Alcaraz-Ferrero: i presunti motivi dell’addio dopo 7 anni e 24 titoli ATP
La notizia della separazione tra Carlos Alcaraz e Juan Carlos Ferrero dopo sette anni ha scosso il mondo del tennis. A perplimere – oltre al fatto in sé – sono senza dubbio le tempistiche con cui questa decisione è stata comunicata. Il 17 dicembre è una data equidistante dalla finale delle ATP Finals, che ha marcato la chiusura del 2025 tennistico, e l’inizio dell’Australian Open, al via il prossimo 18 gennaio. Con la preparazione per il 2026 già in corso, salutare il coach storico non sembra una mossa premeditata da tempo. Tuttalpiù se si considera che Alcaraz ha già dichiarato che l’obiettivo del prossimo anno è vincere a Melbourne per completare il Carreer Grand Slam a 22 anni.
Se il sogno di Carlitos si realizzerà, a guardarlo dal suo angolo non ci saranno gli occhi emozionati di Juanki, bensì quelli di Samuel Lopez, allenatore in seconda che da Ferrero raccoglie il testimone più importante. I due allenatori spagnoli sono stati insigniti di recente del premio “Coach of the year” agli ATP Awards.
I presunti motivi dietro la separazione
“Avrei voluto continuare. Sono convinto che i bei ricordi e le brave persone trovino sempre il modo di incrociarsi di nuovo” ha scritto Ferrero in un lungo ed emozionante post su Instagram. Una frase sibillina che non dice tutto, ma qualcosa sì. Di certo non collima univocamente con quanto sostenuto da Alcaraz, espressosi anche lui tramite i propri canali social.
“Dopo più di sette anni insieme Juanki e io abbiamo deciso di porre fine al nostro percorso insieme da allenatore e giocatore” ha detto Carlos, facendo intendere si tratti di una separazione consensuale. “Siamo riusciti ad arrivare in vetta e sento che, se le nostre strade sportive dovevano separarsi, doveva essere da lassù. Dal luogo per il quale abbiamo sempre lavorato e al quale abbiamo sempre aspirato arrivare”.
Secondo quanto riportato dal giornalista di “Radio Nacional España” (RNE) Javier de Diego, il rapporto tra Alcaraz e Ferrero si sarebbe incrinato negli ultimi due giorni, mentre si discutevano i termini del contratto per la prossima stagione del vincitore del Roland Garros 2003. Durante la trattativa sarebbe successo qualcosa di così grande da portare alla decisione di sciogliere inesorabilmente il sodalizio. Al contempo, Samu Lopez rimane nel team e avanza di posizione almeno fino all’Australian Open, che è alle porte e, dunque, il tempo risicato non lascia certo ampi margini di manovra in questo momento.
Alcaraz e Ferrero sono sempre apparsi come un duo solido, con un’unione di intenti e una visione del tennis analoga. Tuttavia, la docuserie prodotta da Netflix sul fuoriclasse di Murcia aveva dato da parlare per alcune dichiarazioni da parte dello stesso Carlitos, che non ha mai nascosto di voler trovare il giusto equilibrio tra la racchetta e il privato. È emersa un’insofferenza di fondo per le costrizioni che la vita da atleta spesso richiede. “Se non se la sente e vuole puntar ad essere il numero 15 al mondo, abbasseremo le aspettative, ma in tal caso sarebbe veramente dura per me”, aveva detto un perentorio Ferrero.
Alcaraz ha vinto sei Slam a soli 22 anni, ma c’è anche un Carlos di cui prendersi cura. Bilanciare le competizioni e la volontà di respirare la normalità – di cui le vacanze a Ibiza sono la punta dell’iceberg – non è una sfida semplice. Ma d’altronde il documentario si intitola “A modo mio”.
