Nella celeberrima autobiografia di suo padre Andre, quell’Open che in questi giorni festeggia il decennale dall’uscita in libreria, Jaden Gil Agassi è un bimbo che si diverte con la sorella Jaz Elle a preparare il miscuglio di integratori per il papà che sta andando a giocare l’ennesima partita - o meglio - a «combattere il drago»; mentre mamma Steffi vigila sull’operazione. Dieci anni dopo Jaden - figlio di due campioni assoluti che hanno marchiato con il loro stile e i loro trionfi la storia del tennis - ha scelto di dare uno strappo alla tradizione di famiglia. Niente racchetta, meglio quella pallina di sughero di 23 centimetri che pesa 142 grammi. Jaden è infatti un giocatore di baseball. Ha firmato il suo impegno con la USC, l'Università della California del Sud, come sempre succede negli Usa, dove - prima di tentare il salto nella MLS - si comincia a fare sul serio all’Università. L’accesso all’ateneo della Southern California vale automaticamente un contratto con gli Usc Trojans, la squadra dell’università.

La fatica di essere un «figlio di»

Essere figli d’arte - da sempre - è un duro lavoro, ma qualcuno deve pur farlo. I padri-madri sono ombre che incutono rispetto, sono lo specchio davanti a cui ci si guarda, sono modelli spesso irraggiungibili. Costruirsi un’altra vita, magari in un altro sport come ha fatto Jaden, significa una sola cosa: esporsi, metterci la faccia, rischiare. Nello sport, come nella vita, i geni si possono tramandare, ma lo sport - come la vita - scrive romanzi che talvolta fanno spallucce delle nostre aspettative. La storia è piena di figli che seguono il solco tracciato dai padri (o dalle madri), spesso però nello stesso sport. I Mazzola e i Maldini (calcio), i Cagnotto (Giorgio e Tania, nei tuffi), i Rosberg e i Villeneuve (Formula 1), sono nomi con un posto fisso nel poster dei grandi sportivi di sempre. Oggi la speranza dell’atletica italiana è la 19enne Larissa Iapichino, che salta - in pedana e nel tempo - per battere i record della mamma, Fiona May.

Jaden Agassi e Steffi Graff guardano un match di André Agassi

US Open Tennis

Jaden Agassi e Steffi Graff guardano un match di André Agassi
Al Bello

Jaden Agassi, i numeri di un campione

Gli esperti del settore giudicano Jaden un gran talento, una possibile futura stella nel firmamento del baseball Usa. Jaden (che si chiama anche Gil in omaggio all’amico fraterno e preparatore del padre, Gil Reyes) ha cominciato a giocare a baseball da bambino, proprio negli anni in cui suo padre stava smettendo la sua meravigliosa carriera. A 8 anni era già nell’accademia Las Vegas Recruits Baseball, nella città dove ha vissuto gran parte dell’infanzia con la sua famiglia. I genitori hanno lasciato fare. Dall’alto della loro gloria (8 slam e un oro olimpico per Agassi, 22 per Graf) non si sono opposti alla volontà di Jaden, e nemmeno a quella della sorella Jaz, che infatti pratica equitazione da anni. Le caratteristiche del campione, Jaden Gil Agassi le ha tutte. Il fisico possente: 190 centimetri per 93 kg di peso, perfetto per giocare come lanciatore e terza base. La forza nelle braccia: fa viaggiare la pallina alla velocità di 90 miglia orarie, siamo attorno ai 145 km. orari, un record per la sua età (basti pensare che i migliori giovani della Major League lanciano attorno ai 155 km. orari). E la tenacia: fin da piccolo sia Andre che Steffi ne hanno apprezzato la forza di volontà, la disciplina, la capacità di concentrazione. «Ho sempre pensato che la cosa migliore da fare fosse quella di permettere a mio figlio di fare ciò che gli piacesse di più», ha dichiarato papà Andre. «Mamma e papà sono i migliori genitori del mondo, di meglio non avrei potuto chiedere - ha raccontato di recente Jaden - Mi hanno sempre appoggiato e supportato quando ho avuto bisogno di un consiglio».