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Arcieri: «Pallacanestro Trieste, in seimila a fare il tifo per sognare»

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Arcieri: «Pallacanestro Trieste, in seimila a fare il tifo per sognare»

TRIESTE Anche i sogni hanno le loro gerarchie. Il più immediato lo ha svelato il gm della Pallacanestro Trieste Michael Arcieri subito dopo la seconda vittoria biancorossa a Forlì: «Sarebbe bello vedere seimila persone venerdì sera al PalaTrieste».

Il secondo sogno si realizzerebbe vincendo anche il terzo atto della serie contro l’Unieuro perchè significherebbe accesso alla finale per la promozione. Il sogno finale, beh quello, lasciamolo stare per scaramanzia. Un sogno alla volta.

Trieste a Forlì l’altra sera ha sorpreso ancora più che in gara1. I primi confronti di una serie sono di solito quelli che possono regalare il risultato a sorpresa ma è il confronto successivo quello della verità. E la verità racconta di una Trieste che centra la quarta vittoria esterna consecutiva nei play-off dopo essere stata spesso deludente in trasferta nel corso della stagione regolare. Una metamorfosi benedetta e sorprendente nel giro di poche settimane, frutto di una condizione atletica ottima (la sosta dopo la conclusione della fase a orologio è stata sfruttata bene) ma soprattutto di una solidità psicologica e di fiducia nelle proprie possibilità.

Anche in gara2 i biancorossi, di fronte a un avversario in rimonta con l’Unieuro Arena che si stava surriscaldando, non hanno perso lucidità, reagendo e allungando. Una capacità riconosciuta nel dopopartita dallo stesso coach avversario, Antimo Martino: «Trieste è una squadra molto forte, anche se noi non abbiamo potuto affrontarla nelle condizioni ottimali».

Con la doppietta in Romagna i biancorossi diventano adesso i logici favoriti della serie con due match-ball a disposizione ma anche l’incubo tra chi uscirà vincente tra Cantù e Udine. La squadra di Jamion Christian infatti ha appena dimostrato che sa sconfiggere il fattore campo.

ROTAZIONI Quattro uomini impiegati per una trentina di minuti ciascuno (Brooks addirittura 37), Filloy 23 e Candussi 18 per problemi di falli. Poi 13 minuti Ferrero, 9 Deangeli e spiccioli per Bossi. Anche in gara2 rotazioni asciutte per coach Christian. Una delle novità dei play-off è questa. La filosofia dei 10-titolari-10 sembra essere passata di moda ma soprattutto è cambiato il modo di gestire le sostituzioni. Frenetico durante la stagione regolare, con triplici sostituzioni e giocatori richiamati in panca nonostante fossero entrati in striscia. Nei play-off altra storia. Fiducia negli uomini del quintetto di partenza, con Filloy primo cambio, e un turnover ragionato. La frenesia che regnava sia in campo che fuori è stata attenuata.

Certo, vanno messi tutti sotto una campana di vetro. Roba da brividi vedere Ruzzier preda dei crampi nel finale l’altra sera: il play sta attraversando un momento straordinario ed è davvero l’uomo in più di Trieste nei play-off. Da monitorare le condizioni di Justin Reyes, vederlo zoppicare inquieta. Il portoricano nella sua nuova dimensione da esterno ha perso un po’ di continuità in attacco ma continua a guadagnare rimbalzi alla causa e rappresenta per gli avversari un rebus tattico. Il paradosso è che a propiziare uno spostamento di Reyes da “4” a “3” doveva essere l’unica operazione di mercato, l’arrivo di Leo Menalo, ma l’ala croata ex Virtus Bologna non sta toccando campo. Semmai è l’uso prolungato di Candussi e Vildera insieme a permettere l’arretramento di Reyes. La coppia di lunghi che c’è sempre stata, insomma.

CHRISTIAN Per spiegare la metamorfosi della sua squadra Jamion Christian nel dopogara ha sottolineato: «Abbiamo dovuto imparare a conoscerci l’un l’altro e ci è voluto tempo». Il suo riferimento era ai giocatori ma la sensazione è piuttosto che il ragionamento valga proprio per il coach. Ha imparato a conoscere l’A2 italiana e i suoi uomini, passando dalla gestione di un gruppo di ragazzi come le squadre universitarie cui era abituato a un team di professionisti esperti come quello che ha a disposizione. Nelle prime settimane la non conoscenza aveva portato anche a equivoci grossolani come vedere Michele Ruzzier - fuori categoria tra i play italiani di A2 - impiegato da guardia con Brooks a portare palla. O Vildera messo ai margini delle rotazioni. Era stato il buon “Barba” a reclamare poi spazio e occasioni trovando risposta. E qui sta un’altra svolta nella storia triestina di Christian: ascoltare e fidarsi. In squadra ci sono giocatori come lo stesso Ruzzier o Filloy con maturità e una capacità di lettura tattica in campo fuori dal comune. Allenatori in campo. Ascoltarli non è mai segno di debolezza. —

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