Alcaraz-Ferrero, storia di un rapporto da 24 titoli ATP
Le strade di Alcaraz e Ferrero si incrociano nel 2018. Carlos ha solamente 15 anni e il talento di chi ha tutte le potenzialità di riscrivere la storia del tennis. Juanki, invece, aveva appeso la racchetta la chiodo nel 2012 dopo una carriera di successo – il Roland Garros nel 2003, la finale allo US Open lo stesso anno e l’approdo in vetta al ranking. La scelta è stata di approcciarsi sin da subito alla vita da coach, dapprima presso l’accademia da lui gestita a Villena, poi con giocatori d’élite. Il primo a passare dalla cura Ferrero è Alexander Zverev nel 2017, allora 20enne. La collaborazione non decolla, nonostante il tedesco si arrampichi fino alla terza posizione in classifica e debutti alle ATP Finals. I risultati sottotono del 2018 convincono entrambi a non proseguire insieme. Si parla spesso di un approccio non così professionale agli allenamenti da parte di Zverev e un atteggiamento restio nei confronti di un allenatore risoluto.
La rivincita per Ferrero, se in questi termini si può parlare, si materializza pochi mesi dopo e troverà piena completezza negli anni avvenire. Alcaraz approda alla corte di Juan Carlos e i due iniziano a porre le basi per qualcosa di gigantesco.
Nel 2021 Carlitos diventa grande, con l’esordio in top 100 e il primo titolo ATP a Umago; i quarti di finale allo US Open restituiscono un giocatore che può già essere protagonista anche negli Slam. Per non farsi mancare niente, si porta a casa anche le Next Gen ATP Finals a Milano. Una stagione che fa da anticamera a un incredibile 2022. A 19 anni la promessa di Murcia assume i tratti del fenomeno: due sigilli nei Master 1000 – Miami e Madrid – e il primo Major a New York lo scortano direttamente alla prima posizione in classifica, divenendo, così, il numero 1 più giovane di sempre. Ad accompagnarlo è sempre Ferrero, capace di smussare i tratti più duri del gioco di Alcaraz e di aiutarlo a mettere ordine in un arsenale di soluzioni talmente variegato da poter causare caos tattico.
Nel 2023 Carlos conferma – ma non ce n’era bisogno – che niente è stato un caso. I crampi della semifinale del Roland Garros sono rapidamente cancellati dall’incredibile successo di Wimbledon contro l’ormai padrone di casa Novak Djokovic. Trionfo bissato 365 giorni dopo, non prima di aver sollevato il primo trofeo all’Open di Francia.
Dopo le Olimpiadi di Parigi, in cui lo spagnolo si è messo al collo la medaglia d’argento, qualcosa in Carlos sembra essersi rotto. Il suo gioco non convince più e la discontinuità di rendimento cancella anche i lampi di genio che non smarrirà mai, ma che a poco servono se sono sporadici. Il 2025 non gli regala la serenità sperata e qualche prestazione è troppo brutta per essere vera. Tutto di un tratto, però, la stagione di Alcaraz si colora. La terra battuta gli riporta quella fiducia smarrita, che un fuoriclasse come lui riesce a trasferire anche su erba e cemento. Il risultato sono nove finali consecutive, con sette titoli – più quello a Rotterdam – a rimpinguare la bacheca, che di trofei adesso ne conta ben 24. Ad Alcaraz si è sempre rimproverata la mancanza di continuità. Perché i suoi picchi sono forse incontenibili da tutti, ma a volte gli capita(va) di perdersi in match sulla carta alla sua portata. Il 2025 ha sconfessato anche gli ultimi dubbi. La naturale conseguenza è il ritorno sul tetto del mondo.
Alcaraz ha sempre avuto Ferrero come punto di riferimento, non conosce il circuito senza di lui al suo fianco. Adesso nella carriera dello spagnolo si apre un nuovo capitolo. A breve si accenderanno i riflettori sulla nuova stagione e Carlos dovrà fornire delle risposte, soprattutto a chi sostiene che questo addio avrà delle ripercussioni. Anche da punto di vista tecnico e tattico la curiosità è molta. A volte Juan Carlos è stato accusato di una scarsa incisività nel gioco di Alcaraz, in particolare quando è stato chiamato a intervenire a partita in corso. La stagione 2026 è pronta a partire col botto.

