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Matiasic e la Pallacanestro Trieste, il primo bilancio a cuore aperto del presidente

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Un presidente che ha Trieste nel cuore. Nessuna frase a effetto o dichiarazione di circostanza: parlare con il numero uno della Pallacanestro Trieste è un momento che regala riflessioni ed emozioni. Sentire l’affetto vero, sincero che Paul Matiasic ha per questa terra è qualcosa di non comune.

Se ha deciso di investire nel basket e di unirsi a una comunità che sente sua, è proprio per questo legame straordinario che ha saputo creare con la città. Avvocato di successo, ma persona estremamente gentile e disponibile, Matiasic ci racconta le sue impressioni partendo da un punto di vista molto americano. Tanto lascia trasparire la componente emotiva quando parla delle sue origini e della parte italiana che c’è in lui, tanto fa emergere l’impostazione professionale quando affronta l’argomento Pallacanestro Trieste, nell’approccio ai problemi della squadra e nella gestione del business.

Schietto, diretto, senza compromessi: per comprendere il significato profondo delle sue risposte e capire fino in fondo il suo punto di vista, è necessario partire da questo fondamentale presupposto.

A pochi mesi dall’ingresso in Pallacanestro Trieste qual è il suo personale bilancio? Dal punto di vista dei risultati sportivi ma anche del rapporto instaurato con la città. Sta ottenendo risposte adeguate da istituzioni e privati o si aspettava qualcosa di più?

«Sono molto fiero di quello che è stato fatto fino a oggi, parlo sia dei risultati sul campo che del rapporto con la comunità. La cosa che più mi gratifica e maggiormente mi ha arricchito è stata l’interazione con i nostri tifosi. Apprezzo tantissimo il loro supporto, così come apprezzo il fatto di essere stato adottato da un’intera comunità. Oltre a questo, ritengo fondamentale il sostegno di tutti gli sponsor che fino a oggi ci sono stati vicini. Bisogna fare in modo che chi si avvicina alla Pallacanestro Trieste si senta parte di un progetto e ne sposi la filosofia. Non è virtuoso un percorso nel quale un solo soggetto, pur essendo economicamente in grado di farlo, si prende sulle spalle la totale responsabilità della società. Se vogliamo crescere, se la società vuole avere successo nel lungo periodo, questo tipo di approccio è fondamentale».

Il prolungamento dell’accordo per il PalaTrieste fino al 2026 apre le porte alla possibilità di sviluppare progetti nel medio periodo. Fino a oggi, di iniziative condotte nel più puro spirito americano, se ne sono viste poche. Avete in programma qualcosa di specifico da proporre al pubblico triestino?

«Il PalaTrieste è una componente molto importante della nostra organizzazione: per massimizzare il potenziale di questa società, è necessario avere un’arena che ci permetta di attrarre anche altri tipi di intrattenimento. Per cui sì, abbiamo in mente iniziative da proporre al pubblico triestino, dobbiamo però rendere il palazzetto una casa attrezzata e fruibile per tutti».

Stiamo assistendo a una delle serie A più competitive delle ultime stagioni con tante squadre ambiziose. Trieste ha speso molto, quale sarà il budget della società al termine della stagione? Si parla di una cifra superiore agli otto milioni di euro, è realistica?

«Capisco che se ne parli, il grande interesse che c’è attorno a questi argomenti testimonia e conferma quanto la pallacanestro sia seguita. Detto questo, nessun rumors e nessun numero è mai uscito da Pallacanestro Trieste. Entrando nello specifico, il budget non è ancora definito e dovrà essere determinato: non voglio parlare di cifre, ma basta vedere quello che è il valore dei giocatori per capire la portata degli investimenti».

Parlando di budget, anche alla luce delle indicazioni che avete dato parlando di un mercato costantemente monitorato, è comunque prevista la possibilità di investire un extra budget da qui alla fine della stagione?

«La mia filosofia, nello sport come nella vita, è quella di non accontentarmi. Sono molto competitivo ed è per questo che, sin dalla prima giornata e dalla vittoria contro Milano, nei colloqui quotidiani che ho con il gm Arcieri e con coach Christian la domanda è sempre la stessa. Abbiamo tutto quello che ci serve per vincere? Da parte mia, dunque, c’è grande disponibilità a venire incontro alle eventuali esigenze della squadra».

Squadra che, però, in questo momento è in difficoltà. Come concilia questa volontà di vincere sempre con la situazione di un gruppo che, dovendo fare i conti con le assenze di Reyes e Brown e non potendo contare con continuità su Ross, sta facendo fatica?

«La partita di domenica scorsa contro Brescia è la prova che, nonostante gli infortuni, questa squadra è competitiva. Molte squadre del nostro campionato, senza tre giocatori del livello di Ross, Brown e Reyes, non sarebbero state in grado di giocarsela fino in fondo. Noi lo abbiano fatto e questo testimonia la bontà del nostro organico. Detto questo, confermo il fatto che farò tutto quello che è necessario per essere competitivo, abbiamo molto chiaro quello che ci potrebbe servire in termini di giocatori».

Quali potrebbero essere i profili seguiti?

«L’analisi di un giocatore non riguarda solo l’aspetto tecnico, le cifre e le statistiche. Se scegliamo un giocatore, lo facciamo sulla base di una cultura che abbiamo creato all’interno della società, della squadra e dello spogliatoio. Nelle ultime settimane abbiamo preso in considerazione giocatori che, però, non avevano questo tipo di caratteristiche. La priorità, per la nostra organizzazione, è quella di salvaguardare il gruppo. La cosa positiva è che tanti agenti ci chiamano e tanti giocatori vogliono venire giocare a Trieste».

Si è posto un obiettivo minimo alla fine di questo campionato? Per intenderci, il mancato ingresso nei play-off, a maggio del prossimo anno, come verrebbe considerato?

«Non mi sono mai posto obiettivi pensando a cosa potrebbe andare male. Mi fido del processo di costruzione di questa squadra, sono ottimista, penso che l’unica cosa di cui ci dobbiamo preoccupare è mantenere alto il livello di eccellenza della nostra organizzazione. Ciò che dobbiamo fare è continuare questo percorso, se lo faremo i risultati saranno una conseguenza». —

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