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Pallacanestro Trieste: «Squadra, tifo, Nba e Palasport. Stregati dalla città, ecco i progetti»

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Pallacanestro Trieste: «Squadra, tifo, Nba e Palasport. Stregati dalla città, ecco i progetti»

TRIESTE. La voglia di avvicinare Trieste alla Nba portando qui esibizioni e protagonisti. Un Allianz Dome da ripensare e valorizzare per farlo vivere 365 giorni l’anno anche con concerti e altre forme d’arte. L’intenzione di collaborare con i Paesi vicini. Progetti per i giovani e un’apertura al basket femminile. Sono alcuni degli spunti emersi dall’incontro al Piccolo con la nuova proprietà della Pallacanestro Trieste. Con il neopresidente Richard de Meo, Fitzann R.Reid e Prab Sekhon. Ad accompagnarli, la storia e la continuità del neovicepresidente e gm Mario Ghiacci.

La società che controlla la Pallacanestro Trieste si chiama Cotogna Sports Group Italia. Un nome che ha un’origine curiosa.

Vero. Cotogna è un ottimo ristorante italiano di San Francisco, cercavamo un nome per la società e abbiamo pensato che fosse un modo simpatico ricordarla con il luogo dove è avvenuta la prima cena di lavoro.

Avete storie professionali diverse e un filo comune: aver frequentato una delle più prestigiose business school al mondo, Wharton. Perchè avere deciso di investire nello sport?

Amiamo tutti lo sport e lo abbiamo praticato. Reid ha giocato a calcio al college, Connor Barwin è stato un giocatore pro di football americano, l’unico che di noi pagato per giocare, Richard Johnson è stato un tennista, John Jeffries è il cardiologo dei Memphis Grizzlies, Sekhon era nella Nazionale canadese di karate e il nuovo presidente della Pallacanestro Trieste, oltre al calcio, ha giocato a basket nelle giovanili del Cska quando la famiglia viveva a Mosca.

Perchè il basket italiano e proprio Trieste?

Un anno fa abbiamo deciso di acquisire una società sportiva, è partito un giro di orizzonte acquisendo informazioni. Ci siamo subito orientati sull’Europa e da lì sull’Italia perchè abbiamo visto potenzialità e un buon entusiasmo per il terzo sport nazionale. C’erano tre o quattro opzioni, avevo a disposizione dati ma era ancora qualcosa di intangibile. La scorsa estate sono venuto a Trieste, ho conosciuto Mario Ghiacci, ho rivolto a lui e a Livio Biloslavo molte domande ed ero attento a vedere le loro reazioni. Di fronte a me c’era un atteggiamento di apertura, disponibilità, alle mie domande seguivano buone risposte. Io conosco l’Italia, ho studiato a Siena per un anno e mezzo nell’ambito del progetto Erasmus ma non ero mai stato a Trieste. L’ho trovata meravigliosa, più la conoscevo e più me ne innamoravo. E infatti se potessi mi fermererei qui tutto l’anno.

Come può rivelarsi redditizio un investimento in una società di basket considerando che in Italia non c’è un apporto rilevante dai diritti televisivi come in altre nazioni?

Il mondo dei giovani è in costante evoluzione, interattivo. Il basket ha un nuovo appeal e margini di crescita. Per quanto riguarda l’aspetto finanziario, lo sviluppo di un team necessita di un lavoro condiviso, noi mettiamo l’impegno e gli investimenti per mantenere la società e sappiamo che la fine del rapporto con l’Allianz ha lasciato uno spazio da riempire con sponsorizzazioni. In qualsiasi progetto ci sono un “subito” e un “più in là nel tempo”. L’obiettivo è autosostenerci, cioè costruire valore e investirlo per far crescere sempre più l’attività.

In questi due giorni avete incontrato anche il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza. Il vostro interesse su Trieste è legato esclusivamente al basket oppure siete attratti anche da altre opportunità come ad esempio Porto Vecchio?

È un progetto prettamente sportivo, non abbiamo altri piani ma sicuramente promuoveremo il nome di Trieste e ciò potrebbe invogliare altri investitori a focalizzare attività nel territorio. Saremo ambasciatori di Trieste nel mondo. Global.

