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Rassegna stampa – Sinner e Alcaraz, riparte la sfida. Bocciata la Battaglia dei sessi

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La battaglia per il numero 1 e quella dei sessi. Sinner, l’Australia primo traguardo per superare Carlos (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

Come ve la cavate con i conti? La stagione 2026 è a un passo, e anche la sfida infinita tra numero 1 e numero 2 è pronta a ripartire con un argomento che costringerà a fare calcoli per i prossimi mesi: la battaglia per il numero 1. Alcaraz guida con 12.050 punti, Sinner rincorre a 11.500, con 550 punti di gap, ma la situazione, da febbraio alla fine di aprile, propone occasioni di rimonta preziose per l’azzurro. Fondamentale, per lui, sarà difendere il titolo e confermare quindi i 2000 punti all’Australian Open mettendo a segno un tris dopo le vittorie del 2024 e 2025.Melbourne è il suo regno, lo Slam che più esalta le sue caratteristiche e il suo rivalissimo Carlos Alcaraz laggiù non è mai andato oltre i quarti di finale. Nel primo Slam dell’anno lo spagnolo difende soltanto 400 punti e potrebbe aggiungere fino a 1600 punti al suo bottino, mentre Sinner potrà al massimo mantenere gli attuali 11.500 se dovesse confermarsi. La squalifica di tre mesi per il caso Clostebol aveva costretto Jannik a saltare diversi tornei tra cui 4 Masters 1000: ora in questi stessi appuntamenti potrà tentare la rimonta su Carlos che tra febbraio, quando l’azzurro è stato fermato, a fine aprile, il termine della squalifica del rivale, ha potuto accumulare 2340 punti. […] Il peso sarà tutto sulle sue spalle, dunque: giocando gli stessi tornei e vincendoli tutti, lo spagnolo prenderebbe 2160 punti. Se anche Sinner dovesse arrivare sempre in finale in questi appuntamenti, ne guadagnerebbe 2940 con un sorpasso che potrebbe arrivare a primavera. Dagli Internazionali d’Italia, quando al ritorno dalla squalifica Sinner ha raggiunto la finale battuto proprio da Alcaraz, i due super rivali si sono alternati guadagnando praticamente lo stesso numero di punti e ancora una volta potrebbe essere Torino con le sue Atp Finals a decidere chi sarà il numero 1 al mondo di fine anno. Sinner, superato al vertice della classifica nella finale dello Us Open vinta dallo spagnolo, era quasi riuscito a riagganciare Alcaraz a Torino ma lo spagnolo, che nel 2024 era uscito nella fase a gironi, quest’anno ha allungato fino alla finale, inchinandosi solo a uno straripante campione in carica sostenuto dal pubblico di casa. Il numero1di fine anno e il Grande Slam di carriera sono gli obiettivi dichiarati di Jannik Sinner, guarda caso gli stessi dell’amico-rivale che potrebbe completare la collezione dei major vincendo già in Australia. Alcaraz si presenterà così a Melbourne con la spinta di una extra motivazione, rendendo la sfida ancora più tesa. L’incognita sarà lo stato di forma del numero 1 al mondo, fresco di divorzio shock con il mentore Juan Carlos Ferrero. In questi giorni nell’accademia di Murcia, uno dei motivi del contendere che avrebbero portato alla rottura, Alcaraz sta lavorando con Samuel Lopez, che fino a pochi giorni fa era il secondo di Ferrero. I video che circolano sui social restituiscono l’immagine di un Carlos sereno, anche grazie alla presenza di Flavio Cobolli, rimasto con lui ad allenarsi una settimana a metà dicembre proprio nei giorni della grande frattura con Ferrero. Sinner si appresta invece a iniziare un 2026 senza distrazioni esterne al tennis, libero dai pensieri dello scorso anno quando alla vigilia dell’Australian Open era appesantito dalla contrattazione legale con la Wada che ha portato all’accordo stragiudiziale di tre mesi. A Melbourne, poi, lo aspetta Darren Cahill, che resterà al suo fianco anche nell’anno che verrà. Squadra che vince non si ferma.

Soltanto uno show con poco tennis. A vincere è Kyrgios (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

