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Gp Germania F1 2019 | Rivincita di Vettel? No, è l’ennesima conferma…

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Questa volta l’unico, tra i big, a non commettere la benché minima sbavatura è stato proprio lui: Sebastian Vettel. Chi se lo sarebbe mai aspettato da un pilota che, nell’ultimo anno, ne ha combinate davvero tante in pista (l’ultima in ordine di tempo a Silverstone) finendo nell’occhio del ciclone? In pochi. Anzi, in pochissimi. Domenica nel pirotecnico Gp di Germania hanno sbagliato tutti gli altri primi della classe: Hamilton, Bottas, Verstappen, Leclerc.

Con conseguenze diverse. C’è chi è stato più abile e più fortunato riuscendo a non compromettere la propria gara come Verstappen. Chi invece no, come soprattutto Leclerc e i due alfieri della Mercedes. Che proprio ad Hockenheim festeggiava la sua storia, testimoniata anche da una nuova livrea e da importanti aggiornamenti telaistici alla monoposto. Chi più chi meno ha sbagliato. Vettel no. Qualcuno, con malizia, a questo punto potrebbe dire: “Dopo tanti svarioni per una volta ha avuto la fortuna di non fare cappellate. Gli è andata bene”. Qualcun altro, con toni più trionfalistici, potrebbe affermare: “Si è preso la rivincita su tutti quelli che finora lo hanno bastonato”. Interpretazione, quest’ultima, in parte vera sotto un certo punto di vista. Solo per metà, però.

Perché a chi scrive, invece, è apparso il “solito” Vettel visto all’opera nell’ultimo anno. Ovvero un campione discontinuo, che alterna cantonate da principiante a imprese da talento fulgido e cristallino. La conferma si è avuta negli ultimi due Gp. In Gran Bretagna la rovinosa tamponata a Verstappen in fase di frenata. Roba che si può permettere solo chi guida una F1 da qualche giorno. Due settimane dopo una gara da incorniciare nella sua Germania, che lo ha portato a non esibire la minima sbavatura proprio quando sarebbe stato molto facile cadere in errore, come è successo a tanti suoi illustri colleghi. Una metamorfosi degna della miglior interpretazione del Dottor Jekyll e Mister Hyde. Ma che non sorprende più di tanto chi segue le gesta del pilota Ferrari dalla metà della scorsa stagione ad oggi. Vettel sta semplicemente continuando a marcare alti e bassi nella sua linea di rendimento. Negli ultimi 365 giorni i fatti parlano in tal senso.

Parla la grandissima gara a Spa nel 2018. Una grande vittoria con tanto di sverniciata a Lewis Hamilton a cui ha fatto da contraltare, in successione, il disastro di Monza. Vogliamo ulteriori dimostrazioni? Eccole: Gp di Francia 2018. Alla frenata della prima curva Vettel finisce addosso inspiegabilmente a Bottas in fase di lotta, come se non avesse calcolato bene i tempi di frenata e le dimensioni di una F1. Dopo due settimane è protagonista di un capolavoro a Silverstone con tanto di vittoria esaltante. Stessa musica in questo Mondiale 2019 ma con molta meno gloria, fino ad ora, viste le prestazioni della SF90. Grande guizzo nelle qualifiche del Gp del Canada. Errore nella stessa gara che poi, per colpe non sue, ne ha compromesso il successo finale. Gara anonima nel successivo Gp di Francia.

Fino ad arrivare all’altalenanza degli ultimi quindici giorni. L’ulteriore conferma delle sue prestazioni a luci e ombre. Performances molto diverse tra loro che non possono essere solo imputabili a cause tecniche. Ma che, molto probabilmente, sono i chiari segnali di un pilota mentalmente “lunatico”, che da un po’ di tempo a questa parte non riesce a tenere a bada le proprie emozioni e la propria impulsività. In poche parole, per motivi imprecisati, appare alla ricerca del suo equilibrio. Come è avvenuto anche nel famoso e voluto speronamento ad Hamilton in quel di Baku nel 2017 in segno di reazione alla manovra dell’inglese. Il perché di questa sua attitudine è difficile da comprendere in toto. Bisognerebbe entrare nella testa del pilota ma realizzare con certezza cosa si attiva nella mente di ciascun essere umano per interpretarne alcune reazioni è impresa alquanto ardua.

Può anche darsi che sia la Ferrari di oggi il problema di Sebastian. Un team, quello rosso, che negli ultimi anni ha cambiato tanto al suo interno, che ha rifondato più volte mezza squadra e che dopo la morte di Sergio Marchionne non pare che abbia trovato alternative della stessa statura nel ruolo né in Elkann né in Camilleri. QUesti scossoni hanno probabilmente minato la stabilità psicologica del sensibile tedesco a cui si aggiunge la naturale e forte pressione che essere la prima guida Ferrari in ogni caso comporta perché sei condannato a vincere. Sono tutte ipotesi ma le vicende e le azioni analizzate prima sembrano comunque evidenziare due aspetti, facce della stessa medaglia: 1) Sebastian Vettel non è affatto bollito ed è in grado ancora di correre da campione assoluto; 2) Ciò che gli manca è la serenità. Se dovesse riuscire a ritrovarla in fretta e se la Ferrari potrà assecondarlo (da ora in avanti o il prossimo anno) con una monoposto da titolo iridato, quello che sta vivendo non potrà che essere bollato come un brutto e lungo sogno.


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