Trieste è terra di confine. Limitandoci al solo basket, ci sono territori vicini con tradizioni e talenti come la Slovenia di Luka Doncic. State pensando a progetti che coinvolgano anche quelle aree?

La risposta è un grande sì. C’è questa voglia, del resto la presenza di europei nella Nba è sempre più importante.

Ed eccoci alla parola magica che fa sognare i tifosi triestini. Nba. Avete detto di avere contatti con il mondo dei “pro”. A cosa prelude? Collaborazioni con franchigie “pro” (ma non possono essere proprietarie di club europei), camp, esibizioni?

Ci sono diverse possibilità legate alla Nba. Potremmo portare qui in prestagione squadre per gare di esibizione, giocatori Nba, ci sono già altre società che hanno fatto accordi di formazione del coaching staff e potremmo farlo anche noi portando un mentore per arricchire la conoscenza dei nostri tecnici. Ma consideriamo anche il mondo della Ncaa per ospitare tornei e altre attività quando non si gioca il campionato universitario. Un progetto a lungo periodo.

Tra Italia e America il concetto di lungo periodo è un po’ diverso.

Infatti. Diciamo due o tre anni.

Portare la Nba a Trieste significa anche avere una casa all’altezza. Come pensate di valorizzare l’Allianz Dome?

L’impianto è un po’ datato, ha bisogno di un miglioramento. Molte seggiole non sono confortevoli, ci sono diversi spazi non utilizzati da poter sfruttare. Abbiamo intenzione di non riempire il palasport solo del basket della Pallacanestro Trieste. Abbiamo detto delle esibizioni di team Nba o Ncaa ma pensiamo che debba aprirsi anche a concerti, moda, arte, cultura. Vorremmo un’Allianz Dome che vivesse sempre. 365 giorni l’anno.

Il pubblico, intanto, sta ritornando. In due giorni quasi 120 abbonamenti per il girone di ritorno.

Dei nostri due giorni triestini conserveremo tanti ricordi belli ma due esperienze sono state eccezionali: l’incontro con i giocatori e quello con i tifosi. Quando ci siamo visti con i sostenitori qualcuno si è commosso, abbiamo detto che una delle ragioni che ci hanno fatto scegliere Trieste sono proprio loro. Abbiamo seguito tutte le partite biancorosse. I cori, i canti, le bandiere, il calore rappresentano qualcosa che ci ha ispirato.

E l’incontro con la squadra?

Emozionante. Siamo stati insieme a loro, li abbiamo conosciuti e anche se è durato poco tempo sentiamo che ci ha unito. Abbiamo sottolineato la responsabilità che tutti abbiamo nei confronti di questa città perchè la rappresentiamo. Ci piace che l’allenatore e tre giocatori siano triestini e che lo siano anche i ragazzi che lavorano nella sede. Fa parte della filosofia di Ghiacci che ha investito in loro, credendoci.

E arriviamo ai giovani, appunto. Avete accennato all’intenzione di creare un Academy.

La reale ambizione è costruire un posto sicuro per promuovere tra i bambini e i ragazzi uno stile di vita sano. Non solo sport, anche se naturalmente cercheremo di far crescere i giocatori del futuro.

Incontrerete anche le altre società del territorio?

Assolutamente. Vogliamo conoscere tutto l’ambiente, siamo consapevoli che ci vorrà tempo. In due giorni abbiamo corso, abbiamo imparato tanto e ancora molto altro impareremo.

L’Allianz Dome ospita anche le partite di una importante realtà locale di basket femminile, Futurosa, che già collabora con la PallTrieste. Può rientrare anche questo nel vostro raggio d’interesse?

Lo sviluppo dello sport femminile è strategico e il nostro gruppo ci crede. Durante l’incontro dell’altra sera al palasport abbiamo conosciuto i dirigenti di Futurosa e la prossima volta ci piacerebbe incontrare le giocatrici. Vogliamo capire come poter sviluppare una partnership, sentire le loro esigenze.

Concludiamo con una promessa.

Ci metteremo cuore e anima. Amiamo Trieste.

Per quest’anno la salvezza, e quando l’ Europa?

Quella è una intenzione reale e vogliamo arrivarci. Ma prometterlo porta sfortuna. 

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