E vissero tutti felici e contenti. Aryna Sabalenka, innanzitutto: ha perso come da pronostico, ma senza essere travolta, dando di sé un’immagine spigliata e sbarazzina, un bello spot per il tennis femminile — di cui resta la giocatrice più forte del momento — sempre alla ricerca di visibilità attraverso la personalità delle sue eroine. E poi anche Nick Kyrgios, l’ex cattivo ragazzo uscito dai radar agonistici da tempo (sei partite giocate negli ultimi tre anni a causa degli infortuni), che aveva bisogno di rilanciare l’immagine in vista del previsto rientro sul circuito a Brisbane (e intanto spera in una wild card dagli Australian Open) e nel frattempo, da n.671 del mondo dopo essere stato n.13, ha evitato di passare alla storia come il primo giocatore vero battuto da una donna. Ma non chiamatelo tennis. Perché la Battaglia dei Sessi in versione XXI secolo, così lontana dalle implicazioni sociali e culturali di quella del 1973 vinta da Billie Jean King contro Bobby Riggs, si rivela subito per ciò che è: una mera seppur luccicante operazione di marketing, perfino di successo se è vero che sono accorsiin17.000 (tutto esaurito) alla Coca Cola Arena di Dubai, compresi Ronaldo il Fenomeno e Kakà. Ecco, se doveva servire a fidelizzare il pubblico piuttosto tiepidino di fronte al tennis di quella parte del mondo, sempre più nuova frontiera, probabilmente ha ottenuto lo scopo. Però non ha aggiunto nulla alla storia e all’emozione dello sport, e men che meno alle carriere dei due protagonisti (semmai al conto corrente, anche se l’ingaggio non è stato rivelato). […] Kyrgios, che giocava sul rettangolo regolare mentre quello dell’avversaria era stato ridotto del 9%, per riflettere le differenze medie nella velocità di movimento tra uomini e donne (e dopo il primo game Aryna, per abitudine, si è sbagliata e per un attimo ha cambiato campo), si è limitato a qualche palla corta, a un solo servizio da sotto e a quella decina di accelerazioni che gli sono bastate, nel contesto di una sgambata di allenamento, per imporsi 6-3 6-3. Alla fine, tanti sorrisi e baci e abbracci sotto i coriandoli, nonché il tentativo, onesto, di farla passare come una partita vera, almeno a parole: «Ho combattuto alla grande e lui era in difficoltà, ho espresso un ottimo livello — l’analisi della n.1 del mondo — sono andata a rete, ho fatto ottime palle corte e ho servito benissimo. Mi sono divertita. La prossima volta che lo affronterò, conoscerò già i suoi punti di forza e i suoi punti deboli e sarà sicuramente uno spettacolo migliore. Adoro le sfide e mi piacerebbe molto affrontarlo un’altra volta. Giocare contro un uomo è diverso, ma ha fatto bene alla mia forma fisica. Ora mi prenderò qualche giorno di riposo». E lui, di rimando: «È stato un incontro davvero duro. Aryna è una giocatrice formidabile e una grande campionessa. Ha vinto più volte a livello Slam e non sapevo cosa aspettarmi. Mi ha strappato il servizio diverse volte e mi ha messo pressione, quindi ho dovuto stare attento. Mi piacerebbe molto affrontarla di nuovo per mostrare il suo talento e vedere cosa ho in serbo». Passi la prima. Ma la rivincita, per favore, quella no.

Nella Battaglia dei sessi le donne perdono due volte (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Il match più inutile del mondo porterà a lungo i propri stracci in giro per il circuito, inzuppando di kerosene i discorsi di chi ancora abbia voglia di farli. La sconfitta della numero uno del tennis femminile, Aryna Sabalenka ci sui, può rientrare nella logica, anche se ha perso (6-3, 6-3) contro un Nick Kyrgios che negli ultimi tre anni molto ha parlato, ma ha giocato appena sei incontri, perdendone cinque. Sono le condizioni accettate dalla Sabalenka ad aver fatto arricciare il naso e i gonnellini alla parte più combattiva dell’attuale circuito femminile, oltre ad aumentare le pensierose rughe sui volti delle più strenue combattenti di un tempo. Un solo servizio a disposizione, e un campo ridotto del 9 per cento, che a vederlo nelle riprese dall’alto, sul cemento dell’Arena di Dubai, sembrava il progetto di un architetto ubriaco. E dite, come sarà possibile attenuare le polemiche di chi non si dà pace per la raggiunta parità dei premi da parte delle tenniste, se la numero uno accetta condizioni favorevoli per farsi battere da un ex tennista in cerca di ingaggi e generose wild card? Sentirà bruciare il proprio scranno di regale suffragetta a tempo pieno, Billie Jean King, e avrà qualcosa da dire. In aggiunta, ovviamente, a quanto già detto sulle pagine del Guardian. E cioè che la sua Battaglia dei Sessi fu una cosa seria, con un preciso “mandato sociale” da condurre in porto con una limpida vittoria. In realtà a porre dei dubbi furono in molti, su quel risultato del famoso match di Houston del 1973. Non su di lei, ci mancherebbe, piuttosto sulle smanie da scommettitore incallito di Bobby Riggs, allora 55 anni, campione a Wimbledon nel 1939 e agli US Open nel 1939 e nel 1941, un tipo famoso nel suo circolo per aver lanciato sfide vestito da donna, in campo con due cani al guinzaglio, o con una sedia legata alle terga. Dubbi che andarono scemando quando Billie Jean fece sapere di querelare chiunque si sarebbe permesso di “ribaltare la Storia”. «Quando Riggs mi chiese se gradissi qualche regola a mio favore, risposi che avrei giocato solo alla pari». Vinse Billie Jean, le femministe sciamarono esultanti per le strade della città texana indossando magliette con il risultato del match stampato in bella vista, 6-4 6-3 6-3, poi fecero falò bruciando i reggiseni. Quelli erano i tempi, e da lì la storia del tennis femminile si è avviata alla conquista di un proprio spazio. Un circuito tutto per loro, sostenuto da sponsor che ci credevano. Poi la conquista della parità nei premi, prima negli Slam, poi in tutti i tornei che aprissero le porte ai due tornei in contemporanea. Altre sfide si sono svolte. Nel 1992 Connors e Navratilova, 7-5 6-2, nel 1998 le sorelle Williams, a Melbourne, proposero la sfida con il numero 200 del mondo, dicendosi sicure di poterlo battere. Era il tedesco Karsten Braasch, un tipo strano che di tanto in tanto ai cambi di campo si concedeva una fumatina. Giocarono un set per una, Karsten vinse 6-1 con Serena e 6-2 con Venus. Poi si accese una sigaretta. Esempi di sfide anche scherzose, come in buona parte è stata quella di ieri a Dubai, che non mettevano in difficoltà i buoni diritti del circuito femminile, a crescere un tennis a misura delle sue protagoniste, in grado di mostrare il meglio di ciò che sanno fare, di guadagnare cifre consone allo spettacolo prodotto, accolte da un pubblico meno intrigato dai brividi potenti del tennis maschile, e dai servizi che viaggiano a velocità troppo alte per essere visti senza il rallenty. Peculiarità che la sfida di Dubai non ha tenuto in gran conto. Sabalenka si è fatta apprezzare per la faccia tosta con cui si è opposta a Kyrgios. I colpi più belli portano la sua firma, spesso cercati con conclusioni violente in lungo linea. Kyrgios ci ha provato con i suoi giochetti, e gliene sono riusciti 2 su 20. Smorzate, servizi da sotto… Non era giornata. Ma negli scambi prolungati, chiusi alle volte da qualche incursione a rete, ha trovato i punti che cercava. […]. Sugli spalti molti calciatori (Kakà, Ronaldo il fenomeno), qualche tennista (Khachanov, schierato per Aryna) e il pubblico delle grandi occasioni. Per Dubai, obiettivo centrato. Per il tennis femminile, forse è meglio voltare pagina in fretta.

