusa rimasta in piedi era infatti quella di occupazione di suolo pubblico, mentre sono ormai cadute in prescrizione quelle di deturpamento e di reato ambientale. In sede di richieste, il Comune di Venezia e il Wwf - parti civili - avevano chiesto risarcimenti per 25 mila e 30 mila euro: il giudice ha ritenuto che c’è diritto al risarcimento, ma sarà il Tribunale civile a doversene occupare.

La vicenda risale al 2018 con la scoperta di una pista di ciclocross da parte dei carabinieri forestali. E le indagini si erano concentrate sul 41enne veneziano. La Procura lo accusava «in concorso con ulteriori soggetti allo stato non identificati, di aver realizzato una pista di ciclocross all’interno dell’oasi Wwf degli Alberoni (che ricade nell’area Sic di tutela ambientale, ndr) e di aver eseguito rilevanti interventi di modifica e ampliamento, alterando la bellezza naturale di un luogo soggetto alla speciale protezione».

«Mi sono spesa per l’insussistenza del reato perché la fruibilità dell’area per la collettività c’è sempre stata», aveva spiegato l’avvocato Loprieno in sede di arringa, «non sono state innalzate barriere. Non c'è prova che abbia fatto lui i lavori per realizzare la pista da ciclocross nell'area dove un tempo c’era una pista da motocross. Lo scrivevano sui social e lo hanno detto alcuni biker, ma le indagini non hanno portato a nulla».

«Arriverà al Wwf e al Comune un risarcimento e questo è importante», commenta Jacopo Capuzzo, responsabile del Wwf, «e sono contento che siamo riusciti ad arrivare alla fine di questo processo chiarendo quanto accaduto e partendo da un nostro esposto. Purtroppo ancora oggi verifichiamo - gestiamo l’oasi per il Comune sin dal 2002 - rave party a usi illeciti dell’area protetta, che puntualmente denunciamo: magari non accadesse più niente e potessimo fase solo sensibilizzazione ambientale. Ringraziano i carabinieri forestali per il poderoso lavoro fatto e il nostro pensiero va all’avvocato Giusepe Chiaia, scomparso, che si era costituito parte civile per il Comune: un amico, un professionista e un amante dell’ambiente».

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