Che cosa non si fa (Cristiano Gatti, Corriere dello Sport Stadio)

E adesso sotto con la supersfida nano-donna barbuta. Lo spettacolo sale continuamente di livello, è una ricerca ossessiva di nuovi effetti e nuove emozioni (?). Stupire, azzardare, scuotere. E mungere, mungere, mungere. Botteghini, diritti tv e bella gente: si fa cassa nei modi più acrobatici. Perché questo, a dirla tutta, è la vera impresa. Sotto questo profilo, l’immane slot-machine del tennis ha da insegnare a chiunque. Vedi tanto per dire anche nuovi happening d’alto bordo, altro che l’erba nostalgica di Wimbledon o la terra antica del Roland Garros, tipo il Sinner-Alcaraz al Six Kings Slam di Riyadh. Ma non è che le altre discipline stiano perdendo tempo, è tutta un’esplosione creativa per tenere il passo. La vera novità dei tempi nostri è questo evidente tentativo di virtualizzare il reale, cavalcando l’onda delle nuove generazioni cresciute con l’immaginazione dentro al finto, all’inventato, diciamo pure al magico, del computer. Ci raccontano i sociologi che tanti ragazzi preferiscono le partite di calcio dei videogiochi a quelle reali della Champions. Nel ciclismo c’è un sacco di gente che pedala su cyclette spaziali cercando di battere i record dei Pogacar e dei Pantani, semplicemente simulando la gara nelle immagini del maxischermo. Eccetera, eccetera. Stando così il nuovo mondo — il nuovo pubblico, la nuova estetica – perché imbarazzarsi davanti a questa challange Sabalenka vs Kyrgios, mascherata di affascinante rincorsa del pianeta donna (miseria, quanto suona barocca questa definizione) ai superpoteri atletici dell’uomo macho. E pazienza se già ridurre il campo della femmina è quanto di più umiliante si potesse inventare, come dire prima ancora di cominciare che comunque voi donnine siete chiaramente esseri inferiori. D’altra parte, ammantandosi tutto quanto di una surreale atmosfera circense, diventa naturale inquadrarla come pagliacciata. Ma non importa: è l’epica “Battaglia dei sessi”, un wrestling ridisegnato, in cui al posto delle botte finte c’è la finta parità di genere. Sta bene così. Vogliamo vedere di tutto, vogliamo provare di tutto. Siamo inesorabilmente disposti a tutto. Intanto, De Coubertin con i suoi teneri valori olimpici non ha più un attimo di pace, altro che riposo eterno, ormai continua a rivoltarsi come una trottola nel suo venerato sarcofago. […] Barone, faccia il piacere: l’importante è partecipare agli utili.

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